giovedì 26 giugno 2008

asfittico pensiero

si ergono barriere alte metri e invalicabili.
si staglian palizzate che difendono qualcosa.
e io non so dov'è che sia finita la mia verve!

è morta dietro a quello che m'è morto tra le mani eppur respira.
è morta dietro a quello che io stringo tra le mani eppure mi fugge.
è morto dentro me un altro pezzo e la felicità m'è peregrina.

il senso del possesso è cosa torbida mio caro
il senso dell'abuso non mi tange
il senso del pudore è roba vecchia amore mio
il senso della coppia è superato

viviamo troppo a lungo per amar tutta una vita,
e questo concetto vale pure per noi stessi!
siamo fin troppo longevi per amarci tutti i giorni,
un giorno d'odio sano ci fa bene!

e mentre altalenano gli intenti,
mentre lamentosi passano gli inverni,
mentre luccicanti brillano luci d'estate,
come una serpe cambio la pelle.
torno torvo, come un corvo.
solitario! come il lupo leggendario...

fiabe e misteri
gioie e dolori
miti e piaceri
morsi ed odori

campo di piaceri momentanei e so già che
dovrò reinventarmi un mio perchè

vivo di gioie istantanee e di scherzi.
non si può dire addio prima che inizi...
felicità tu non esisti!

mercoledì 18 giugno 2008

p.to d vista

s'era appoggiato in un angolo
una riflessione, una scheggia
ora che l'emozione torna
quel pensiero riecheggia

l'eternità è un film.
la nostra mente la m.d.p.
nulla sfugge all'angolazione
alla ripresa, all'inquadratura.

tutto è trasposto da un punto di vista.
un punto di vista,
un punto di vista.

nessuna opinione non è altro che un punto di vista
un punto di vista,
un punto di vista.

era sedimentato chissà dove
il pensiero latente pauroso
che dice che il mondo è attraverso una lente
va a fuoco.

noi siamo la terra.
noi siamo l'aria.
noi siamo il fuoco.
noi siamo l'acuqa.

giovedì 12 giugno 2008

il signor P

il signor P, era sempre stato un uomo pacifico, calmo e diplomatico. ma un giorno si incazzò, e non riuscì più ad amare. non riuscì più a perdonare, non riuscì più ad essere comprensivo, non riuscì più ad accettare le diversità, non riuscì più a comprendere il prossimo, avendo timore, paura, e sospetto che tutti fingessero, che tutti fingessero, che tutti fingessero!
diffidava. la cosa di cui diffidava di più era la televisione.
diffidava però anche dalla pubblicità che vedeva per la strada. preferiva i graffiti.
diffidava ormai pure dalla gente che sorrideva. che vi sorridete tutti quanti?
che c'è da ridere?
diffidava da chi diceva di stare male.
diffidava di tutto e tutti!
fu così che il signor P progressivamente cominciò a rimanere solo. diceva che le persone erano una merda, e che non si meritavano niente. che tutto quello che aveva fatto per loro in passato era andato in fumo, e non aveva un ritorno.
il signor P era pieno di astio. pieno di rabbia, pieno di odio. e passò i suoi giorni così, nell'odio, la rabbia e la diffidenza. fino alla fine, fino alla fine. senza redenzione perchè era diffidente pure dei preti.

(quando me girano me girano)
RK

mercoledì 11 giugno 2008

perplessità

guardo lo specchio e vedo l'uomo che c'era dentro di me.
era intrappolato, ingabbiato in uno strano involucro di paure ed angosce.
dalle ceneri di un illuso è nato un uomo... forse illuso a sua volta.
illuso che sia rinato.

arenato.
sfranto, affranto e frignante nell'involucro pesante che mi porto.
morto, dentro a volte. ma non troppo storto.
smanio, vorrei un armadio per tutti i miei scheletri e togliermeli dalla testa.

la mente in festa. impazza una tempesta di emozioni.
di nuovo.
illuso forse, ed assuefatto già al canonico, al già vissuto, allo scontato.
smanio, d'esser amato solo come dico io. totalmente.

perplesso, sono io l'unico colpevole, confesso.
sono reo di colpe antiche come me stesso.
sono debole e disperso. lo specchio mi guarda con aria interrogativa.
mi inquisisce, mi sventra, mi accalora senza mai una prerogativa.

comincio a dubitare in quel che voglio, non che sia sbagliato
non che sia immorale, o peggio che sia giudicabile.
semplicemente non mi da piacere. ciò che voglio non mi da piacere. non mi da stimoli
non mi da gioia.

quello che voglio......
perplesso resto,
voglia di ubriacarmi, di dormire, di drogarmi fino a quanto tutto quanto non diventi un miraggio allucinato, per credere che dopo che è passata, sia finita. invece resta, invece resta. INVECE RESTA!

natural dementia è ciò che rimane

- Natural Dementia -
RK

domenica 8 giugno 2008

anestetico

lo sento.
il mio corpo si ribella. (pennellate atomiche in schizzi anomali)
tira una brutta aria. (caldi spifferi d'afa dileguano la mia tranquillità)
farai una brutta fine! (sono in ritardo.. sono in ritardo... sono in ritardo...)

non ammetto la tristezza. (non piango da mesi e mesi)
vivevo felicissimo! (non piango da mesi e mesi)

non è la depressione. è l'aria di chiuso... (voglia di violenza)
è troppo tempo in casa... (bisogno di violenza)
sono le mura domestiche... (istigano violenza)
è la voglia di scappare... (acutamente vorrei essere altrove)
perchè fuori è tutto meraviglioso... (voglio altrove, altrove)

(respiro) va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene, (respiro)
(respiro) va tutto bene, va tutto bene, (respiro)
(respiro) va tutto bene, (respiro)
va tutto bene (non c'è mai fine)

noccioline e tabacco... non vedo l'ora di essere terra...
contatto naturale... contatto irresistibile...

non so resisterti... (perchè dovrei(?))



Natural Dementia
RK

il negozio di giocattoli

Nel negozio di giocattoli c'era di tutto: stelle filanti, coriandoli, pupazzi di pezza, marionette di cartapesta, soldatini, plaistescions, icsbocs, scarpe con le molle, diari segreti, puzzles, fluttles, grubbles, bubbles, glasgow e marbles. C'erano personaggi dei fumetti, peluches, portacellulari, ogni tipo di peluches, giraffe meccaniche, montagne di peluches, una quantità impossibile da calcolare di pezzi lego, acari e acari di peluches, il meccano! Il playmobil, e la pupazza americana tutte curve. C'erano chitarre finte, giochi di società: "risiko", "rosiko", "te squarto", "monopoli", "hotel", "sei amico mio ma te odio se c'hai Parco della Vittoria", "te vojo bene ma se m'entrano sti tre sei te levo er Brasile", "tabù", "cucù", "mazzabubbù quantecorna ce stanno qui sù?".
Nel negozio di giocattoli c'era un simpatico giocattolaio. Un uomo tanto dolce ma con un problema solo: l'unto riporto mocio vileda style. Per il giocattolaio il riporto era più importante che per un'insegnante di matematica alle elementari. Lui con quello spudoratissimo e appiccicaticcio riporto si sentiva ridicolo, ma senza, era come una donna che pur di gonfiarsi le labbra le avvicina ad assomigliare a due tumori della faccia
Era un negozio molto fornito, e i bambini ci venivano a giocare. E il negoziante, così cordiale e così generoso, faceva pure in modo che i bambini giocassero liberi e incontrastati, con tutta la loro veemenza puerile e la loro spavalderia tipica del bambino nato a cavallo degli anni novanta che somiglia sempre di più al prototipo di Orwell descritto in "1984"...

e io non la prenderei troppo sottogamba sta cosa!
e io non la prenderei troppo sottogamba sta cosa!
e io non la prenderei troppo sottogamba sta cosa!

Il giocattolaio faceva in modo che tutti i bambini strappassero le mani alle marionette, spargessero i lego in ogni anfratto e direzione, e mamma lo sa che vuol dire trovare pezzi di plastica per tutta casa! Faceva sì che delle belle pupazze americane rimanesse solo un manichino nudo con i capelli aggrovigliati, perchè la barbie fa così... si fa comprare, si fa spogliare, e poi ci manca solo che dopo ti chiede: "Sigaretta?".
Fu così che il giocattolaio ogni giorno doveva ri-sistemare tutto per il giorno successivo, un casino che voi non vi immaginate ogni santissima notte, consapevole che il giorno dopo avrebbe fatto la stessa cosa, e il giorno dopo pure, e quello dopo pure, alimentando una spirale di disperazione che poteva portare solamente ad un punto invisibile al centro di essa, che però vorticoso ed incessante andava proprio a finire lì dove l'ignoto si tuffa nel nero, e dove il dubbio e l'incertezza spadroneggiano incontrastati.

Dopo sei settimane chiuse i battenti e si sparò.
Dopo sei settimane chiuse i battenti e si sparò.
Dopo sei settimane chiuse i battenti e si sparò.

Morale: non importa che tu parta con tutte le buone intenzioni, e con tutte le risorse possibili, e con tutto lo slancio a fare del bene, e con tutto il piacere di dare tutto subito: se sei un giocattolaio col riporto bisunto con tendenze un po' pedofile e fai un lavoro di merda...

alla fine morirai!
alla fine morirai!
alla fine morirai!

Natural Dementia
RK

mercoledì 4 giugno 2008

Tristezza: vie di assuefazione per non sublimarla in rabbia

C'è un luogo nella mente, dove tutto è più nero, più grigio, più sfumato. Quel luogo, attaccato alla memoria, si trascina sensazioni passate, contamina il presente, rovescia il nostro giudizio, lasciandolo ancorato alle cose vecchie, alle cose andate. E' un luogo di sogni e di ritorni, di incubi che mangiano, ingoiano, appestano la mente.

L'esperienza dal passato.
La paura del presente.
L'insicurezza nel futuro.

Quante parole inutili si sprecano.
Parole al vento...
Parole di carta che prendono fuoco appena il fuoco le sfiora.

- io sono qui ora, domani non esiste, domani è roba d'altri, non di noi.
- vivimi ora, e prendi ciò che vuoi...
- di cenere sono i miei pensieri, quando il vento soffia si disperdono in mille spire di caliginose nuvole.
- io ti maledico/venero dal giorno in cui il tuo odore si è impossessato di me.
- prendimi adesso. perchè non so quando crederò di fare a meno di te.

fai a meno di me, come faccio io. non sono necessario, nè per te, nè per me.

non sono necessario

preludio 1:
il saggio disse: fai male solo se è l'unico mezzo, solo se il male viene usato contro di te.
il monaco disse: se ti viene fatto male, non reagire.
l'uomo disse: fai male prima che ti venga fatto del male.

perchè l'uomo ha paura, il monaco è uno stolto e il saggio un arrogante.

preludio 2:
di seta e di cera la pelle tua, in finestra io vedo il tuo viso. m'aspetta, mi saluta, mi sorride. di carne sono i pensieri tuoi, di carne e come carne li vedo sanguinare. nelle spire tristi di fumo denso che esce dalla tua sigaretta, incrocio gli sguardi che tanto mi ammaliano e mi dilaniano.

eppur sono distante.

- intermezzo musicale -
FINE

(Natural Dementia)
RK