mercoledì 30 maggio 2012

merce marcia

strascichi fascisti,
rigurgitati dai finti
consigli dei ministri.

camuffati da parate militari,
coi presidenti attenti, a
far rispettare tutte le più
strane tradizioni.

e i tradimenti alla bandiera?
che me ne frega poco
de quer panno colorato,
che si fosse pè me l'abolirei.

l'unica bandiera mia è 'r vento.

così nun servirebbero l'eserciti.
che a faje fa 'e marcette loro,
spurciamo l'esiguo già tesoro
de 'n paese al limite der giusto.

ma tanto poi v'ariva feragosto,
er popolo se sciacqua nei veleni
de ste coste.
e poi senza memoria, a pecora,
com'è sempre andato,

seguita a inchinasse, e a prende bastonate
dalle "cariche de stato".

al mio caro dio defunto

salvami,
dalle tentazioni terrene, e dalla carne facile,
e dalla fraudolenza.

salvami,
dalle bollicine del sapone di marca,
e dalla luce artificiale.

salvami,
da questi deliri di onnipotenza,
e dalla megalomania.

salvami,
dalla forma a quattro zampe,
e dalla pigrizia mentale.

salvami,
dall'accettazione tacita, dal compromesso,
e dall'abnegazione priva di passione.

salvami,
dalla schiavitù moderna,
e dalla possessione disarmonica del denaro.

se proprio non puoi salvarmi,
almeno mettici una buona parola.

giovedì 24 maggio 2012

er desiderio der poeta

pure se strillo forte,
quello che vojo dì se sente bene
er desiderio de famme capì, nun ariva.

quello che penso é:
c'avete in testa solo i sordi.
comprateve n'anima.

m'avete tajato tutti l'arberi,
e fatto de' fratelli come schiavi.

ma ste mani poi,
che c'hanno un freno,
a vorte nun so come fermalle
dar prurito:

sta voja grande de menalle male,
lasciavve sulla facia cinque dita,
poi vojo sortanto immaginà,
che dite se l'annate a riccontà.

l'ho presa perché so no stronzo!
così avete da confessà!

non rassegnazione

non plusultra.
plana una piuma...
ho come l'impressione...
ho l'impressione della sovraimpressione.
fotoritocco dell'anima.

il corpo stanco.
e il cibo, il cibo non mi sazia,
e la carne, la carne non si strazia.

continua,
continua.
sì.
un "sì" che non asseconda,
né risponde, né annuisce.
è un "sì" pieno d'intenzione.
è pura azione, senza la ragione.

autodistruzione, amica mia,
salvati almeno tu, da questa
placida armonia.

martedì 22 maggio 2012

Mirador de San Nicolàs


da qui scorgo la sierra nevada.
l'alhambra, e l'incanto di questa città.
c'è una campagna verde che sale
alle montagne mi fa guardare.

un uomo suona flamenco e gitano,
e una vecchia munita di nacchere
lo accompagna con la faccia protesa
in un'emozione che puoi dire sospesa.

addossato sopra un muretto
ascolto il silenzio brioso del posto.
di dieci passi mi sono mosso
e la moschea saluta il mio corso.

colori.

l'azzurro striato del cielo,
il bianco della neve dei monti,
poi scendere dentro ad un verde
rigoglioso, il verde di maggio
umido e pieno di raggi calienti.

come lo sguardo s'attarda
ed indugia più a lungo
sulle punte di chiome,
avanza il verde fresco di giovani fronde.

e i primi tetti, e l'albaicìn,
le facciate bianche di case immerse in giardini.
e il costone di roccia che regge l'alhambra
protegge la storia del luogo.

si vede il calore salire da terra,
asciuga la pioggia di ieri.
l'uomo del flamenco continua
a deliziare e straziare le note.
urla selvatiche spengono il tempo.


catapultato in realtà differente.
ieri il cielo era nero,
presso la Fuente de las Battallas
un vecchio siriano mi ha detto:
"Está nevando en la Sierra."

da questa terrazza la catena è bianca,
porta un vento gelido e grida la pelle,
ed il contrasto, col caldo sole di maggio,
crea dissonanza, fa ossimoro il corpo,

mi sposto di nuovo, e il coraggio ritorna,
mi sposto ancor e la mente impara
ciò che l'occhio beve.
ed il viaggio prosegue.

domenica 20 maggio 2012

google traduttore

pensamientos de la carne y los sonidos.
la mente se desintegra en vuelo inesperado,
acrobática y engañosa.

misteriosa como las matrices de muchos,
los componentes de nuestro ser,
los seres humanos, la humanidad,

delante de la naturaleza
que es un acto de locura
sin nomenclatura.

sin embargo, tener en los animales,
Descubro una gran diferencia,
cuando la confianza se pierde en la masa
entonces el individuo sufre como consecuencia,

que, si bien poniendo el peso que el amaraje forzoso,
appartener de mutación y triste,
hace hincapié en el pensamiento del ego,
que el intelecto puede hacer mejor.

sabato 19 maggio 2012

el piso de granada

è quanno l'occhio che s'abbitua ar buio,
che me rientro a riassettà er giacijo.
co st'occhi ho visto discreto e arcigno,
tutta la gente che n'saggruppava ar mucchio.

che ne la tera de antica espagna,
proprio ner centro de sta granada,
no scoppio me pija drento la panza,
e noto sta tremenda differenza:

ce sta'n viavai de gente sparsa,
che nun s'aggrega, che nun fa massa,
ma vaga a gruppi de tre o quattro,
tutti ridenti che io sò matto,

de poté vive sto bel momento,
privato da tutto 'o smarrimento,
co gente che non so più volé,
perché 'a fiducia 'n se fa vedé.

martedì 15 maggio 2012

a mi sorella

te vojo bene sorellì, ma proprio tanto,
che a definillo proprio nun riesco!
ch'amo strillato, de lacrime e de canto.
insieme! pure quanno 'r posto n'era o' stesso.

che pure se le strade so diverse, 
e i pizzi frequentati nun so' uguali,
c'avemo insieme più che n'interesse.
s'appartenemo come du' animali.

famo presto a ritrovasse, s'abbracciamo!
come sì 'n se vedessimo da un mondo!
felici a ride e a chiacchierà poi se perdemo
come se n'fosse passato che 'n secondo.

liberi, noi, davero, mica pè finta!
cor mentore che più ce resta a core,
a'mo 'mparato a fa 'na vita onesta,
e a piagne... senza fa rumore.

cor fatto in più che nun ce manca la favella,
s'avventuramo, sì, in tutti li discorsi,
passamo da aristotele a annarella,
a vive co' saggezza, mica coi i rimorsi!

bonanotte sorellì, te vojo bene,
tanto che proprio nun te saprei dì,
che a dillo sciupo solo più parole.
domani ridi, e baciate cor sole!

litania di maggio

c'è luce e gente che corre.
nessuno felice in particolare.
tutine da jogging e occhiali da sole.
un bambino straniero.
si avvicina ad un buco e gli dico
"be carefull"!
mi guarda. poi corre da mamma.
nel cielo gli aerei del vicino aeroporto,
lo stagno con l'acqua verdastra,
ci giocano i cani, e vorrei essere uno di loro.
gli uccelli, le bici, i passi di corsa,
chiudo gli occhi per bermi sti raggi,
e sento un tutt'uno colorato ed armonico.
passa il treno, e rumori di traffico lontani.
una macchia verde in una città frenetica.
seduto, sulle rovinde dell'acquedotto,
medito, cerco di allontanare pensieri,
provo a distender la schiena,
la tengo dritta, la sento storta.
il corpo non è più capace di stare all'aperto.
c'è luce e gente che corre,
nessuno felice in particolare,
il laghetto coi cani, e io ci vorrei saltare,
nuotare, rinfrescarmi e tutti schizzare.
mentre seduto sulle rovine dell'acquedotto,
racimolo orde di pensieri malati.
cerco di stiparli in una tana di formiche,
la guardo, brulica un nero zampettare industrioso,
le guardo dall'alto e mi sento un dio.
ritorno per il viale, sotto pini antichi.
tira un vento freddo, che col sole caldo,
non fanno capire bene cosa succede.
c'è luce e gente che corre,
nessuno felice in particolare.
mi copro il collo dal freddo, ritorno a camminare.
il prato rigoglioso e verde, ospita mille insetti,
vorrei stendermi al sole tra gli sterpi,
sentire la fredda e umida carezza del mondo,
sentire quel letto di erbacce verdastre.
un cardo, violaceo, brillante come un astro,
controluce mi saluta il suo colore magnifico.
c'è luce e gente che corre,
nessuno felice in particolare.
mi strappo la pelle e sotto c'è il pelo.
il lupo è tornato a ululare.

consapevolezza

condensa il pensiero,
e livido sul fare della sera,
pare,
violaceo.
non c'è libertà di andarsene da quest'agonia,
non c'è fierezza nell'essere.
e archi nell'anima, dall'andare pesto e morto,
all'andare leggero ed ebbro.

come comete nel passato avete striato,
ed io a rimirarvi ignaro del pericolo.

osservare il cielo ricolmo d'emozioni,
 e stupire ogni volta per un astro nuovo.

poi violenta e rapace una rabbia m'assale,
e furente l'io pervade ogni cosa.
guardami negli occhi e dimmi
qualcosa che non so.

fammi carne, fammi uomo,
fammi natura essenza e viva,
fammi pulsare di sangue,
lì dove tutto marcisce,
lì dove c'è angusto pericolo annidato in desiderio.

grattare il muro,
sentire le unghie cedere alla disperata voglia di
risalire la china.
e nello stomaco, grida di martirio,
come flagelli sacri a ricordarmi
le mia ingloriose pene.

gemiti,
carezze,
sguardi infiniti,
e poi scoprire che di scherno è fatta la tua volontà,
così alla mano così alla bocca.

ingoio fragili pensieri,
sono subdoli,
non sono terreni,
sono di ieri.

impazzisco cercando altrove quella gioia.
mentre il mondo mi inonda di grottesca noia.

venerdì 11 maggio 2012

tempismo imperfetto

ci feriamo.
di graffi siamo pieni ed il corpo,
stenta a creder che sia vero.

ci vediamo sugli specchi,
e copriamo i nostri lividi.
per sembrare più attraenti.

aspettiamo che il chirurgo
faccia tutto ciò che serve,
per assomigliarci un po'.

neve e sabbia,
fiori e piante,
verde e azzurro,
sole e mare.

nel viandare più frenetico,
io riscopro un suono antico,
dice: fermati un momento.

dice: spargi lentamente i tuoi secondi.
sperpera di più quel tempo che conservi.
a mettere lancette sotto il materasso,
si finisce a rimpiangere i momenti.

ciò che è

un treno in corsa.
questo transitare.
e vite di passaggio
come passeggeri
salgono sul vagone e poi
lasciano la carrozza.

mi resta l'odore dei vestiti,
il rumore delle loro bocche.
la luce dei loro occhi,
o le tenebre affascinanti,
dei loro mali.

amo.
disperatamente.

giovedì 10 maggio 2012

accidenti...

c'è un gesso. mi serve per segnare la stoffa.
il lino, che ho preso per farne un vestito.
ho preso del lino a buon prezzo e ne farò una carezza,
che avvolga fresca e armoniosa la pelle.

c'è sole, nell'aria di maggio c'è sole, e persone,
meravigliose, che ridono e dicono cose gioiose.
progetti, al suon di chitarra, ed amici,
e nuovi stimoli e prospettive.

c'è buio, ogni volta che chiudo la porta,
ogni volta che resto da solo, e non c'è amante di sorta
che allunghi una mano al mio volto.

l'istantanea. la foto del tempo.
la scrivo, con un disegno che sento.
accidenti... mi sa che ti amo.

martedì 8 maggio 2012

Scarto: IDENTEON (9,6)

è subdolo, è funesto.
è un xxxxxxx.

c'è odor di cambiamenti.
la vita prende pieghe inevidenti,
disintegrando voglie inesistenti.
fai coi denti! fai coi denti!

capello mosso.
desideri sempre più tendenti al rosso...

questo mondo è un gran fermento,
ricco di sconvolgimento.
tende a sud il mutamento.
fa sgomento, fa sgomento!

sconvolto dalla mescolanza strana,
di scalpitanti ormoni,
io chiedo venia ed invoco i feromoni!

lunedì 7 maggio 2012

no-vita-'

cos'è?
è una novità!
no!
è un nuovo uomo.
no.
è un vecchio.
un vecchio col lifting!

cos'è?
è una innovazione!
no!
una miglioria?
no!
una vecchia invenzione.
spacciata per inedita.

cos'è?
è aria!
no...
aria fresca, aria nuova... avanguardia!
no.
sono gli anni '20.
ritornano a volte...

cos'è?
la fede!
no...
finalmente, qualcosa in cui credere!
NO!
è una setta di gente che dice che
il mondo è una palla...

cos'è?
libertà!?
no, no...
libertà per gli esseri viventi.
no...
è la tv... guarda, è la tv, dai, cambia canale...

allora. non c'è niente!
eh.
non c'è niente.
niente di niente!
allora ciao!

sabato 5 maggio 2012

l'ulisse della fontanella

presso il bar della stazione ci son tante bestie strane,
c'è l'adone e poi la santa, con comari d'ogni sorta,
ci stan quattro prodi scemi che di versi hanno le brame,
e creature ben più mistiche con due piedi da natante.

la fanciulla con gli occhioni che distruggono la mente,
un ramingo condottiero che si attacca alla borraccia,
scruta l'aria e sente vuoto il suo budello senza acqua,
e riempirla lui vorrebbe con il liquido agognato.

s'avvicina a fonte chiara, proprio fuori dal baretto,
le comari saltan fuori e gli fanno un bel versetto.
passa avanti senza cedere un sorriso od un occhietto,
"vado in cerca d'acque pure, non m'abbevero al laghetto"

la fontana zampillante, fece trasalir l'errante,
allungando la sua sporta, riempie parco il suo bagaglio
di acqua vivida e brillante. ricco e scodinzolante
poi si bagna anche un po' il capo. "hey soldato"

disse lesta la fanciulla adornata al dì di festa,
resta meco, dai ristoro. questo posto è privo d'odio.
resta ancora un po' a bagnarti di quest'acque ristoranti,
potrai fare bell'incetta di vogliose amanti.

ah la fretta, ah l'onore. come cozzano talvolta.
il valente si riallaccia lesto in vita la sua sporta,
e turbato in un secondo, resta fiero ma interdetto,
"mai possibile che debba ritrovare dentro al letto

titubanze degne di una guerra tutta intera?"
che la lotta che egli vive è purtroppo giornaliera.
ci ripensa, fa un bel sorso. "e cambiamo sto discorso"
spoglia il petto mostra il corpo. ricco d'avido possesso,

prese forte la fanciulla con il piglio da marpione,
dilaniandola in un bacio assai ricco di passione.
la fanciulla ben disposta, si distrae dal folle abbraccio.
si divincola, poi gli molla sulla guancia un forte schiaffo.

"ma che fai? tu mi assecondi? credi forse che sia vero?
questa è solo pantomima, sennò fugge via il mistero.
dai adesso che sei sveglio, prendi l'armi ed il mantello,
corri lesto, corri forte, o con questo fare folle

ti conduci nelle braccia penzolanti della morte!"
ritorna sul destriero. chiaro, libero e furente.
sia maldetto quel momento in cui non capisci niente,
e ti sembra di volere cose futili e leziose.

cavalcando verso il buio, una parte lacrimante,
l'altra scaltra e maliziosa, lo mantiene esuberante,
solo ancora qualche passo, dominare le illusioni,
rimanere errante e forte, col bagaglio di emozioni!

mercoledì 2 maggio 2012

teorie e teoremi di tizi scemi

stando al teorema di tiran
le persone vanno messe tutte in fila,
vanno prese per la testa, e ammucchiate
senza sosta, vanno strattonate forte fino a fare "tlac".

stando alle teorie di pataplan,
le corsie dell'autostrade vanno messe in verticale,
per partire nello spazio siderale e mai tornare,
per verificare che la terra sia più tonda,
che a vederlo da vicino, il piattume è già normale.
se si fabbricano scarpe da ginnastica, non si può stare seduti,

a dar retta al filosofo cautello,
l'uomo è sempre vissuto sulla lama di un coltello.
si sedeva piano piano, e finiva con morire trapassato dentro l'ano.
ogni uomo ha fatto più o meno quella fine.
aspettando gioia e gloria e rimediando l'epatite.

le matite invece sono fatte per giocare. per restare piccolini,
dei bambini, cogli ormoni scalpitanti, a dieci anni dieci amanti,
a me tremano le mani ancora adesso, a pensare di distribuire il sesso,
a pensare di svilire il corpo in una danza stantuffata,
che somiglia più ai pistoni delle macchine.

ho visto l'arte dentro alla semplicità, e questa mia non è arte è velleità.
questa mia non è importante, non ha merito di sorta,
piuttosto dovrei mettervi tutti quanti alla porta.
senza dare voce a queste lagne,
queste lamentele vuote e senza legge.
che il tempo ha fatto il tempo e l'uomo ancora regge,
più coerente di una volta, più attento ai suoi diritti.
peccato che nel mondo ci siano ancora gli afflitti,
che trascinano le vite aggrappate ad un tormento.

stando alle teorie di patatrac si deve vivere,
e respirare, e giocare e ridere,
e amare e danzare e leggere,
e imparare e non discriminare e bere!
bere da coppe traboccanti il piacere di essere liberi.

stando alle teorie di "sa colo ta pere nafo cisso"
lo spasso avrebbe senso senza abisso,
e la matrice del faceto sarebbe assai più lieto adornarla di materia.
e bando alla tua seria comprensione di servo della giostra,
e niente, devi portare quella busta d'acqua pesta.
non c'è rimedio alla sconvolta malevolenza dell'andare in irruente peripezia concessa.
prenditi le ossa, e curati la testa, vai a messa, piega la madonna, scalpita in cappella,
spaccati la faccia quando arriva troppa ressa, e fai due o tre gesta memorabili.
spargi il seme se è scontato, ma sul trono lascia incoronato un altro dio.
lascia il tuo convento, spogliati del senso, e godi insieme al mondo.