giovedì 30 agosto 2007

A casa dell'ingegnere

Il sole.
Gli alberi e la montagna.
Un profumo e un silenzio che vengono solo da un lago.

Sapori e odori antichi. Genuini. E' nella semplicità di questo popolo che esiste la loro forza. Antichi rituali, dai quali il mio spirito metropolitano si distacca. E' privo di legami. Privo di quei meccanismi, nei quali mi perdo e mi affascino, ma che non mi appartengono.
Il patriarcato, il maternalismo puro. Diffondono nell'aria qualcosa di antico e stantio. Nonostante ciò, mi incuriosisce.
Rivela una natura incontaminata da un progrsso che porta dei grandi vantaggi, ma che in sua assenza lascia vivi dei meccanismi che andrebbero preservati.
Dei fiori ancora nascono in questo giardino rogoglioso e trascurato, e di tanto in tanto avverto queste radici, sotto quello strato di asfalto che ormai intorpidisce e consolida le mie membra.

Resto però immobile di fronte ad un silenzio, una quiete che mi vengono da definire "innaturali" ma che invece sono l'esatto opposto. Nella loro semplicità c'è un rispetto innato della loro terra. Un amore per il territorio che si vede di rado in una città, e capisco quanto il contatto con la natura mi manchi profondamente.

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Nel tuo sorriso vedo un sole che splende vivo e fresco. E' vero, è libero da contaminazioni, è un fulmine che squarcia tutte le relazioni false che ho vissuto in una giungla di palazzi e aerei e auto.
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Ronzano le mosche, nel loro habitat. Scoiattoli che si arrampicano lesti senza conoscere un male che ha sradicato i propri simili altrove.
Sono io che mi sento un intruso qui. Con i miei vestiti e i miei accessori.
Il muschio si arrampica su un muro, tra le pieghe del suo intonaco, a rimprendersi uno spazio strappatogli senza chiedere. L'umanità di questa gente che convive con tutto questo, mi fa perdere ogni voglia distruttiva.
Mai come ora so che l'uomo portatore del "suo progresso" è un cancro distruttore di ciò che lo ha generato. Un'anomalia.
L'umanità ha perso quel legame sacro e indissolubile che ha col suo pianeta. Si è dimenticato di portare in se quella riconoscenza che è dovuta all'ambiente in cui si è evoluto. Come disconoscere un genitore.
Un giorno la natura a gran voce reclamerà tutto ciò. Il pianeta si riapproprierà di se stesso, distruggendo ciò che è anomalo in un malsano ricordo.
L'umanità ha perso. Troppa gente è schiava di questa prigione di diamanti.

Quanta assuefazione, quanta stupida omologazione. Quanti falsi valori e inutili profitti spingono l'uomo ad appropriarsi indebitamente di qualcosa che non può reclamare?

Confido in questo silenzio, in questo fruscio d'alberi generato dal vento, in questo sole caldo che illumina i miei pensieri neri e i miei malumori, di fronte ad un pessimismo che mi spinge a credere nella mia fortuna di uomo ancora in grado di scegliere. Ma la mia libertà non sarà quella di mio figlio, e suo figlio forse non sarà libero abbastanza per prolungare la mia progenie.

Il silenzio è interrotto da rumori di veicoli, un po' come la mia "parte nera" ha oscurato l'idillio che avevo creato. Rumore di motori, che stonano col sottofondo estivo di un giorno straordinario, che mi spinge a scrivere in libertà ciò che la mia mente partorisce liberamente.
Le ambizioni, il futuro, sublimano nella punta di uno spillo, diventano un tutt'uno indissolubile, e mi sento vivo.

venerdì 10 agosto 2007

Notti...

La notte è un contenitore di pensieri,
riflessioni, quel mutare costante di punti di vista,
versioni di persone, che non navresti mai immaginato.
Spunti per scrivere, per imparare, per immaginare canzoni.
Divertimenti e chiusure in spazi angusti,
Laceranti agonie e deliranti costatazioni.
La notte, è assenza di veglia, è strana
è malsana, è gioviale.
La notte è un viale senza luci, che si fa percorrere.
La notte è un'amica sincera e una stronza compagna che ti devia.
I pensieri, in quell'ora in cui il sole mi manca,
sono diversi, sono più forti, si fanno sentire non solo nella testa
ma anche nella pancia.
Quelle notti in cui non sai che dire,
e quelle invece in cui non andresti mai a dormire...
Ci sono notti in cui non vorresti mai finire di essere come sei,
notti invece in cui sparire sarebbe indicato per te e per chi ti ha intorno.
Oh splendida notte, che talvolta mi regali la luna.
Che mi fa stare a naso in su anche se è una certezza.
Notti calde, notti fredde.
Notti solitarie e notti complici dentro una macchina o tra le lenzuola.
Notte dolce per un bacio o per un addio.
Notti maledette, per un bacio o per un addio.
Mi fermo, come sempre a contemplarti, notte subdola, che mi fai ricordare
tutte le altre notti passate, in cui avevo qualcosa che ora non c'è.
Notte meravigliosa, che mi fai scoprire mille sfaccettature di una vita che di striscio mi prende,
e mi porta via con se senza coscienza.
Buonanotte notte, aspettando domani, per un giorno che finirà come sempre,
con la certezza che prima o poi inghiottirai anche quello.
Notte giovane, notte romantica, notte scaltra, notte scema.
Quante ne ho passate a cercare qualcosa che non è arrivato,
quante ne ho vissute accettando qualcosa che non speravo.
Quante notti a ridere di niente
quante notti a piangere di tutto.
Abbracciato ad un cuscino, avvolto in una coperta.
Notte che mi porti il sogno, dove riesco ad essere me stesso,
a immaginare mondi che non ho,
a vivere vite che non so.
Notte bella, notte che mi abbracci,
che assomigli ad un rito da soddisfare.
Notte, ancora una volta mi trovi qui a farmi ispirare da te.
Nera, scura, ma non ho timore di te,
che è la vita che mi fa paura.
Stupidamente mi rifugio in te, notte triste.
E rido. Perchè domani, sarò di nuovo me.

lunedì 6 agosto 2007

Romano inKazzato

Però, me pare che
a vedè ce semo nati
tutti capaci.
Allora nun me spiego
li poracci e l'incapaci.
Li sordati e quelli che se
coprono de stracci.

Così, er dubbio me sale
a sto cervello.
Che a vedè nun semo boni
e manco quello de sapè
guardà, c'avemo come
dono.

Vivemo ner frastuono
de li culi de bottija
e de paillettes.
Po essere perchè ce stanno
a insegnà che la vita
è n'antra.

E chi je lo ricconta
a mi nonno zappatore,
che bonanima s'è rotto er culo
pe famme vive come n'signore?

Je bastava annà a rubbà,
come ce insegna
chi ce sta a governà.

giovedì 2 agosto 2007

Onde

Ti vedo. Cullarti nel vento,
sopita in un fruscio di foglie,
ed un mare sonoro
che sconcerta i miei pensieri.
D'alba è fatto il tuo sorriso.
Sapore di un gusto da scoprire.
Vorrei nei tuoi capelli
affondar le mie dita.
Vorrei dei tuoi fianchi
il tocco su di me.
Ancora una notte d'estate
a fantasticare l'amore.
Ancora di notte mi trovo
a non saper cosa fare.
Ti guardo, sorrido e vorrei
dirti che t'amo.
D'un amor senza senso,
un sentimento senza fondamento.
Mi sciolgo nelle illusioni,
e so che non posso più dare
adito a speranze, che cambiano
come cambiano le onde del mare.
Senz'amor non si vive,
ma questo amore non è.

Dualismi

Tutto si muove, tutto oscilla (tra dolore e noia?) e io non so se sto fermo o se inconsapevolmente anche io oscillo in questo strano mare fatto di rapporti, decisioni, persone, scelte, amori, passioni.Tutto oscilla e orbita intorno a due fuochi che sono l'essenza delle cose, l'intrinseca dualità di ogni fenomeno. E' ovvio che l'uno non prescinda dall'altro e viceversa, quindi noi li conosciamo, li sperimentiamo (a volte no) ma comunque effettuiamo una scelta, giusta o sbagliata che sia, ci schieriamo. Io oscillo, perchè nell'arco di poco tempo (anche minuti, cari miei) i due aspetti delle cose che mi circondano, che spesso si trovano agli antipodi, mi sembrano coerenti, giusti, e non so dare contro nè al bianco nè al nero.