mercoledì 29 giugno 2011

verità

che titolo pretenzioso
ha questa poesia.
essendo io un poetuccio
che spesso se parla addosso,
vorrei provare ad enunciare, (o denunciare)
a immaginare, a sperare,
che sta verità sia esemplare,
più unico che raro, di una
realtà che ci incolla senza
smania e senza lotta, ma
con vivida e mai assopita
consapevolezza, a ciò che è,
ciò che è stato e ciò che
non immaginiamo solo
lontanamente cosa sarà.
la verità, è una bell'arma
a doppio taglio, pensi che
il mondo sia privo di luce,
e invece è uno sbaglio,
che luce ed ombra vanno
a braccetto, e non c'è modo
di separarli, che s'amano troppo.
e verità, mia adorata,
la sola musa a cui dedico ormai
i miei versi, la mia rima, e
l'agonia dell'anima mia.
troppo spesso sei abusata,
travisata, bistrattata, malmenata,
stuprata, violentata, schiaffeggiata,
e potrei continuare, con tutte
parole che finiscono in "ata".
cara realtà, aiutaci tu, che se
t'accetto io la capisco, la verità,
la verità, la verità! e di pari passo
arriverà... la libertà!

vivo e vezzeggiativo

è quella sfumatura che si crea dentro i discorsi,
quel "non dover dire nulla" che forse hai già capito.
io ho una stella sul letto, e fatico a dirti sì.

amaro nella bocca, la malattia ancora deve decorrere,
e io che ti racconto che avevo voglia di morire.
tu ridi, più forte della mia lucidità.

come s'è fatta l'alba sei fuggita, lasciando un biglietto
e delle perplessità. allora quando ho guardato fuori dalla finestra
ho visto solo il colore dei fiori, e l'odore del caffè.

ho aspettato un minuto, poi ti ho sentita per le scale, volevo
inseguirti in bianco e nero e riassaggiare le labbra.
ma il dolore di trovarti poteva sembrare una sciocchezza.

t'ho guardato uscire dal portone, alla finestra, e quando
ti girasti, perché lo sapevi che i miei occhi t'avrebbero seguita,
m'hai guardato e io impietrito l'ho vista nel tuo viso,

la tua fermezza. è tardi, amarezza, io scappo, ti bacio,
m'hai scritto sul biglietto. allora ho pianto;
di lacrime che sanno di passato, e non per questo futile reato.

lunedì 27 giugno 2011

voglia di silenzio

"nuovo post"
mi dice quella scritta.
poi mi metto seduto e penso:
"adesso li strabilio con
un altro feroce componimento!
qualcosa che li atterri,
qualcosa che li faccia trasalire,
qualcosa di malsano, purulento,
accidentato, senza senso,
qualcosa che non sia banale,
qualcosa di illegale,
una cosa immorale,
per farvi vomitare,
spaventare, perché
io vi odio sostanzialmente,
vi odio così tanto,
che voglio passarvi tutto
il mio dolore!
ve lo voglio far leggere,
inventato e poi svenduto,
gratis,
su pagine virtuali!
solo per farvi sentire banali,
solo perché non ho altri canali,
perché qui io posso esplodere
nelle mie esternazioni elucubranti
e sovversive!
e manco più una risata ve fate!
e manco più un calcio in culo me merito!
qui pè stupivve tocca divve: amore, amore, amore...
come se a dì quel nome
ce fosse un plauso.
de sta parola e le sue rime
io so stufo!
sarà che l'corpo mio s'è prosciugato de liquidi
e de parole.
s'è spento, e quasi stavo
ad auspicar la morte, per disidratazione.
e me danno assai fastidio quei gingilli
per comunicare.
li usate, li abusate, li strausate,
per poi alla fine dire niente.
peggio che scopà co n'impotente,
che se fa grosso e bello,
e poi all'atto pratico diventa
un buono a niente.
abbiate la decenza de sparì,
o perlomeno de tenè la bocca chiusa,
se non c'avete niente da dì!"
correvano gli anni duemila.
correvano. e pure troppo! chissà dove andavano
quei fragorosi, rumorosi, impetuosi anni duemila?

erano anni di sciagura e di violenze.
erano anni vuoti e senza tempo. fatti di un eterno
sempre uguale, che dimenticato s'era il mutamento.

ci spappolavano questi anni duemila.
tutto quello che era illecito, legale era diventato,
e ogni poveraccio che se ribellava veniva trucidato.

chi dalla forza della spada a manganello, oppure
nel circolo mediatico che era diventato uno squallido
bordello, pieno de mignotte a poco prezzo.

negli anni duemila la droga era illegale!
ma tutti che sniffavano e fumavano come se fosse
uguale, come se fosse un antico e fiero rituale.

tanto, drogati e sedati c'eravamo de già...
dal telegiornale...

me fate passà pure la voja de innammoramme...
ammorìammazzati...

giovedì 23 giugno 2011

l'altro altro

se ne sta accostato alla mia porta e mi fissa.
"manco uno specchio ti sei messo in camera... e quell'orologio, è fermo da quanto?"
"da quanto basta..." rispondo perplesso, che cazzo gliene frega del mio orologio.
"ste lenzuola... fanno schifo!"
"non le ho più cambiate, sai, da quella notte. quella notte che..."
"sì, lo so, quella notte "che lei". è tipico inventare scuse del cazzo come queste per ostentare la tua pigrizia."
"non sono scuse. lo sai mi piace pensare che sia così"
"ti piace pensare che la tua pazzia ti renda unico."
se ne stava lì, sulla porta a dire la verità, e mi sentivo scomodo tra quelle parole.
dissi con fuga nel corpo: "devo mangiare qualcosa. no faccio un caffè"
"stai lì, stai fermo" disse lui "non ti muovere, prima ti faccio una foto"

vado a farmi un panino. lo ritrovo sdraiato sul letto a leggere il mio diario.
"ma davvero scrivi tutto quello che ti passa per la testa?"
"non tutto, quasi"
"sono cazzate lo sai, questa cosa della signora sulla metropolitana poi è un capolavoro del porno"
"è stato un bel momento di ispirazione..."
"dopo ti ci sei ammazzato di seghe!"
"no. per le seghe fantastico, non immagino mai gente che ho conosciuto"
"sei spudorato e bugiardo!"
mi gurdava con quegli occhi saccenti, mi scrutava dentro e volevo che se ne andasse. avevo comprato delle tele, e poi del pane fresco e del formaggio, volevo mangiare, e stapparmi una bottiglia di vino, volevo restare da solo. dipingere senza pensare. volevo stare solo, in silenzio.
"non è vero che sei un artista... non si capace di fare niente"
lo guardai fisso con gli occhi pieni di rancore: "tu hai problemi. tu non capisci, e non ammetti l'altrui libertà"
"ma ti senti come parli, sei aulico e ridicolo! prendimi a schiaffi. fai di me ciò che va fatto. ammazzami di botte. oppure hai paura che se mi coplisci io ti potrei colpire più forte, dopo? irrimediabilmente più forte?"
l'istinto era quello di saltargli al collo, ma non volevo ferirlo a mani nude, non volevo colpirlo, volevo trafiggerlo con una lama. volevo tagliargli la carne.
"dici di essere un uomo libero, poi guarda che faccia da perdente. non alzi un dito per migliorare il mondo. non hai la più minima cura di te stesso, e professi dottrine che non persegui. sei la pantomima di un rivoluzionario"
avrei potuto lasciarlo parlare. avrei potuto ascoltarlo, ma no. la libertà di parole non è un bene che va concesso a tutti. non è vero. la parola non è democratica. l'idea non è democratica.
"lo so a che cosa stai pensando, lo so a che rivolgi le tue idiozie, sono tutte quelle congetture sulla democrazia, e la parola, e la libertà. se tu fossi un uomo libero te ne accorgeresti che pecchi solo di presunzione"
la finestra aperta. ad entrare solo caldo e rumore di grilli, le auto che sfrecciavano e la puzza di asfalto fresco dai lavori sotto il palazzo. era marcio questo mondo. puzzava così tanto che aveva ragione lui. non ero un rivoluzionario. non ero un poeta, non ero niente, fino a che lui con le sue parole avrebbe vinto.
"io so pure cosa ti sogni. ti sogni le logge massoniche e i potenti e le manifestazioni, nemici indistruttibili e ti sogni la tua impotenza di fronte al mondo, la tua totale mancanza di fiducia in te mi fa vomitare! è per colpa di persone come te che questo mondo puzza di merda! alza la voce per una volta! dì la tua!"
"tu muori. se io dico la mia. tu muori se rivendico la mia sofferenza a chi di dovere"
"anziché scomodare l'amore e infliggere il tuo cazzo a quelle povere donne. che faresti di tanto diverso da un morto stile anni '50?"
"tu muori"
gli cadde il diario di mano. mi guardò sorridendo e mi disse amichevole: "uccidimi"

mercoledì 22 giugno 2011

od.IO

oh, magia!
che splendida cosa ho visto con questi occhi!
ho visto il veleno scorrere in terra. sporcarne la polvere.
amare parole, amarle davvero, parole. P-A-R-O-L-E
fatte di lettere, che posso mischiare, mescolare,
le sbuccio e le mangio per colazione!
le spello, e sanguinano. voglio spellarla la S.
e pure la F. e anche la B. e la E. UUUUHHH come godo
a sbucciarle e vederle che sanguinano!!

oh follia!
che stupenda visione hanno gli occhi miei!
dolcezza s'è fatta palese in te mia sorella, che bella, che bella!
sono uscito mezzo nudo, alle terme mi sono scoperto di fronte a te
adorata sconosciuta e amico di un tempo!
non capite? io manco! e manco a qualcuno, lo so!
ma come si fa a vivere senza di me? me lo spieghi?!

oh dannazione!
non credo al demonio, perché è antitesi di dio, quel dio che v'ha trasfigurato
le menti, che vi ha reso (io amo sta rima) dementi!
le uso, son sempre le stesse! le stesse rime che uso da tempo,
le temo oh miei dei, oh miei spiriti! fate di me ciò che volete io sono
il vostro strumento di sfinimento! li devo agghiacciare? li devo dilaniare?
ah! se vi farò tremare!

IO IO IO IO IO IO IO IO IO IO IO IO IO
io sempre io dannatamente io, come dio, come fio, come presto correte son IO il mio pretesto!
come uno e zero, IO è "Input\Output" IO è dieci, IO è binario, IO è duale, è
un animale! UN ANIMALEEEE!!!
un lupo, lo dico, lo affermo, lo strillo, lo nego!
domani annego il diniego e scusate la frase fascista, ma se state male,
io me ne frego! corro un binario troppo veloce per fermarmi davanti
ai vostri corpi, li supererò come fossero dossi!
e li calpesto!

oh luce mia!
luce, luce, mia, io impazzisco (ancora IO IO IO IO IO) altro che luce io (AAAAARGHGHHH) sono dannato dannato dannato da me! io (NOOO ANCORA IO) sono il mio demone mi sono posseduto da me, NARCISO! gridatelo pure, si megalomane si vanitoso!

oh io...
io...
io...
come vorrei dire basta a quest'io! non solo io,
non sono io.
ma che ci posso fare se ogni io fa rima con dio?

martedì 21 giugno 2011

Oh Jesus, why are you always in the arms of somebody else?

- la pagina cambia, si sfoglia, diventa grigia, si brucia, ai lati imbrunisce poi la vampa -

dissenteria!
piove l'anima mia.
piove dal culo!
hai idea? cagare liquido!
pisciare dall'ano!
e quel povero sfintere brucia perché è una vera e propria erogazione di succhi gastrici e residui maldigeriti. fossi un masochista avrei il culo in festa.
ho disegnato una svastica ieri.
sul taccuino, niente di pubblico. le mie defezioni non le semino in giro.
ma le racconto!
poi non è quello che sembra, le manca un braccio. ma il simbolo mi piace.
e comunque io odio i nazisti.
ho cagato una svastica spigolosa che mi ha riaperto le emorroidi.
ho visto un nano deforme. ho riso, senza compassione.
avevo paura a scrivere così,
perché io sono così.
e non rivelarmi mi fa vomitare.
parole violente per pensieri violenti.
io che non sono violento.
non rabbio depresso. e "rabbiare" è un verbo dementi! inventate parole!
non più rabbiarsi depressi.
la sofferenza che scorre è per l'esistenza senza uno scopo.
quello che soffre sto corpo è il male di tutti voi.
ma su un altro livello.
non si torna alla rabbia dopo l'illuminazione.
non si torna alla rabbia dopo avere capito come è.
e questo perché io non sono banale.
nella testa non sono banale.
nei simboli amplifico luoghicomuni, io li utilizzo per voi comuniluoghimortali.
che dirvi che le mie mani, le vedo e mi sembrano pezzi di rami?
e dirvi che vorrei stare coperto d'insetti per stare nascosto,
e m'immagino torture per gente malsana.
immagino di farci male, ognuno ha da soffrire, patire, angosciarsi, gridare, urlare, sentire trafiggere da corpi estranei. e odiare il proprio corpo e volerlo amputare. il corpo del tutto deve cadere come carne morta si strappa dal dito di un piede!
trovarsi maledetto. scovarsi nel petto: c'è un demone.
lo stato costante di sazietà è un errore.
il corpo deve aver fame!
mettersi a tavola senza appetito è cosa da pazzi.
il grasso che porto vorrei affettarlo e giacere sul pavimento morente.
giusto quello che basta per fare ritorno cambiato,
e dire ho visto la luce,
ma vammorìammazzato!
mollette a reggere i panni
su davanzali di legno e metallo,
questi pensieri di legno e metallo,
lasciano schegge, stridono e fanno scintille.
di seta e acqua devon diventare.
non posso scambiare la mia armonia con dannazione!
deve finire sto gioco!
il demone stava per vincere! aveva infilato le mani nel corpo.
puzzava di merda e pelle trascurata.
i miei vestiti come laceri panni di strada.
che bello... abbandonare il corpo e le carni al loro purulento destino,
con piaghe ed escoriazione. e morire di stenti su un marciapiede.
lo voglio, sì, lo voglio!
non è religione, è fare le cose con scopo!
è credere! votare la vita. io sono maestro già di quest'arte. io so cosa voglio!
siete voi che mi fate pena.
mi sono purificato, solo dopo averti rinunciato. la tua dannazione m'affascina,
mi rende affascinato, questo gioco lurido di lenzuola sporche di sperma,
di occhi ammalianti usati consapevolmente, per poi ridurli a guardare se stessi
ed un mare di niente.
dell'illuminazione che splende in questo mio corpo io ne farò dono.
e t'amo! come amo la terra.
t'amo come la manifestazione potente di un demone che non può essere imbrigliato,
t'amo come amo me, e come amo il ragno, e la zanzara.
t'amo come il sasso.
ma di luce son fatto.
piango di fronte all'angoscia e rido come un pazzo di fronte al surreale.
la dissenteria ha avuto luogo e m'ha costretto a sbrigliare sto sfogo b-anale.

feticismo ad altissimi livelli

per terra io trovo pezzi di metallo. ad Essaouira ho trovato la donna di cuori, sì, signore e signori io trovo carte da gioco, e poi ho trovato un fante di picche a via di Libetta, quando la storia non era sospetta, tu pensa! ho trovato inoltre un asso di cuori, è vero non mento, l'ho messo incastrato nella cornice in cui tengo i pink floyd. l'avevo trovato che ancor tribolavo d'amor, ma non per questa, per l'altra! so' anni che trovo le cose! trovavo bulloni, li trovavo per terra, di ogni forme e dimensioni. trovavo pure le viti, e le rondelle, io trovo in pratica i pezzi che perde la gente. a Tangeri ho preso un circoletto di metallo e l'ho attaccato alla borsa che ho preso a Parigi. che bella, Parigi, la borsa e quella Stella che mi accolse di lì. la prima volta che trovai un bullone era grosso e mezzo ossidato. l'avevo trovato, pensate, in un pomeriggio senese in cui mi cimentavo per forza alla corsa. uno di quei periodi dove non mi fermavo di fronte a niente. e poi è cominciata la saga dei laccetti per il capelli. c'è di nuovo che ora sulla borsa di Parigi ho un laccetto bianco, trovato in un prato mentre pioveva, assorto a raccoglier rifiuti in maniera differenziata. per il rispetto del prato! ed ora ogni volta che differenzio, un laccetto m'appare sulla strada. pure domenica a fare il bagno nell'oceano, mi sono imbattuto in un laccetto tutto variopinto. non li raccolgo i laccetti no, no mi fanno impressione, si impregnano. ho fatto crescere le unghie e le dita sui tasti fanno rumori ed errori. voglio partire, mi avete stufato un po' tutti. le poesie sono terminate, le parole in rima zuccherose e tenere hanno cessato di lenire il dolore, adesso passo alle maniere forti, e non provate a fare quelle faccette gnègnè da perbenisti che siete solo dei banali "poco pensatori" manco più bene pensate, carogne! vi odio lettori di questo blog, non un commento, non una critica, non una supposizione, non una polemica. andate a fanculo!

giovedì 16 giugno 2011

colibrido

giocoleparole
giocolanimamia
animacandida
animasporca
animalata
quasintimata
animaspenta
animalurida
luridacome
unafognaccia
pienadiniente
pienaditutto
sonofelice
restoalutto
restoaletto
ridondantesta
marieifumi
fuoripensieri
ancoraneri
ancoraneri
giocontutto
gioconiente
gioconlagente
resistirriverente
restimpaziente
dicoparole
poaroledamore
parolecattive
miattivodomani
oggiriposo
oggigioco

martedì 14 giugno 2011

di nuovo...

con la potenza di un aforisma
ti spazzerò via agonia!

non so come dire che cosa mi accade,
c'è tempesta.
è l'anima mia che prima era in festa e creava,
adesso s'è nuovamente assopita.
come d'inverno.

poso la penna e riprendo a picchiare sui tasti,
a scuotere corde, a spremer tubetti di tinta.

ed anche di muse e d'amore son stufo di dire...

lunedì 13 giugno 2011

- avvertenze -


1. il castello dei sogni è privo di annunci di sicurezza,
scale di emergenza nascoste dietro un muro fittizio di lustrini.
il pensiero è spalmato su tavoli da gioco, mentre lo spreco si diffonde nelle sue cucine.
il prezzolato nettare che si attinge dal ventre carico di
una regina sempre fertile.

2. il tirafili è nascosto, smembrato in sembianze di personale di bordo,
comandato da regole come in un gioco di scacchi.
istanze di me stesso vagano in queste stanze prive di odori.

3. numeri crescenti segnano il cammino dell'esistenza,
il linguaggio si differenzia, si abbattono le barriere linguistiche,
in un fiorire di improbabili neologismi.

4. la struttura è meccanismo, nella sua droga da esperienza.
bramiamo un vestito migliore, vogliamo un animale interattivo
che ci faccia compagnia.
nella speranza che assomigli alla realtà.

venerdì 10 giugno 2011

lupus in F# minor

splendido, il gocciolare dell'astio.
splendido...

dolce, l'anelito di rabbia.
dolcissimo...

le unghie che si tramutano in artigli,
i denti che diventano zanne,
la pelle che si fa cuoio, e il pelo,
s'allunga a formare un manto.

provate a fermarmi ora,
provate, a farmi ragionare...
i vostri brandelli di carne
di sangue a gocciolare,
come la mia rabbia dalle zanne
acuminate.
come le mie vesti perse...

Auuuuhuuuuuhuuuuuhuuu

martedì 7 giugno 2011

a sti poeti

aridaje cor "poeta"...
questo non è affar mio.
tutti dicheno che li versi,
so roba pe stimati
e interessati esperti.
che le parole vanno rispettate
co' la punteggiatura ben
studiata pe' fanne che so io,
'na serenata ar cielo e ar mare.
quattro versi pè lamentasse
dei padroni e de come stamo
messi... male.
quattro versi pe' di all'amata
pure stanotte t'ho sognata,
te possino ammazzà quanto sei bella!
ma voi sparì da la capoccia mia?
niente, sta roba resta così,
mezza prosa e mezza poesia.
che poi non è che c'ho tutto sto
fervore da falla diventà sonetto.
è solo pè da voce a sto condominio
che tengo ner petto.
pare n'pianerottolo all'ora de la
riunione. na folla de persone che
se vonno mette d'accordo,
ma ce sta sempre uno che trova
er cavillo pe manna tutto
a carte quarantotto.
è questo: sto sciame de parole.
sto sproloquio de mezzogiorno,
sta spurgata de sentimenti.
che sennò me tengo tutti sti tormenti
aggrappati all'anima mia...
e fidateve, è mejo che li tiro via!

lunedì 6 giugno 2011

il tempo di morire (da leggere lentamente)

devi,
non devi,
non puoi,
non vuoi,
non hai,
non vai,
non dai,
non vedi,
è proibito,
è interdetto,
e vietato,
è impossibile,
è indicibile,
è immorale,
può far male,
può ferire,
può guarire,
può lenire,
può implorare,
può giocare,
non guardare,
non toccare,
non cadere,
non dovere!
chi lo dice?
chi lo vuole?
chi lo impone?
a chi conviene?
chi ne duole?
sempre troppi!
chi ne giova?
sei pidocchi!
non sapere,
non capire,
non sentire,
non vedere,
non parlare,
non agire,
giusto il tempo
di morire!

domenica 5 giugno 2011

l'insalata

oggi sò ito 'n cucina,
ho aperto 'n barattolo
che stava 'n frigo. e drento,
c'erano sott'olio du parole.

meravijato me so' un po' stupito,
de trovà 'n fresco sta frase
che avevo seppellito.
c'avevo fatto er sugo.

così, ho operto la credenza,
e dentro, pensa, ce stavano certe
scatolette piene de lettere. c'ho
fatto n'insalata, e ar posto de

le spezie c'ho messo: sale,
punti, olio, pepe e virgole.
me sò seduto fiero e bello,
e me so fatto 'n ber piatto de stronzate!

sabato 4 giugno 2011

er sogno

ho sognato che ce stava
un paese medievale,
co na festa piena de gente,
ma le strade ereno deserte.

le serande tutte chiuse e
sopra i muri, manifesti co
scritto niente. Ce stavi pure te,
sembrava che la faccia tua fosse

spaccata, co n'occhio gonfio e
er labbro sanguinante.
pareva come se t'avessero
passato 'n lisci'e busso.

giocavi co un tizio nero nero,
co 'n vestito a righe blu,
e du ragazze che ar posto del viso
'n c'avevano niente. manco l'occhi.

entravo dentro a un posto,
e m'ordinavo da beve, mentre
la gente in massa me spigneva,
e compravano ancora co le lire.

me n'esco pe annammene dar paese,
e t'aritrovo a giocà pe le strade in festa
co sta compagnia strana che te portavi
dietro allegramente. ferita e sorridente.

te passo davanti e co la faccia n'po'
sorpresa te dico: "aho, sto qua che
nun me vedi?" e te smettendo de soride,
me guardi, e co n'gesto me fai capì: "...più tardi".

venerdì 3 giugno 2011

il manicomio di me

accorete! c'ho 'n tajo!
dottore, ho fatto n'antro sbajo!
dottore aiuto, ricuci quer varco,
che ho dato 'no strappo a le carni!

'no strappo consenziente!

aiuto! ho lacerato la mente!
pensavo preciso, ma 'nvece, demente,
pensavo scoretto, ho messo nel letto
n'odore de pelle sudata e sto stretto.

e mo? come j'o dico?

presto venite! c'è sangue, e non solo,
residui de organi, pezzi de cibo, cervella,
budelle, liquidi organici e schegge de ossa,
grido, urlo, strillo a più non posso!

AARGH!

allora? v'aspetto! sto qui, ma che n'vedete
sto poretto... basta, ho capito.
la commedia è finita...
pè fà la vittima ce vole vocazione,

e mica l'intenzione...

se nasci vittima, lo sai dall'ostetrica.
a qu'a pora madre dice: "a'mo fatto er possibbile",
ma quer pupo s'è spento com'è 'scito,
prima de comincià a respirà...

pora bestiola...

no! vittima nessuno nasce, se famo vittime!
ce diventamo, ce se vestimo e se crogiolamo.
ce piace tanto da scaricà le colpe nostre,
dentro all'altrui braccia 'nconcludenti.

roba da piagnoni proprio!

senza preoccupasse che quelle forti, de braccia,
hanno da esse le nostre, allora sì, potessimo da parlà
de colpe personali. l'avete mica visti l'animali,
a scioperà contro er capobranco?

le bestie insorgono!

me rialzo dunque, insanguinato e malandato,
sgarato, emaciato, torbido e 'n po' 'ncazzato,
ma me rialzo, come l'artre volte! mica no!
pijo la penna, n'quaderno novo,

e m'arinvento sto monno a forma d'omo.

mercoledì 1 giugno 2011

cuspide

protodinamico -
asettico -
turbomeccanico -
produco tossine -
liscio, come la pelle fresca appena lavata -
e sto! rimango nel letto sei giorni -
mi alzo per prendere un caffè -
mi rimetto sotto le coperte -
ansia -
libero arbitrio inutile -
non so che farmene di me -
non so che farmene di te -
non so che farmene del lavoro -
non so che farmene di reiterare -
penso quindi vomito -
libri chiusi -
serrande serrate -
coerenza dissolta dei nomi passati -
follia -
amica mia non mi lasci e con te mi porti via -
follia -
amore mio, tu mi abbracci e poi muori -
follia -
nella tenebra mia sei la sola malìa -
apatia, apatia, apatia -
mi scrollo le membra e l'insonnia s'impossessa dell'anima mia -
luce -
di fuori è giorno e questo mondo fugace corre senza di me -
luce -
e le persone s'affollano larghe, in spazi ristretti e non so il perché -
luce, luce fu, e luce ti fotte -
mi spacco il cervello, voglio litigare e fare a botte -
lividi -
dentro ai pensieri son pieno di macchie, vorrei sulla pelle ferite -
aiuto -
io grido e non sente nessuno -
aiuto -
che la tempesta è passata e st'amore che porto m'è inutile -
aiuto -
finisce maggio e speranze vissute a febbraio esplodono in un vecchio miraggio -
che dovrei saperla a memoria la solfa, la tiritera -
amante di giorno, vacante di sera -
e spappolo il mondo sotto colpi di penna -
la notte mi avvolge serena e tranquilla -
il giorno seguente la sveglia che squilla -
ricorda a sto stronzo che resta uno schiavo -
altro che fare la rivoluzione -
prendi la tua vita e vendila al padrone -
scambia la vita per un gettone -
ogni giorno potrai transitare nel circo e di giostre potrai tu giocare -
peluches, cotillons, bon bon e leccornie -
luci magnifiche a farcire le cornee -
co sti occhi malfatti a vedere non sono capace -
dannata miopia che il mondo mi tace della perfezione -
e vago -
mi perdo -
non sono contento -
l'amor che io porto è un fardello pesante che donna non trovo -
per renderlo meno ingombrante -
io te lo lascio signora Pink Floyd -
lo dono anche a te giovinetta inesperta -
lo lascio pure a quella splendida amica -
ne verso un po' a te partenopea impazzita -
ne rimane un poco pure per te, mio dilemma incessante -
e resta per me il fondo d'amore di sabbia graffiante -
ne lascio assai poco per il mio poeta -
per il mio musico, il mio pittore -
ne lascio un vasetto con dentro l'amore che provo per me -
è finito, s'è spento, ha ceduto al tormento -
a forza di svenderlo ne sono sprovvisto -
allora la rabbia che sale m'invade -
st'amore splendido l'ho dato a palate -
le perle alle porche: ho svenduto il mio cuore -
e manco di affetto, e di buonumore -
di rotolarmi fra le coperte con donna felice -
agognante -
di rotolarmi che sono un'amante sublime -
e tutto sto mondo che strilla -
ed io come un cazzo a pensar a quella scintilla -
che nella rugiada di un giorno un po' umido è spenta -
svanita, bruciata con troppa viltà s'è ammazzata da sola -
adesso è il momento di altri sapori -
sprecar troppi amori non sarà più il mio stile -
piuttosto domani mi alzo e comincio la guerra civile -