martedì 31 maggio 2011

a corpo libero

slancia prima una mano a sfiorare il vento,
e poi di seguito l'altra si distanzia dall'altra parte,
il tempo si dilata con l'ampiezza delle spalle,
e libero il petto si gonfia di nuova aria...

gli occhi a perdere cognizione di distanze,
sbirciano all'ultimo possibile punto di messa a fuoco,
e il naso, fa fatica a raccogliere l'aria
che è potente, portata dal vento, portata nelle orecchie.

lunedì 30 maggio 2011

il ratto

mi chiamarono vento, tormento, e mi chiamaron tempesta.
soltanto una voce a sperimentare virtù e nuove gesta,
in quest'arena di mille pericoli non voglio soltanto giocare.
ma prendere mano a strumenti per potervi svegliare.

l'amore, sì sempre lui, maledetto! è motore, di nuove illusioni,
scatena le viscere, scatena i dolori, gli umori, dell'anime sparse
a cercare sollievi dipinti di rosso come antichi piaceri, perché
è nella spudorata ricerca del corpo che t'amo di assenza.

sabato 28 maggio 2011

senza filtro

ti ho visto, aspirante alternativo, con i capelli rasati di lato che mi pari un nazista fallito, mentre mi versavi il tuo cocktail che puzza di redbull e mi chiedevi scusa con quell'aria un po' da cazzo, che mi sembra dire: "tanto che ti frega". Già, tanto che ti frega se questi pantaloni li ho appena lavati e magari domani li devo usare per andare a lavorare perché non ho l'armadio pieno di merda come il tuo, di jeans pieni di strappi che sembrano la risultante delle battaglie che te non hai mai combattuto.
ti ho visto aspirante alternativo, aspirare coca sul sedile di una decappottabile senza speranza, con gli occhi di fuori che urli cose incomprensibili mentre guardi il culo a quell'idiota della tua donna che già puzza di gin scadente comprato a dieci euro il boccione e spacciato come Gordon. me ne accorgo mentre bevo il mio negroni pagato come quel boccione, che sa di benzina e piedi scalzi.
ti ho visto aggirarti con la tua notorietà, a darti arie perché hai girato una pubblicità per qualche yogurt lassativo del cazzo, mentre guardi certe ragazzine che con le cosce trepidanti e le tette di fuori ti fanno rimpiangere i vent'anni che non hai più, buttati a rincorrere quel fottuto quarto d'ora di notorietà, per farti ricordare per la cremosità di un prodotto buono come il velluto, caro e inutile come i vestiti che porti.
ti ho visto alternativo del cazzo, essere alternativo solo al genere umano, non sei l'alternativa a questa folla di invasati ciucciacocktail che si sbronzano dalle 19:00 e arrivano a fine serata a rilassare i loro genitali con uno sbaglio e uno sbadiglio sul sedile della loro costosissima auto pagata da papà. auto che starebbero benissimo in frantumi col tuo corpo incastrato dentro.
ti ho visto alternativo, e non ho più voglia di perdonarti, non ho più voglia di dire che sei giovane e scapestrato, non ho più voglia di dire che posso tollerarti, quando dell'intolleranza fai vessillo e mi sputi addosso per gioco le tue svastiche glitterate di strass su magliette di paillettes, comprate a via sannio a cinque euro, con il tuo rossetto alla fragola che puzza di chimico, che all'idea di baciarti mi viene il vomito, coi tuoi profumi pungenti che mi si ficcano nel naso manco fossero dannate zollette di zucchero.
ti ho visto, anche troppo, e stanotte mi giro a guardare altro, forse il cielo, che mi nasconde d'immenso sto cesso in cui mi sono trovato, tra persone che si conoscono, e che conoscono, e che amano buttarsi nella mondanità di un tempo, per ricreare salottini bene, per fare discorsi alternativi, alternativi solo alla loro morte celebrale.

giovedì 19 maggio 2011

senzasens

io non ho senso, sono un senza senso, sono una freccia in non direzione, sono un cannone, mangio un pedone, io mangio e poi viaggio, io vago poi plano, sull'aeroplano mi perdo, mi prendo per mano, e sono un villano dico parole, parole di spiagge, di sole, d'amore, di brutte serate passate ad urlare, io voglio che venga la primavera, col caldo e la luna, è piena, o è vuota? è persa o è immota, è scossa, è empia, si smuove è nera, è rossa, arancione, è carota, nel cielo gli ortaggi che volano liberi, nel mare di pesci che parlano e blubbano, e incontro poeti, incontro attori, incontro mimi e pazzi autori di parole con pieghe sottili tra virgole e apostrofi, mi piacciono i matti, i fuori di testa, mi piace lo specchio, mi piace la ressa, la folla che piano mi ingolla, mi mangia, e io mi lascio mangiare, cascare, andare perdermi e urlare, mi godo la vita, mi mangio una mela, cammino di giorno, cammino di sera, mi perdo in fraseggi, mi spezzo la schiena, lavoro e non voglio, lavoro e mi scazzo, lavoro a sto misero lago di ghiaccio, io spalo la neve, che subito scende, e faccio mansioni da automa ribelle, ma stacco la spina, io spacco le antenne, per non più ricevere gli ordini folli che voglion che resti un robot senza senso, io non ho senso, non ho direzione, io vago ramingo, libertà pare errore, per me era un motivo di cieca attrazione, c'è chi ne fa alibi da dannazione, io voglio la vita, non voglio metà, col sale e col pepe, voglio cucinà, io voglio bere, volare e nuotare, l'acqua fresca sopra la pelle, io voglio fratelli e pure sorelle, li voglio nel letto, in cucina in salotto, li voglio intorno, se andate ritorno, non voglio star solo, voglio la gente, che se resto solo rimango demente, impaziente, scalciante, divento furente e rabbioso di poche speranze, mi cito, mi piace, io gioco e mi perdo, ancora io parlo, ancora che gioco di lettere e suoni, ancora a chiedermi che cosa fare, mentre lo faccio in ogni minuto, apro lo sguardo, sbadiglio starnuto, il senno riperdo, mi barrico al letto, dormo in eterno, un giorno forse, perduto l'inferno, sommerso, preciso, sorriso e protetto, mi sveglio.

giovedì 5 maggio 2011

stralcio di vita

mi ostino a guardare l'ora da un orologio verde appeso al muro che non cammina più da qualche giorno. deve essersi fermato mentre non lo guardavo, una sera, alle otto meno venti. è saltato, come il LA di quella chitarra che ancora ne è sprovvista.
o forse una mattina, alle otto meno venti.
fatto sta che l'ho guardato una notte, che era tardi, che non era già più notte, e poteva già chiamarsi un po' mattino.
e leggevo di ...ecco... ...poi vabè... ...io non lo so...
e l'orologio si fermò.
leggevo l'incertezza poi scrivevo sul dannato social network che incertezza non si chiama libertà.
ho passato dei momenti molto tristi ultimamente, mescolati con momenti in cui tutto fila liscio. e vividi, lucenti, autentici momenti di felicità. musica, musica, nuova musica a volontà.
e ne resto assai spiazzato, perché 'sto alto e basso un po' troppo costante rischia di diventare un piattume esagerato. si stratifica la consapevolezza di una gioia sempre meno allegra e di un dolore sempre più innocuo. c'è poco da gioire, e 'sto pericolo, è sempre meno dannoso, mi spinge ad essere più forte e coraggioso.
si spaccano le corde, si fermano orologi e sopratutto si fermano le scale mobili. si fermano perché mi vogliono suggerire di prendere le scale. fai le scale, prendi tempo, non correre sul vento! lasciati pure trasportare dalle gambe.
e scrivo in versi, e le dedico poesie, e mi arrabbio con gli ingiusti, e metto virgole sconclusionate, e mi faccio crescere la barba, e ascolto i talking heads, e parlo molto con la gente, e prendo la metropolitana, e guardo le persone che sono bellissime, e temo alcune persone pericolosissime, e faccio un lavoro da un anno, e non mi accorgo che il tempo passa, e mi sento fortunato, e vivo solo, e anche se non sono solo, vivo solo...

lunedì 2 maggio 2011

guerra fresca

Venite, signori, nella bottega della morte!
io sono il vostro mentore e vi farò imparare,
cosa c'è dietro l'armi, le guerre e i giochi di potere!
so mila anni che ce sta 'n pugno de persone,
che se scambiano favori, onori, e cancellano
cor sangue tutti i loro dissapori!
s'ammazzano. l'omini s'ammazzano. senza sosta.

prima erano grandi eserciti.
fronteggiarsi lama a lama
era cosa ardua e barbara,
ci si sbudellava consenzienti.
poi la polvere da sparo.
sei lontano? non m'importa,
io ti miro e poi ti uccido
senza prendermi il disturbo
di saper le tue fattezze da vicino.
poi le raffiche.
un uomo solo può, premendo un
tasto di metallo,
strappar la vita a un mucchio
di persone.
e quante belle, vivide esplosioni,
de mortai strapieni de granate,
creatrici de carni spappolate!

ma in questa epoca,
ci siamo superati:
ordigni intelligenti,
gas chimici soffocanti,
bombe a grappolo,
razzi al fosforo che
bruciano la pelle e i polmoni.
mori rinsecchito che pari n'pezzo de carbone!
e poi: mine strappagambe,
cecchini subdoli e precisi,
carri armati velocissimi,
navi, aerei, fucili, lanciamissili e testate,
e senza tregua questa bella
guerra allegra dà il pane all'occidente!
che vende mucchi d'armi ai baroni della guerra,
invasati, poi se sentono i padroni della terra.
ma dopo du' decenni, se rinnova er campionario,
vanno a fa la guerra a quei poracci ner deserto
li stessi che 'n po' prima, avevano comprato
l'arsenale prezzolato, che mezzo arrugginito fa cilecca
quando schiacciano er grilletto contro i carri della Nato.