martedì 16 dicembre 2008

martedì mattina con un dubbio

C'era un tempo in cui ero perso
il cielo terso
era l'universo.

c'è un posto dove son vivo
ora son schivo
e non arrivo.

l'unico modo che ho di spiegarti è che tu sei musa.
musa di un tempo che non esiste.
musa di un sesso che non si verifica.
musa di un ruolo che non mi identifica.

se la libertà fosse un difetto?

piove sempre ormai...

piove.
piove sempre.
piove ormai da più di 40 giorni e noè ancora non si è visto.
che sia tutta una farsa?
intolleranza a tutta quest'acqua, e non posso manco dare la colpa a qualcuno!
le luci di natale mi riguardano, come ogni anno, e io perplesso guardo loro.
cultura, tradizione e folklore.
la pioggia mi ha svegliato presto.
e contro il sonno e contro il mondo
un senso di colpa, mi ha tenuto ancora sveglio.
un senso di inutilità, di noia...
è la pioggia, lo so.
sono giorni e giorni che ci piove addosso acqua...
i miei pensieri umidi, affogano in una pozzanghera.
frammenti di felicità costruiscono le mie giornate,
spaccate da una malinconia senza fine.
la mia famiglia si è disgregata.
come al solito non individuo nulla che sia veramente mio.
dubito fortemente che sia necessario.
pioggia, su questi pensieri asfittici e retrò.
pioggia su di me. che resto a casa per non affrontarla.
odio gli ombrelli.
non ti riparano affatto.
ieri su di un marciapiede stretto, ho incrociato una signora che camminava con un ombrello enorme. guardava in basso la signora... si è stizzita al mio passaggio...
sono le otto del mattino e fa freddo. l'aria è umida e satura di acqua. i miei occhi ancora bruciano dal sonno. ma sono sveglio e resterò tale.
prendo un libro. al suono della pioggia sarà più facile studiare.
suppongo che un ronzio incessante renda pazzi...

sabato 6 dicembre 2008

radioattivo - paranoie

è tardi.
è sempre tardi.
l'orologio sta sempre a fissarmi!
mi guarda.
non sbaglia un colpo.
è sempre più veloce di me!
è relativo eppur sta lì e mi gestisce.
lancetta lunga, lancetta corta.
quando la lancetta lunga sta sul numero...
quando la lancetto corta fa uno scatto...
e quando suona la sveglia!?
giù dal letto!
innaturalmente io ti desto!
mentre il tuo inconscio libero stava
mentre tra simboli e immagini lu ti parlava
io ti destooooo
driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
ovvio che poi scateno l'inconscio in altro modo!
ovvio che poi lo tiro fuori!
anche perchè lui esce da solo.
e quando accoltellerai il tuo capo,
non ci sarà nessun driiiin a svegliarti dalla realtà!

RK natural Dementia

ricordarmi chi sono

sono due sere che tornando a casa (relativamente tardi) un lampione - sempre lo stesso - si spegne al mio passaggio... e quando alzo gli occhi per guardare quella luce spenta, nel cielo dietro di lui, vedo orione, ed è già la seconda vola che mi capita...
un segno?
o forse mi piace sapere che se si spegne una luce, subito vado a guardare le stelle...
io sono uno che guarda le stelle e ci trova un segno...

mi sento ancestrale

sabato 15 novembre 2008

il mondo è un sensasens

se nascondere tutto in una strana veemenza di tipo anarchico sessuale, avrebbe potuto giovare, allora sarebbe stato più semplice dire: no me ne frega un cazzo!
ma gli eventi erano torvi, la situazione non era buona, e anche certe persone, stanche della presunzione di molti, stavano per annegare nell'acqua alta.
la loro arroganza era arrivata a livelli storici. non c'era più un lento e graduale processo di convincimento, era arrivato il revisionismo!
la gente era sicura che grazie alle rivoluzioni tutto sarebbe cambiato, ma non era così, e quindi, nell'enfasi di un bacio sottile abbandonato su una scalinata di un portone senza neanche pensare che sarebbe stato l'ultimo, il povero viandante si illudeva che potesse esserlo.
ma haimè, la disdetta fu che quello era il primo bacio di una lunga serie.
e in questo lento dondolante show, di programmi pubblicitari, la vita ricomincia a non finire mai, spalmata su un presente, continuo e deleterio, che trasporta la noia su un tappeto verde di malinconia.
e le serate cominciavano ad assomigliarsi. le giornate si svuotavano di senso, mentre la vita veniva schiacciata come i pulsanti di un eterno videopoker. lotterie di sentimenti affibiavano amanti improbabili ad avventori amanti della prostituzione, che sarebbero dovuti tornare a casa dai loro figli, a dare una carezza, da parte di qualche festante laico benestante che aveva appena quotato le sue tre figlie in borsa, ma che le aveva vedute crollare senza nessuna speranza per i contribuenti. la lama del rasoio di questa vita stava scendendo piano piano, e lo sapevano bene i governanti dal polso d'acciaio, e dalla lingua a due punte. diramavano comunicati stampa dove tutto andava bene, i fiori ancora profumavano e le farfalle ci si possavano gioendo della grande possibilità che il partito gli aveva concesso, quella di poter continuare a suggere il nettare. impollinando allegramente. è così che funzionava, tutto si arrendeva ad un lento presepe di statuette di gesso. un presepe animato da un meccanismo, fatto girare da una scimmietta ammaestrata. in qualche modo, toccava salvarsi, in qualche modo bisognava liberarsi, e fu così che piano piano le persone cominciarono a truccarsi. prsero un bel vestito, e arredarono le loro tane con oggetti particolari. per distinguersi, per riconoscersi, per essere unici, quando unici non siamo mai. l'individualismo avea preso il sopravvento, persino lui aveva un appartamento con tre camere bagno e balcone con vista parco, e divideva la casa con il consumismo. erano compagni inseparabili. uno produceva e l'altro faceva in modo che ogni essere umano fosse un potenziale acquirente.
l'uomo libero era ormai debellato. questo cancro nocivo e micidiale, che si permetteva di pensare, dire e addirittura agire. ora che tutto era tornato come prima, ora che il regime era ristabilito, anche le capre avrebbero brucato l'erba vicino a strade trafficate da macchine, puzzando di smog, e portando un paio di levi's 501.


Rk
Natural Dementia

mercoledì 12 novembre 2008

il demone

acquattato sotto il divano, mentre stavo facendo il bartezzaghi c'era il maledetto demone.
sapete com'è fatto? è longilineo, alto mezzo metro, pare un'ombra. per quanto sia nero, se lo guardate bene gli si può guardare attraverso, è come una lente nera, quelle che si usano per guardare le eclissi. ma lui di eclissi se ne frega, e anche se volendo potreste guardargli attraverso lui non si fa vedere. sta nell'ombra, e aspetta...
aspetta...
aspetta...
aspetta...
per poi sorprenderti quando meno te lo aspetti
ZAC!
ti acchiappa una narice, e per tutta la sua lunghezza, come una spira di fumo si incanala nel naso e si siede nel cervello.
lì per lì senti subito un prurito. ti pare di aver visto qualcosa, come un'ombra con la coda dell'occhio. perchè se potessi guardargli attraverso sai, è quasi trasparente, ma è furbo e veloce. lui si infila nei battiti d'occhio, nel momento in cui sovrappensiero, che pensi al 18 orizzontale porti la matita alle labbra e gli occhi al cielo, e indisturbato lui agisce.
si insedia nella mente, nel cervello. ne blocca le sinapsi, e te resti su quel divano.
cominci a pensare: sono le 3, ora mi metto a studiare. lui intercetta quel pensiero e se lo mangia. è così che vive, si nutre di buoni propositi. pensi appena sveglio: ora mi alzo, ora vado all'università, ora vado a lavorare. piange il pupo ti sveglia, e pensi, ci vado subito prima che lei si svegli. e lui appena vede tutti questi buoni propositi, li prende, ci fa una pallottola di neuroni e se li mangia.
Starnutire non basta. prima o poi se ne va, quando è sazio a sufficienza...
ma lui resta acquattato sotto il divano, o dietro al computer, o sotto il cuscino. non dategli adito di entrare, restate vigili e attivi...

RK

sabato 8 novembre 2008

il generale incognito

io ti ho visto, aggirarti per queste strade, generale incognito. sei un passante, un virtuoso della chitarra sotto la metro, un piccolo bambino che gioca alla psp mentre aspetta l'autobus, una vecchietta con le buste della spesa.
ti ho guardato e mi hai fatto pena, generale incognito, che mi sembri sempre più l'italiano medio(cre), e guardandoti mi sono guardato. anche se non mi riguardo mai, ed ecco perchè tutti sti raffreddori fuori stagione. dicono sempre "è il primo freddo" si ma il secondo e il terzo? sei recidivo!
Io ti ho notato generale incognito, che mi rispondi al telefono, e ti dico: "c'ho il telefono staccato da 3 giorni. Ah davvero il servizio clienti è a pagamento dai cellulari. mi può richiamare lei dalla sua postazione? Ma come sarebbe a dire ci chiami da una cabina telefonica?"
Io ti ho visto generale incognito, lamentarti perchè non arrivi a fine mese, e poi ti ho visto portare magliette emporioarmanidestocazzo e dolceegabbanapotesseròmorìtuttieddue!
ti guardo generale incognito, con sommo sbigottimento, e mentre vedo te, vedo deformazioni del mio "me" che stento a mitigare. e mi convinco che la comprensione, e la compassione che provavo per te, erano più utili a te che a me!
tu caro il mio caso di ambiguità italiana, di mistificazione della meravigliosa penisola italica, tu, mancato mafioso, che non sei omertoso solo perchè non ti puntano la pistola in fronte, te che parli e ciarli, e ti gonfi come un pallone, ti ho visto, come d'altronde c'era da aspettarselo, in televisione.
caro il mio generale incognito, eri in mezzobusto a elencare morti, eri in doppiopetto ad elencare cifre, eri senza cravatta e un po' sudaticcio a cavalcare l'onda, eri un giovane ricco di speranze, ballavi con la tua maglietta rossa, esibivi capelli fashon, sorridevi come una triglia, sgambettavi come un kledi qualsiasi, e poi piangevi di fronte ad una giuria ingrata. che pena smisurata.
Ti ho visto, generale incognito, aggirarti per i cortei della mia università, a cantare slogan deficienti, a dirmi che ti piace il porno, ma che sei cattolico credente. tu guardi il porno e poi ti fai il segno della croce, con la stessa mano...
ti ho guardato generale incognito, e mi sono vergognato di scambiare il paese con lo stesso tuo sangue sporco di arrognaza e incoerenza, di presunzione e reticenza. sei mio fratello... uno scomodo fratello d'italia.

mercoledì 29 ottobre 2008

L'ipotesi Calamandrei

"Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in un alloggiamento per manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia perfino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo apertamente trasformare le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tenere d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi, ve l'ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.

Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico"

(in Scuola Democratica, 20 marzo 1950.)

domenica 26 ottobre 2008

fragorosa esplosione a piazza mercato

Erano le ore 10:00 in piazza mercato. Erano le ore 10:01, e tutti udirono il fragore di un esplosione forte, potente, immane.
Alle 10:03 a piazza mercato c'èra solo il caos, e tutto era disseminato come per uno strano gioco di mescolanze.
Brandelli di vestiti a poco prezzo piovevano dal cielo, un cane all'angolo della strada, mezzo intontito, già aprofittava delle cibarie che erano precipitate in un angolo. Pezzi di tendoni che cigolavano e crollavano su loro stessi, anziane signore coi loro carrelli, sbracate in terra coi capelli spettinati. Una paffuta cinquantenne con capigliatura anni trenta, si era ritrovaa un ciuffo ribelle pendente sulla fronte, ed un prosciutto da due chili e quattro scarsi in braccio, come un lattante in fasce. Il piccolo bambino che frignava come un pazzo perchè la mamma non gli comprava quella pistola supersonica spaziale, incartata nel cellophane, era muto e con gli occhi sgranati, vedendo il mondo da una prospettiva insolita; già perchè lesplosione l'aveva sbalzato sul pennone della bandiera al centro della piazza.
La bandiera pure lei, al momento dell'esplosione, garrì come una patriottica speranza, per poi riafflosciarsi come dopo un'elezione andata a male.
Tutto era disseminato a destra e a manca. Non c'era però nessuno ferito. Le persone erano illese, e per di più, nessun simbolo evidente di un'esplosione. In nessuna parte della piazza infatti, c'erano tracce di fiamme o di qualcosa che facesse pensare che il trambusto venisse da un ordigno. Le decine di presenti cominciarono a rendersi conto, si rialzarono, e si diedero una mano l'un l'altro, signori annoiati, accompagnatori di mogli, e giovani ragazzotti, inchiodati al mercato solo per far da braccia possenti per le nonne, come un sol uomo, si adoperarono per liberare persone da sotto i tendoni precipitati. Tutti illesi però. Le signore, ricomposero i calzini spaiati, i bambini, raccattarono i giochi, le signore più mondane si risistemarono subito i capelli, e cominciarono a battibeccare sul perchè e sul percome dell'accaduto. Un uomo distinto con barba lunga e occhialini rotondi si aggirava per la folla indaffarata, a raccogliere informazioni.
In tutto questo trambusto solo una persona era immobile a guardare. Era un vecchietto, seduto sulla panchina al centro della piazza, proprio sotto la statua equestre in bronzo di Giananselmo di Vallecorta, che sopravviveva alle cagate dei piccioni con molto vigore. Il vecchieto, più noto in quartiere come Nonno Adamo, aveva novantadue anni, ma era arzillo come un passero. Mentre scrutava tutti i presenti indaffarati e adoperati a risistemare lo sfacelo avvenuto, Adamo guardò la statua, ridacchiando, quasi a cercare un complice. La statua si girò, e Giananselmo rivolgendosi con ghigno bronzeo e cameratesco ad Adamo disse: "Salute!"

sabato 25 ottobre 2008

morti a tutta birra

lapidi, nuove, vecchie, moderne, aniche, stilizzate, con foto (tantissime), senza foto (pochissime).
lapidi in marmo, in ceramica, in cartone.
lo sapete che ci sono 5 file di fornetti, e le persone che non possono pagare il fornetto trentennale ad un'altezza "umana", devono prendere la scala per mettere i fiori ai loro cari, ai piani superiori, scomodi ma economici ;)
oggi una signora anziana mi ha chiesto di aiutarla a cambiare i fiori al marito che stava sempolto in una tomba senza lapide.
le ho chiesto: signora, perchè non l'ha messo sottoterra?
ma la donna non mi risponde. non mi pare il caso di ripetere la domanda, la donna soffre, si vede, non vorrei infierire.
davanti alla spoglia lapide del marito della silenziosa vedova affranta, c'era una simil lapide di plastica, una lapide di transito, con tanto di portafoto e portafiori e lucina sotto la foto, con pile ed interruttore... un modo per dire: sono morto da poco, ancora devo scegliere la lapide col becchino, non so se la voglio di marmo verde con venature bianche, oppure una bella lapide rosa con tante belle croci disegnate.
mi guardo intorno e ci sono decine di persone chine sull'asfalto che tagliano gambi di fiori bellisimi, colorati, profumati, trupudio di api e piccoli insetti nettarofagi.
c'è tutto un mercato per la morte. la signora sepolta accanto a mia nonna ha un cristo scolpito, sopra c'è una madonna in rilievo, sotto due coniugi mi guardano, la loro lapidona verde pacchiana, ha tre vasi, con tanti fiori che manco in olanda, più sopra una lapide di cartone, appoggiata. con un mazzo di fiori secchi, senza vaso... ma dieci lapidi dopo ce n'è una innovativa, rivoluzionaria, direi quasi televisiva. una foto a tutta lapide di un ragazzo che ahilui è morto a soli 20 anni. in una posa da modello con il sorriso smagliante, sorride a chi gli passa di fronte, come un anchorman dell'aldilà. pare dire: qui si sta bene, venite a fare un giro pure voi!
io sarò romantico, bohemiene, un po' frikkettone, ma vorrei tanto essere cremato e disperso.
poi penso alle bottiglie di birra che conservo in cucina. simulacri, a ricordarmi "ah che bella bevuta", come le tombe ci vogliono dire: "ah che bella vita, e che bella lapide!"
il cimitero è l'ospizio delle attenzioni.
io lo ripeto, testamento online, bruciatemi e disperdetemi!
Prendiamo la macchina, e ce ne andiamo. strade afaltate circondate di tombe, lapidi, cipressi, cripte di famiglia, sontuosi monumenti pieni di corpi tumulati...
mi viene malditesta, c'è una luce srana, passo il cavalcavia del cimitero flaminio e dall'altra parte, una fila interminabile di macchine. mia madre mi dice: i cimiteri si affollano, è quasi il due novembre...
è il due novembre... la FESTA DI OGNI SANTI.. IL GIORNO DEI MORTI!
cosa che "il giorno dei morti" mi fa venire in mente più un film dell'orrore.
cari vecchi etruschi che quando andavate ad onorare i vostri defunti, facevate un banchetto e un baccanale...
abbiamo preso più dagli egizi come stile di tumulazione: il più ricco e potente ha la tomba migliore, i poveracci, possono pure restare anonimi, senza gloria nell'aldiquà e senza manco topolino sulla lapide.
la fila di macchine interminabile, kilometrica, e allora mi faccio la domanda: cos'è? è la visita preventiva! dato che fra poco è IL GIRONO DEI MORTI, ti vengo a trovare il 25 ottobre, così il due novembre sto a casa a riprendermi dalla sbronza di halloween.

mercoledì 22 ottobre 2008

offuscato pensiero anomalo

vagar mi piace in quel tormento,
ma è ora di tornare alle mie sponde.

il blocco.
nella testa neanche una parola.
e il buio cala, per far spazio alla luce.

sorridente, devo, voglio, posso.
che fatica ogni volta,
ritornare, solo con le mie forze.
rinascere, solo...

venerdì 10 ottobre 2008

figli di teorie e servizi...

abituati a lavorare con l'effimero, manipoliamo ciò che non esiste.
teorie, numeri, bit, immagini virtuali. neanche più la pellicola - e queste mie parole non esistono.
un nuovo tipo di materialità? che le nostre mani non possono gestire.
aggrappati a reti effimere, invisibili e intricate che ci attraversano. i messaggi che mandiamo ci penetrano le carni e viaggiano modulati nell'etere. questa parola antica, democristiana. l'etere, lo spazio, sa di monopolio e disinformazione. l'aria che non vediamo è la rete stessa immateriale di messaggi che scambiamo.
virtuale non è terra, non è acqua, non è aria non è fuoco. non è elemento fisico tangibile, eppur gestisce ogni cosa.
se per una meravigliosa utopia all'incontrario, tutto smettesse di funzionare, tutto diventerebbe inutilizzabile. cosa sarebbe un televisore senza la sua anima di elettroni. cosa me ne farei di un pc wreless? se quella rete si spezzasse all'improvviso?
eppure non si spezza, e sicuri di questo non cerchiamo alternative.

il capitalismo è arrivato alla fine, questa è solo la prima avvisaglia.
abbattere i consumi, usare la testa!
e usiamola sta testa!

lunedì 6 ottobre 2008

generation next...

Oggi dopo 1 anno intero di non frequenza universitaria, rimetto piede con rinnovato entusiasmo nell'aula B1 della facoltà DAMS, ormai relegata in 4 capannoni tristi ,immersi in un enorme distesa di asfalto. Arrivo alle dieci meno un quarto, la lezione inizia alle dieci, e l'aula è già stracolma. Eccezion fatta per qualche posto nelle ultime file, dietro, nei posti di chi chiacchiera. Questa chiacchiera che già mi infastidiva 4 anni fa, figuriamoci adesso, che a chiacchierare sono degli esseri strani e brufolosi, che ho già bollato col nome di matriculae ignobilissimus. La lezione molto interesante, costellata di domande da parte dei professori , domande che hanno avuto un esito disastroso. Tra le quali: chi ha visto "l'albero degli zoccoli" (capolavoro di Ermanno Olmi, che se sei appassionato di cinema DEVI conoscere n.d.RK), chi non posside un telefono cellulare(nessuno, compreso il sottoscritto), e colmo dei colmi, mi aspettavo una conoscenza più approfondita, chi sa cos'è un "avatar" (pochissime mani alzate).
Io sono presuntuoso, e forse, parlando di cultura, un po' snob. Lo dico da subito, metto delle sacrosante mani avanti, in nome di una certa nobiltà artistica che ho sempre riconosciuto: mi sono spaventato.
Un branco di imbecilli. Davvero, il dams sta diventando un parcheggio per nullafacenti e reietti scansafatiche della società odierna (e me).
Dalle prime impressioni sono abbastanza scioccato, e mi dico: "Dai, vedrai che questo è il tuo solito pessimismo iniziale, vedrai che con un po' di pazienza e di comprensione riuscirai a trovare un po' di buono in tutti quanti." Davvero, ho pensato questa cosa, l'ho creduta fino in fondo. Almeno fino a quando il professore non ha "presentato" alcuni "illustri" ospiti (che non hanno detto una parola durante la lezione, non una parola che sia una, manco buongiorno o arrivederci) ed ogni volta che il professore annunciava il nome di queste persone, i miei colleghi studenti che facevano? APPLAUDIVANO! Si gente, signore e signori: APPLAUDVANO! nel mio sommo sbigotimento. Mi guardavo intorno, e vedevo facce spente che guardavano il foglio e battevano le mani svogliati solo perchè qualche (perdonatemi) cazzone aveva dato il via all'applauso, loro pecorosamente l'avevano seguito, senza entusiasmo, senza sapere manco a chi stessero battendo le mani.
Ho creduto fosse una disfunzione uditiva, una innata e televisiva necessità di battere le mani dopo la presentazione di una persona, PRIMA, di sapere cosa come e perchè.
Un po' come lo schioccare delle dita dopo la musichetta della famiglia Addams... un gesto spontaneo, dovuto solo al fatto che lo si è ascoltato centinaia e centinaia di volte.
Mi sembrava di stare in RAI, o a Buona Domenica, dove il conduttore presenta il tizio "x" e giù scrosci di applausi.
Giuro, fossi stato io al loro posto avrei preso la parola e avrei chiesto al pubblichetto dell'aula (che NON E' UN PUBBLICO!) cosa caspita si applaudessero.
Codesti giovincelli, che facendomi due conti dovrebbero essere nati approssimativamente intorno al 1990. Mentre molti di loro nascevano, cadeva il muro di Berlino, e io l'ho visto in TV, e mi ricordo, per fortuna, che persino io (bimbo fessacchiotto di 8 anni) capii cosa succedeva, perchè c'era il mitico Paolo Frajese a parlarne, e mi ricordo come fosse ora, ne parlava con commozione e semplicità, come se volesse spiegarlo ad un bambino. Lo stesso entusiasmo che oggi mettono alcuni pseudo-professionisti dell'informazione quando parlano dei morti ammazzati (date un'occhiata a "studio aperto").
Sempre per spingere un paradosso sempre più presuntuoso, dubito che la totalità degli occupanti di quell'aula, sapesse cosa fosse e a che servisse il muro di Berlino (non sanno manco che esiste una legge Gasparri, c'ho le prove!)
Rileggo ste righe sopra, e mi sento un vecchio brontolone, no c'ho manco 30 anni e già avverto quel famoso GAP generazionale. Non ho stima per questo esercito di strani individui, così lontani da me, così stranamente impauriti e diffidenti (ho detto esercito, cari miei, non a caso...). Il professore parlava di pieno sconvolgimento, di piena mutazione copernicana, di mutazione della società a causa della comunicazione di massa. Forse, e mi duole affermarlo, troppa informazione, equivale a nessuna informazione. In cervelli così saturi a dover sempre diffidare da ogni messaggio, che ormai, è noto, è costruito secondo regole di marketing, esclusivamente per essere ascoltato al posto di un altro. Concorrenza, competizione e diffidenza. Si apre un nuovo scenario, è vero, già da una ventina d'anni, siamo indotti a scegliere tra un'infrmazione e un'altra. Tra un Tg4 e un Tg3. Tra la scarpa firmata e quella del supermercato (fatte tutte e due in china, e scusate la retorica). Divisi tra le Converse e le Cesare Paciotti. Spaccati, tra due fronti ideologici che si fanno la guerra a chi la spara più grossa, la guerra a chi si costruisce il seguito di zombie più fornito. E compra me, e vota me, e prendi me.
Oggi mi sono sentito maturo, grande. Al confronto diretto con dei miei simili (di un'ignoranza smisurata) ho potuto constatare che il popolo italiano, sta crollando sotto la guerra di due titani che lo stanno debosciando, l'eterna lotta tra la libertà, e la proprietà. La lotta tra chi vuole essere, e chi vuole avere.
Io preferisco essere.
E voi?

martedì 23 settembre 2008

Un atto di comunicazione

comunicare.
cosa e come.
ignoto.

ma all'apice:
comunicare.

un atto di comunicazione è vivo.
rispecchia un atavico bisogno di condivisione.

comunicare è condivisione.

condividere,
con chi, e perchè.

condividere è un atto di partecipazione.
partecipare è vivere.

partecipare.
sentirsi parte di un gruppo.
diventare più che un individuo.
essere il gruppo.

la comunicazione è la risultante della formazione di un gruppo.

il gruppo è vita.

famiglia: gruppo
condominio: gruppo
quartiere: gruppo
scuola: gruppo
città: gruppo
paese: gruppo
pianeta: gruppo
sistema: gruppo
galassia: gruppo

gruppo è barriera
comunicazione è guerra
televisione,
cellulari,
internet.

venerdì 19 settembre 2008

a sangue freddo

agonizzante muovo un altro passo verso nord.
mi hai colpito. sanguinolento vago.
passo un passo avanti, e l'altro mesto lo rincorre presto.
inciampo. per via d'un sasso stronzo che stava ben nascosto.

è un campo d'anime morte questo scampolo di vita,
e ad ogni passo falso un'inciampata, una caduta.
t'avessi detto prima quel che sono...
t'avessi rivelato la perfida natura...
che a zoppicar son solo,
eppur mi duole andar cercando aiuto altrove.

del tintinnar dei lenti giorni, che farmene non so.
associo amori a lampi d'emozioni appese ad un sorriso.
ammanto di mistero il più palese dei ricordi.
dove tu fuggitiva e io rincorro, un cielo pieno di corvi.

ed è lì! nel camminar che più m'è caro che mi spari.
al petto un buco aperto, da cui sgorga lento un fiotto.
gridare io vorrei l'anima mia a più non posso, ed il freddo,
mi copre le movenze più banali.
siamo in fondo... tutti uguali.
tra uomini e animali, tra bestie e vegetali.
c'è vita in ogni gesto e in ogni dove.

e tutto questo sangue sulla neve,
la scioglie.
e un rosso ricco di disperazione.

il racconto di "P"

da bambino P giocava tra le macchine sotto casa sua.
era felice P.

a nove anni si innamorò della sua compagna di banco delle elementari.
la sua prima delusione d'amore.

a dodici anni P si innamorò della sua compagna di banco delle medie.
la sua seconda delusione d'amore.

a quindici anni P andava ad un istituto di soli uomini.
fino a diciotto anni P scelse di non diventare omosessuale.
fino a diciotto anni P non ebbe altre delusioni amorose.

a vent'anni, mentre si laureava in ingegneria P conosce sonia.
è amore a prima vista.
lui le spiegava le equazioni, lei gli insegnava a baciare con la lingua.

a venticinque anni muore il padre di P.
P cade in depresssione, perchè l'ultima cosa che aveva detto a suo padre era stata: vaffanculo brutto ipocrita!
P depresso da la colpa a sonia della sua tristezza, e sonia vive la sua prima vera delusione amorosa.

P lascia l'università.
trova un lavoro in un call center, lo pagano bene, ma non abbastanza.
conosce lucia, sono felici ma non abbastanza.
trova una casa, non grande abbastanza.
intorno P ha conoscenti, non più amici, che lo amano, ma non abbastanza.

a trentatrè anni muore la madre di P .
P non ritenne di soffrire in maniera adeguata. fa finta di niente.

P perde il lavoro.
non può pagarsi l'affitto e lucia lo lascia.
P non vive neanche un'emozione.
per fortuna non lasciano nessun figlio.

P vorrebbe piangere, pensa a sua madre, a suo padre, a tania e al passato, ma non una lacrima fuoriesce dai suoi occhi fissi nel vuoto.

P scopre il gin, la tequila, il whisky, la wodka.
P vaga per roma, vive sulle sponde del biondo tevere, e gira per roma in cerca di sonia.
P decide che non vuole mai più soffrire per amore.

P ha quarant'anni, si ubriaca ogni giorno, e ne dimostra cinquanta.
un giorno finisce i soldi in fondo ad una birra comperata in un discount, che neanche gli ha fatto effetto. spacca il vuoto e lo usa come arma contro il cassiere del discount.

P si fa 7 anni di carcere per questa stronzata.
in carcere subisce angherie, stupri, pestaggi e scherni d'ogni tipo.
in carcere conosce gente.
ogni tanto legge un libro, ogni tanto scrive una poesia.

a quarantasette anni P esce di prigione.
giura che non toccerà mai più un goccio in vita sua.
P chiede l'aiuto dell'assistenza sociale.
P attende, nel paese delle attese.
intanto chiede l'elemosina ad un semaforo a trastevere.

è il 28 agosto 2008.
mentre il semaforo rosso porta macchine all'attenzione di P , vede sonia in una macchina enorme. alla guida c'è un uomo in giacca e cravatta e dietro, nei sedili posteriori due bambini adorabili giocano.
lo salutano e lui si avvicina con occhi sognanti.
"sonia" dice sbigottito P.
lei lo guarda, sgrana gli occhi e si gira a guardare altrove.
sonia aveva impiegato cinque anni della sua vita per dimenticarlo.
P, quell'imbranato adorabile che non sapeva baciare.
la grande macchina che conteneva il suo grande amore perduto sfreccia sul lungotevere, e P fa finta di niente.

P è triste. amareggiato. si vergogna di se stesso e della razza umana.
vorrebbe uccidersi. passa noti intere a decidere il suo suicidio, poi, con codardia, lascia perdere.
lascia correre anche quello.

P pensa che tutto sia un grosso scherzo, che la sua vita è finita sotto una macchina, come quel pallone irraggiungibile che finiva sotto la marmitta della 127, quando nel cortile di casa sua, al prenestino, tirava calci al pallone con gli amici del palazzo ed era spensierato e felice.

P credeva che prima o poi si sarebbe svegliato, perchè tutto quello non poteva essere vero. quando prendeva appunti di fisica all'università, e toccava l'alcool solo per sballarsi con gli amici, quando usciva, e guardava una ragazza e gli sorrideva, e non diceva "no, non c'ho spicci".

P, ancora oggi, sopravvive.

domenica 7 settembre 2008

tornado

sotto sotto, sento strisciare una serpe viscida e sibillina
un ritorno di turbamenti ridondanti che corrodono
la lenta e languida vita che a lungo ho scelto di vivere

mi avvolgo in spire di tormenti che non mi appartengono.

mercoledì 3 settembre 2008

mal di testa

la mia testa scoppia
nella stessa coppia
siedo dietro il mondo
piano piano affondo

mi avverto, se succedesse ancora, non mi darei pace.
ti avverto. non sono misericordioso
tollero, non sopporto.
capisco, non subisco.

la lama più sottile, non mi taglia più
passi le tue giornate davanti la tv
dischi volanti appesi mi fan pensare che
se esisto è solo un caso non che ci sia un perchè

aspiro l'elettropunk
ma ora solo una marlboro aspiro
nuvole acri di fumo pungente
offuscano bene il corpo e la mente (l'amante)
piogge di lacrime in clima dannato
mi fanno sentire morto e rinato
allaccia la cinta passeggero impudente
che ora necessito un bell'incidente
e mentre la lama tagliare non può
io siedo di fronte a questo falò
legno di chitarra, fogli e futuro.

un azione non è mai da sola.

Rk
Natural Dementia

domenica 31 agosto 2008

senza trucco e senza inganno - la grande prova

la grande prova è il momento in cui ci facciamo le grandi domande.
domande che da secoli restano senza risposta.
il momento in cui riaffiorano le mancanze, le superficialità, le difficoltà, i conflitti.
è il momento in cui ci mettiamo di fronte ad uno specchio e veramente siamo noi.
senza trucco e senza inganno.
ci segnerà per sempre, ci ricorderemo per sempre ciò che ci lascia dentro.

un vuoto così grande non l'avevo mai provato, eppure, mai come ora, la realtà mi sembra più reale.
mai come ora, il razionale prevale sull'emotivo, e mi lascia vivere senza incatenarmi al dolore, pur annegando in un vuoto mai sperimentato.

ciao tesoro mio

giovedì 28 agosto 2008

metamorfismi

di tutte le maledette metafore che ho sentito dire sulla vita l'unica che si addice è la giostra.
il vento soffiava all'impazzata, le foglie turbinavano inquiete come i suoi pensieri, mentre silfidi di fumo procedevano inesorabili verso l'alto.
M. era morta.
era morta, e da quel momento non poteva più essere come prima, niente più lo sarebbe stato.
attendevano quel momento da tempo.
lei ha solo sei mesi di vita.
attendevano quel momento inesorabile, aspettavano lo scoccare di quel sesto mese.
e poi l'autunno.
congelò ogni sentimento, ogni aspettativa, ogni speranza.
stette lì a rafforzare in quelli che rimanevano la convinzione che forse la morte non è poi così termenda.
che forse la morte no è la fine di tutto.
che forse la morte è solo un altro inizio.
ma potevano essere benissimo alibi per soffrire di meno.
quante ne inventa l'uomo per non riconoscere che prima o poi, tutto, finisce.
l'amore, l'amicizia, la vita. inventiamo alibi infinitamente idioti, ragioni infinitamente stupide, che viste da dietro, poi, dopo qualche anno, sono la risultante di tante piccole esasperazioni che non volevamo ammettere.
tutto finisce, e tutto muta, tutto diventa altro. quando un amore finisce diventa altro: odio, risentimento, amicizia, rabbia, lussuria, morbosità.
la verità è nelle pieghe delle cose, nelle sfumature delle nostre azioni, nei tempi lunghi delle nostre scelte.
M. era morta, e niente più avrebbe avuto un senso. anche se non era vero, in quel momento era così. era come se mia moglie non fosse morta, era come se m'avesse abbandonato per un altro. e per avermi abbandonato così, dandomi la certezza che non sarebbe più tornata, io l'odiavo. e poi mi odiavo.
il riflesso principale di fronte all'inconoscibile è la rabbia, ne farà a meno molto presto.
non posso pensare alle cose che mi mancheranno di te, mi farei solo male.
M. è morta, ma lo era già da tempo. già quando non ricordavi più neanche il mio nome. quando non sapevi più tenere la forchetta in mano, quano non riuscivi più a stare sveglia. eri già morta, ma qualcosa mi attaccava a quella carne viva che eri, quel vederti muoverti accanto a me, averti ancora viva vicino a me, mi dava qualcosa che non capivo, ma mi serviva per non crollare.
ora non sei più, e quasi me ne rallegro. cambiarti ogni notte, e portarti al bagno in braccio, non pesava niente a me, ma per te, doveva essere la tortura pù grande. vederti inconsapevole di fronte a quello che ti stava accadendo, sapere che niente te ne avrebbe dato l'idea. per quanto ti amassi, vederti così era peggio che saperti scomparsa per sempre.
per sempre. quelle parole così difficili da accettare, così difficili da pronunciare, che si dicono sempre nei momenti sbagliati.
ti amerò per sempre.
saremo amici per sempre.
è come augurarsi - stupidamente - di vivere per sempre. è la paura che ce lo fa dire.
sarà così, per sempre.

venerdì 8 agosto 2008

affogati

affogati in un clichè.
perduti, come foglie al vento.
che amore è un amore che pretende?
un amore che non chiede e non si interessa,
un amore a senso unico?
spazi vuoti, è ora di sentirsi in colpa.
perchè affogo un po' con voi.

giovedì 24 luglio 2008

pane e sinapsi

i tuoi capelli ovunque.
fa un caldo strano, senza calore, solo umidità.
nella camera ci sono più dispositivi elettronici che piante.
a dire il vero l'unica pianta che c'è - è una pianta finta.
l'altra è morta.

i tuoi capelli sono rimasti sul cuscino, e sul letto, e nei miei vestiti.
il tuo odore è rimasto sul lenzuolo e sul cuscino.
pulisco casa.
sistemo le cose.
molto disordine.
applico cerotti al caos.

penso al tempo che dedico che non basta mai.
il mio tempo si è dissolto nell'ingratitudine di poche affettuose entità.
prima era troppo - ora non è mai abbastanza.
bruciano gli occhi per il poco sonno.

mi sono organizzato.
solo quando sono solo riesco ad essere preciso.
solo quando mi autogestisco riesco a vivere.
solo solo.
i tuoi capelli sono ovunque.

voglia del tuo sorriso, delle tue labbra...


calma zen, nulla mi scalfisce, nulla mi atterra, nulla mi intristisce.

fiducia posta in mani sbagliate, cambiano gli equilibri, che non erano mai stai in equilibrio.
mutano gli squilibri.
le certezze solo da 4 veri amici.
il resto è polvere sugli scaffali della memoria.
la felicità torna. ed io con Lei, torno ad essere felice

amen

RK
-n-a-t-u-r-a-l-d-e-m-e-n-t-i-a-

lunedì 14 luglio 2008

...citazioni che passione...

« Ok Ted, presta attenzione, io farò due mucchietti qui sul bancone, un mucchietto è già tuo, e l'altro mucchietto potrebbe diventare tuo. Devi capire che noi la scommessa la faremo in ogni caso, che tu ci stia oppure no. Vuoi che sia tu a tenere l'accetta o... una cameriera messicana, o... un barbone che prendiamo dalla strada? Potrà comprare molta zuppa con quel mucchietto... Shh... È una corsa contro il tempo, Ecco... ora ho... ho... Ho perso il conto, quanto è quel mucchietto? 600. Ok. Ted sai quanto ci mette un americano medio a contare fino a 600? Attento può essere una fregatura. No signore. Circa un minuto meno che contare fino a... 700. Vedi Ted, la vita è piena di un miliardo di piccole esperienze, alcune non servono a niente, sono da dimenticare per sempre e quindi tu le dimentichi, altre esperienze invece puoi ricordarle per il resto dei tuoi giorni... 800. Ora, dal momento che ciò che ti proponiamo è così... Inusuale... Così fuori dalla norma... Ci puoi scommettere che quella di questa sera sarà una di quelle esperienze che restano. Allora Ted, visto che sarai costretto a ricordartela per tutta la vita devi solo decidere quale sarà il ricordo che avrai. Dunque, vuoi ricordarti per i prossimi quarant'anni, decennio più decennio meno, che oggi hai rifiutato mille dollari per un secondo di lavoro, oppure che oggi hai guadagnato mille dollari per un solo secondo di lavoro? »

(Quentin Tarantino nell'episodio "L'Uomo di Hollywood" nel film "Four Rooms")

sabato 12 luglio 2008

neuroni confusi

Dietro la tenda, alcune luci decoravano l’asfalto bagnato di pioggia. Cadeva ancora, nelle vicinanze dei lampioni si può vedere, quando pivoe, un pezzo di cielo che si riempie di pioggia, nell’oscurità più totale. Scostavo la tenda e il mio respiro appannava il vetro. C’erano troppi pensieri quella notte. Una notte di maggio. Quando in quel giorno maledetto mi innamorai di te. Come se non bastassero i casini della mia vita, io mi dovevo andare ad innamorare di una come te. Io lo sapevo da subito che non avrebbe funzionato. Ma il fallimento è una cosa che avevo sperimentato tante di quelle volte, che una in più non mi avrebbe di certo intaccato. Sospiravo sul vetro, e pensavo a te. Pensavo ad un idea di te che stava appesa nelle mie deliranti voglie.

Non si può descrivere cosa si prova in quei momenti. Un senso di vuoto. Un senso di caduta. Sarà per questo che in inglese si dice “to fall in love”. È un precipizio che si vuole intraprendere, è un salto che troppe poche volte si ha il coraggio di fare. Ed è una caduta a sperare, a planare, non segue le leggi della fisica. È una caduta anomala. Si capisce quando si atterrerà su un letto di piume soffici,o quando lo schianto sarà forte. Forte, che il dolore sarà grandissimo.

Pensavo di scrivere qualcosa in quei momenti. Di mettermi al computer e di picchiettare sulla tastiera fino a notte fonda. Ma non era così. Da tempo mi ero fermato, non riuscivo più a scrivere. Non avevo più emozioni forti. Anche adesso che però annegavo in un turbinio di passioni e di sentimenti travolgenti, i miei pensieri non trovavano la coerenza necessaria per raggiungere il traguardo delle dieci pagine. Ero slegato, disgregato. Straziato a tal punto, che i pensieri prendevano il sopravvento totale. Mi conducevano in sentieri che non avevo mai voluto percorrere. Sentieri ignoti, i quali, non erano mai stati tra le mie scelte. Quando però è la vita a portartici, non hai esperienza, e la vita si rovina con una serie di passi falsi. Io pensavo a te, ma nel letto che era ai miei piedi, c’era lei. Io non avrei mai voluto, tenerti fuori dalla mia vita. Ma i diavoletti che ho nel cervello mi hanno detto che dovevo segarti in quattro pezzi e infilarti in una sacca da golf, portarti in un luogo isolato per poi sezionarti accuratamente, e mangiare ogni pezzo del tuo tessuto. In quei giorni che ho passato nel mio eremo solitario a Saint-Moritz, io ho sperimentato ogni tipo di manicaretto con le tue carni. Le tue interiora poi, le ho dedicate a studi sui gusti di ogni genere, con eccelsi risultati a volte, e disgustosi esperimenti fallimentari in altre. Ma uno chef del mio calibro non si potrà mai fermare di fronte a certe piccole inezie. Lo scettro del cuoco dell’anno sarà mio! Anche se il tremendo barone Rocheford è in agguato.

Il barone Rocheford è un uomo bieco e assennato. Si racconta che nel 1678 partecipò alla grandiosa battaglia di Port Royal che si tenne tra i pirati del terribile pirata Jason Hobsgold e la flotta inglese alla fonda nelle acuqe del porto. Fu davvero la prima vera Pearl Harbor, e in quel caso, non c’era ancora il capitalismo. Io che critico il capitalismo comunque ho due paia di Nike e bevo Coca Cola. Ma non è questo il punto. È la tipica frase che si dice quando ci colgono in fallo, quando ti beccano in flagrante in un discorso che tu non sei capace di raddrizzare. Soprattutto quando sei incoerente, e quando sei incoerente, so cazzi! Perché o fingi con te stesso, o fingi con gli altri, o peggio ancora, fingi con entrambi.

mercoledì 9 luglio 2008

implorazione impiegatizia

te lo chiedo da impiegato
te lo chiedo, "tempo ingrato"...
scappa!
scappa e fuggi
fuggi e sparisci!
tempo............. FUGGI!
scappa tempo, fuggi,
ma non perchè sei te,
ma non perchè fuggi intrinseco
fuggi!
scappa!
dileguati!

CHE SENNO' TE MENO!!!

sì, tempo...
io te meno!
e prima te meno,
e poi te rimeno!
e se non si può menarti...
io t'ammazzo!!!

...se non fuggi, se non scappi, se non fai arrivare agosto...
io t'ammazzo tempo zozzo!

così me ne vado in ferie e vaffanculo!

RK

martedì 8 luglio 2008

riflessione...

in principio era il verbo. la cultura si tramandava intorno al fuoco la sera, si tramandava nei villaggi, nelle grandi città, e nelle piccole tribù. si tramandavano racconti, miti, religioni, leggende, storie di uomini, donne, dèi, re, regine, si tramandavano le più disparate categorie di informazioni, ricette, stili di vita, detti proverbiali.
dopo venne gutenberg. gutenberg stampava. si disse di lui un gran bene. si dice di lui un gran bene, ancora se ne tesono le lodi. è considerato l'uomo più importante del millennio.
gutenberg ha creato un modo per lasciare la parola legata ad una convenzione di larghissima diffusione. la convenzione della parola scritta. (la riproducibilità tecnica non solo dell'arte, ma della parola, del pensiero) quella che poi durante i secoli a venire sarebbe divenuta la maniera preferita di trasposizione e divulgazione del pensiero umano, a livello globale e convenzionale.
dopo arrivò il signor daguerre, con la sua macchina fotografica ante litteram, il "dagherrotipo" (brevetto poi acquistato da altri, un po' come hanno fatto i lumière). una geniale scatola per catturare la luce. la chimica, la tecnica venivano in aiuto di nuovo all'uomo per portare su un supporto fisico, la materializzazione di un pensiero umano. nel beneamato (e anche benodiato) XX secolo, il cinema e la televisione, finiscono il loro lavoro, e lo diffondono in maniera totale nelle vite di ognuno di noi. i bambini oggi imparano prima il linguaggio televisivo e videoludico di uno schermo, che quello delle parole scritte sul quaderno.
questa propensione modifica il ragionamento, modifica il punto di vista, modifica la natura della nostra capacità di astrarre un concetto da una parola (orale) scevra di un corrispettivo tangibile nella realtà. l'immagine è vocativa, analogica, complementare, ma comunque rappresenta un concetto, un significato, un senso.
è il nuovo modo di scrivere, la nuova scrittura arriva tramite le immagini, e tramite quel campo sensoriale vatissimo quanto quello visivo che è quello dell'audio.
l'audiovisivo, o cinema espanso, o mondo del visibile, è quindi la nuova innovativa tecnologica idea geniale per "scrivere" il pensiero. ma la televisione, non gioca forse a creare un pensiero? non gioca forse a plasmare un tipo di prodotto vendibile? così come in molti altri media, il capitalismo ha prosciugato ogni mero intento comunicativo per camuffarlo da intrattenimento e inserirvi una tecnica astuta per vendere un prodotto. a volte, (perchè non voglio parlarne troppo male) con dei risultati eccellenti, di incontro tra arte e pubblicità ad esempio. (da carosello alle pubblicità girate da noti registi contemporanei, tra macchine, profumi e pubblicità progresso)
si va a delimitare quindi un nuovo panorama, dove l'immagine sonora diventa una componente essenziale del linguaggio. non potremmo mai più prescindere dal dominio dell'immagine. siamo ancora però all'inizio; gli albori delle avanguardie realizzative di questo dispositivo, mezzo, tenica. e non possiamo che studiarlo, criticarlo, analizzarlo e non prenderlo mai per scontato o vero quello che passa in televisione, sopratutto nell'era dell'avvento del digitale e della sua diffusione capillare. è principalmente "spettacolo". è principalemte "intrattenimento", e purtoppo nella stragrande maggioranza dei casi è un modo subdolo e compiacente di venderci dei prodotti d'elitè molto costosi.
con ciò però non voglio assolutamente denigrare questo meraviglioso mondo della comunicazione, dell'intrattenimento globale, dell'unico vero modo che ha l'uomo di non affondare nella sua ormai galoppante corsa verso l'individualità. andiamo incontro ad un linguaggio semplice, tramite un mezzo semplice (la stessa televisione, ma penso anche alla radio e ormai al mezzo per eccellenza che è internet) che ancora una volta ci porti ad una sorta di aggregazione sociale, e probabilmente sta cambiando il nostro modo di agire, di pensare, e di interpretare le priorità della natura. torniamo al linguaggio del corpo, a valorizzare l'immagine, l'estetica, la forma. la fine del novecento è l'epoca occidentale delle avanguardie sociali, come il rock, il punk, e tutta la rivoluzione estetica degli anni 80. poi il boom dei tatoo e piercing negli anni 90. torniamo all'espressione tribale, di scritte su magliette, di blog, e di trucchi evidenti e travolgenti. come nuove tribù ancestrali radicate nelle città. le città che trovano sui loro muri i graffiti. parole disegnate. immagini.
l'era dell'immagine ci prevarica, ci avvolge e noi ne siamo figli. o nipoti, ma comunque ne siamo parte.
RK
-n-a-t-u-r-a-l-m-e-d-i-a-d-e-m-e-n-t-i-a-

giovedì 3 luglio 2008

astronabile vettoriale per l'infinibile

ho solcato galassie e quadranti, nebulose, nebuline, nebulizzate da nebulizzatori galattici.
ho navigato in lungo e in largo con la vela solare, il propulsore atomico e i motori vettoriali a spinta propulsiva di inerzia debole.
ho girato i mari eterei e le spiaggie cosmiche con i granchi Beluazet che rosicchiavano le antenne della mia astronabile.
ho surfato su onde alfa e raggi beta che non balenavano affatto!
ho spaziato nello spazio
ho siderato nel siderale e mi sono assiderato.
tutto sommato mi sono divertito a vagare tra le polveri sottili dell'universo conosciuto.
e tutto ancora è da scoprire.
ho navigato nel cyberspazio nel cyberpunk e nel cybertechnorock 'n roll.
ho fatto viaggi cosmici, viaggi tropici, viaggi morfici, viaggi eterei in nuvole d'ashish, viaggi lunghi e corti, viaggi acidi...
sono uno che ha viaggiato molto sulla mia astronabile vettoriale.
volevo raggiungere l'infinibile. l'inarrivabile, l'irraggiungibile, l'insondabile, l'inconoscibile, l'improbabile, l'invisibile, l'intoccabile, l'intangibile, l'invedibile, l'impraticabile, l'insanabile, l'inperturbabile, l'inguardabile.
sull'astronabile.
sull'astronabile.

giovedì 26 giugno 2008

asfittico pensiero

si ergono barriere alte metri e invalicabili.
si staglian palizzate che difendono qualcosa.
e io non so dov'è che sia finita la mia verve!

è morta dietro a quello che m'è morto tra le mani eppur respira.
è morta dietro a quello che io stringo tra le mani eppure mi fugge.
è morto dentro me un altro pezzo e la felicità m'è peregrina.

il senso del possesso è cosa torbida mio caro
il senso dell'abuso non mi tange
il senso del pudore è roba vecchia amore mio
il senso della coppia è superato

viviamo troppo a lungo per amar tutta una vita,
e questo concetto vale pure per noi stessi!
siamo fin troppo longevi per amarci tutti i giorni,
un giorno d'odio sano ci fa bene!

e mentre altalenano gli intenti,
mentre lamentosi passano gli inverni,
mentre luccicanti brillano luci d'estate,
come una serpe cambio la pelle.
torno torvo, come un corvo.
solitario! come il lupo leggendario...

fiabe e misteri
gioie e dolori
miti e piaceri
morsi ed odori

campo di piaceri momentanei e so già che
dovrò reinventarmi un mio perchè

vivo di gioie istantanee e di scherzi.
non si può dire addio prima che inizi...
felicità tu non esisti!

mercoledì 18 giugno 2008

p.to d vista

s'era appoggiato in un angolo
una riflessione, una scheggia
ora che l'emozione torna
quel pensiero riecheggia

l'eternità è un film.
la nostra mente la m.d.p.
nulla sfugge all'angolazione
alla ripresa, all'inquadratura.

tutto è trasposto da un punto di vista.
un punto di vista,
un punto di vista.

nessuna opinione non è altro che un punto di vista
un punto di vista,
un punto di vista.

era sedimentato chissà dove
il pensiero latente pauroso
che dice che il mondo è attraverso una lente
va a fuoco.

noi siamo la terra.
noi siamo l'aria.
noi siamo il fuoco.
noi siamo l'acuqa.

giovedì 12 giugno 2008

il signor P

il signor P, era sempre stato un uomo pacifico, calmo e diplomatico. ma un giorno si incazzò, e non riuscì più ad amare. non riuscì più a perdonare, non riuscì più ad essere comprensivo, non riuscì più ad accettare le diversità, non riuscì più a comprendere il prossimo, avendo timore, paura, e sospetto che tutti fingessero, che tutti fingessero, che tutti fingessero!
diffidava. la cosa di cui diffidava di più era la televisione.
diffidava però anche dalla pubblicità che vedeva per la strada. preferiva i graffiti.
diffidava ormai pure dalla gente che sorrideva. che vi sorridete tutti quanti?
che c'è da ridere?
diffidava da chi diceva di stare male.
diffidava di tutto e tutti!
fu così che il signor P progressivamente cominciò a rimanere solo. diceva che le persone erano una merda, e che non si meritavano niente. che tutto quello che aveva fatto per loro in passato era andato in fumo, e non aveva un ritorno.
il signor P era pieno di astio. pieno di rabbia, pieno di odio. e passò i suoi giorni così, nell'odio, la rabbia e la diffidenza. fino alla fine, fino alla fine. senza redenzione perchè era diffidente pure dei preti.

(quando me girano me girano)
RK

mercoledì 11 giugno 2008

perplessità

guardo lo specchio e vedo l'uomo che c'era dentro di me.
era intrappolato, ingabbiato in uno strano involucro di paure ed angosce.
dalle ceneri di un illuso è nato un uomo... forse illuso a sua volta.
illuso che sia rinato.

arenato.
sfranto, affranto e frignante nell'involucro pesante che mi porto.
morto, dentro a volte. ma non troppo storto.
smanio, vorrei un armadio per tutti i miei scheletri e togliermeli dalla testa.

la mente in festa. impazza una tempesta di emozioni.
di nuovo.
illuso forse, ed assuefatto già al canonico, al già vissuto, allo scontato.
smanio, d'esser amato solo come dico io. totalmente.

perplesso, sono io l'unico colpevole, confesso.
sono reo di colpe antiche come me stesso.
sono debole e disperso. lo specchio mi guarda con aria interrogativa.
mi inquisisce, mi sventra, mi accalora senza mai una prerogativa.

comincio a dubitare in quel che voglio, non che sia sbagliato
non che sia immorale, o peggio che sia giudicabile.
semplicemente non mi da piacere. ciò che voglio non mi da piacere. non mi da stimoli
non mi da gioia.

quello che voglio......
perplesso resto,
voglia di ubriacarmi, di dormire, di drogarmi fino a quanto tutto quanto non diventi un miraggio allucinato, per credere che dopo che è passata, sia finita. invece resta, invece resta. INVECE RESTA!

natural dementia è ciò che rimane

- Natural Dementia -
RK

domenica 8 giugno 2008

anestetico

lo sento.
il mio corpo si ribella. (pennellate atomiche in schizzi anomali)
tira una brutta aria. (caldi spifferi d'afa dileguano la mia tranquillità)
farai una brutta fine! (sono in ritardo.. sono in ritardo... sono in ritardo...)

non ammetto la tristezza. (non piango da mesi e mesi)
vivevo felicissimo! (non piango da mesi e mesi)

non è la depressione. è l'aria di chiuso... (voglia di violenza)
è troppo tempo in casa... (bisogno di violenza)
sono le mura domestiche... (istigano violenza)
è la voglia di scappare... (acutamente vorrei essere altrove)
perchè fuori è tutto meraviglioso... (voglio altrove, altrove)

(respiro) va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene, (respiro)
(respiro) va tutto bene, va tutto bene, (respiro)
(respiro) va tutto bene, (respiro)
va tutto bene (non c'è mai fine)

noccioline e tabacco... non vedo l'ora di essere terra...
contatto naturale... contatto irresistibile...

non so resisterti... (perchè dovrei(?))



Natural Dementia
RK

il negozio di giocattoli

Nel negozio di giocattoli c'era di tutto: stelle filanti, coriandoli, pupazzi di pezza, marionette di cartapesta, soldatini, plaistescions, icsbocs, scarpe con le molle, diari segreti, puzzles, fluttles, grubbles, bubbles, glasgow e marbles. C'erano personaggi dei fumetti, peluches, portacellulari, ogni tipo di peluches, giraffe meccaniche, montagne di peluches, una quantità impossibile da calcolare di pezzi lego, acari e acari di peluches, il meccano! Il playmobil, e la pupazza americana tutte curve. C'erano chitarre finte, giochi di società: "risiko", "rosiko", "te squarto", "monopoli", "hotel", "sei amico mio ma te odio se c'hai Parco della Vittoria", "te vojo bene ma se m'entrano sti tre sei te levo er Brasile", "tabù", "cucù", "mazzabubbù quantecorna ce stanno qui sù?".
Nel negozio di giocattoli c'era un simpatico giocattolaio. Un uomo tanto dolce ma con un problema solo: l'unto riporto mocio vileda style. Per il giocattolaio il riporto era più importante che per un'insegnante di matematica alle elementari. Lui con quello spudoratissimo e appiccicaticcio riporto si sentiva ridicolo, ma senza, era come una donna che pur di gonfiarsi le labbra le avvicina ad assomigliare a due tumori della faccia
Era un negozio molto fornito, e i bambini ci venivano a giocare. E il negoziante, così cordiale e così generoso, faceva pure in modo che i bambini giocassero liberi e incontrastati, con tutta la loro veemenza puerile e la loro spavalderia tipica del bambino nato a cavallo degli anni novanta che somiglia sempre di più al prototipo di Orwell descritto in "1984"...

e io non la prenderei troppo sottogamba sta cosa!
e io non la prenderei troppo sottogamba sta cosa!
e io non la prenderei troppo sottogamba sta cosa!

Il giocattolaio faceva in modo che tutti i bambini strappassero le mani alle marionette, spargessero i lego in ogni anfratto e direzione, e mamma lo sa che vuol dire trovare pezzi di plastica per tutta casa! Faceva sì che delle belle pupazze americane rimanesse solo un manichino nudo con i capelli aggrovigliati, perchè la barbie fa così... si fa comprare, si fa spogliare, e poi ci manca solo che dopo ti chiede: "Sigaretta?".
Fu così che il giocattolaio ogni giorno doveva ri-sistemare tutto per il giorno successivo, un casino che voi non vi immaginate ogni santissima notte, consapevole che il giorno dopo avrebbe fatto la stessa cosa, e il giorno dopo pure, e quello dopo pure, alimentando una spirale di disperazione che poteva portare solamente ad un punto invisibile al centro di essa, che però vorticoso ed incessante andava proprio a finire lì dove l'ignoto si tuffa nel nero, e dove il dubbio e l'incertezza spadroneggiano incontrastati.

Dopo sei settimane chiuse i battenti e si sparò.
Dopo sei settimane chiuse i battenti e si sparò.
Dopo sei settimane chiuse i battenti e si sparò.

Morale: non importa che tu parta con tutte le buone intenzioni, e con tutte le risorse possibili, e con tutto lo slancio a fare del bene, e con tutto il piacere di dare tutto subito: se sei un giocattolaio col riporto bisunto con tendenze un po' pedofile e fai un lavoro di merda...

alla fine morirai!
alla fine morirai!
alla fine morirai!

Natural Dementia
RK

mercoledì 4 giugno 2008

Tristezza: vie di assuefazione per non sublimarla in rabbia

C'è un luogo nella mente, dove tutto è più nero, più grigio, più sfumato. Quel luogo, attaccato alla memoria, si trascina sensazioni passate, contamina il presente, rovescia il nostro giudizio, lasciandolo ancorato alle cose vecchie, alle cose andate. E' un luogo di sogni e di ritorni, di incubi che mangiano, ingoiano, appestano la mente.

L'esperienza dal passato.
La paura del presente.
L'insicurezza nel futuro.

Quante parole inutili si sprecano.
Parole al vento...
Parole di carta che prendono fuoco appena il fuoco le sfiora.

- io sono qui ora, domani non esiste, domani è roba d'altri, non di noi.
- vivimi ora, e prendi ciò che vuoi...
- di cenere sono i miei pensieri, quando il vento soffia si disperdono in mille spire di caliginose nuvole.
- io ti maledico/venero dal giorno in cui il tuo odore si è impossessato di me.
- prendimi adesso. perchè non so quando crederò di fare a meno di te.

fai a meno di me, come faccio io. non sono necessario, nè per te, nè per me.

non sono necessario

preludio 1:
il saggio disse: fai male solo se è l'unico mezzo, solo se il male viene usato contro di te.
il monaco disse: se ti viene fatto male, non reagire.
l'uomo disse: fai male prima che ti venga fatto del male.

perchè l'uomo ha paura, il monaco è uno stolto e il saggio un arrogante.

preludio 2:
di seta e di cera la pelle tua, in finestra io vedo il tuo viso. m'aspetta, mi saluta, mi sorride. di carne sono i pensieri tuoi, di carne e come carne li vedo sanguinare. nelle spire tristi di fumo denso che esce dalla tua sigaretta, incrocio gli sguardi che tanto mi ammaliano e mi dilaniano.

eppur sono distante.

- intermezzo musicale -
FINE

(Natural Dementia)
RK

sabato 31 maggio 2008

saturazione

- cercherò di essere il meno chiaro possibile -

sensibile alla pressione.
barometro.
più sensibile...
SENSIBILE
minima variazione manda in saturazione.
minimo cambiamento prelude mutamento.
SENSIBILE

chiudo gli occhi e non sogno mai più
poggio le dita sui tasti
piano... piano... piano...

lunedì 26 maggio 2008

CAVEA

occhiate distratte su un foglio e
bambini in frastuono giocoso.
in spire di fumo contemplo
il lento mutare del tutto.

- chi sei?

aerei solcano un cielo diviso
tra piombo e nuvole immobili.
mi perdo a seguire una corsa di bimbo
che dietro un piccione disperde risate.


note orientali distraggono
lento cadere di suoni

la luce svanisce nella linea del tuo profilo gentile.
perso a spiarti tracciare disegni,
non penso a null'altro.

maledetto tarantino

Beatrix Kiddo ha appena sconfitto Bill alla spada, e gli ha eseguito la "tecnica dell'esplosione del cuore con cinque colpi delle dita" con lo sbigottimento ammirato di Bill.

- pai mei ti ha insegnato la tecnica dell'esplosione del cuore con cinque colpi delle dita?
- certo.
- e perchè non me lo hai mai detto?
- non lo so. perchè sono una persona cattiva.
- non sei una persona cattiva, sei fantastica, la persona che preferisco. solo che a volte, sai essere una gran troia!

kill bill 2

domenica 25 maggio 2008

la vera forza

Buongiorno blogghisti di tutto il mondo!
Mentre il "Magical Mistery Tour" suona, e mentre in questi giorni succedono cose (importanti), il mio cervello riflette. Come uno specchio. Lo fa di natura, è nato per quello... perchè mi faccio sempre (le stesse) domande. Mi riguardo indietro, come fa ogni persona dotata di senno (mica sono Orlando), per guardare meglio avanti, per non restare ancorato ad un presente che non finisce mai.
La vera forza... forse in passato mi sono arrogato il diritto di capire dove essa risieda, ma capisco che la vita non è darsi risposte, ma è evitare di smettere di porsi domande, perchè per successive esclusioni, come in un gioco a quiz, la risposta salta fuori.
Cercavo l'equilibrio. Ho toccato entrambe le estemità: l'amore totale, e l'odio totale. O comunque il rispetto incondizionato, e la più totale ribellione. La saggezza popolare dice che la verità sta nel mezzo, e sta maledetta saggezza, ogni tanto tocca starla a sentire. Non a caso mia nonna campando per proverbi ancora sorride... nonostante la sua vita piena di difficoltà.
Quindi azzardo un altro tentativo: la vera forza, è la forza della mediazione, della pazienza, ma anche dell'impulso, dell'impeto. La vera forza è la cura, che destiniamo a ciò che facciamo, è la dedizione, è la capacità di scavalcare ogni ostacolo, per quanto doloroso possa essere, per raggiungere ciò che vogliamo. Il come ci riusciamo è una questione morale che non rientra nel discorso che voglio fare.

Strawberry fields a tutti!

RK

venerdì 23 maggio 2008

finisce la tempesta

sei la quiete,
prima o dopo la tempesta?
due tipi di quiete tu sei:
rassicurante e insopportabile.
una è un'attesa, l'altra un'agonia.

maledizione e consacrazione,
eterna condizione del poeta smozzicato
da se stesso un po' affamato
d'attenzioni che non giungono!

non c'è stasi, non c'è equilibrio.
ci governano delle forze
in eterno mutamento.

noi.
siamo.
mutamento.

il giorno prima. il giorno dopo.
un giorno pioggia e l'altro sole.
per ora, finisce la tempesta.

Oh! Darling

Oh! Darling, please believe me
I'll never do you no harm
Believe me when I tell you
I'll never do you no harm

Oh! Darling, if you leave me
I'll never make it alone
Believe me when I beg you
Don't ever leave me alone

When you told me you didn't need me anymore
Well you know I nearly broke down and cried
When you told me you didn't need me anymore
Well you know I nearly broke down and died

Oh! Darling, if you leave me
I'll never make it alone
Believe me when I tell you
I'll never do you no harm

When you told me you didn't need me anymore
Well you know I nearly broke down and cried
When you told me you didn't need me anymore
Well you know I nearly broke down and died

Oh! Darling, please believe me
I'll never let you down
Believe me when I tell you
I'll never do you no harm

martedì 20 maggio 2008

disperato retorico aneddoto

un pescatore stava sulla sua barca, e aveva alla lenza un grosso pesce.
felice della sua cattura, cerca di stancarlo un po' prima di tirarlo in barca.
ci gioca, ci gioca, ci gioca; per essere sicuro di averlo preso temporeggia.
il pesce con un colpo spezza la lenza e fugge.
il pescatore lo guarda triste, riacciuffa i remi, e lo insegue mentre la sua pinna
scompare verso il tramonto.

morale: puoi pure giocare con ciò che ti fa sentire sicuro, ma se non acquisti un po' di umiltà, e capisci quand'è il momento giusto per godere dei frutti delle tue fatiche, ti troverai con nulla in mano, e dovrai farti un culo così per raggiungerlo di nuovo!

venerdì 16 maggio 2008

blackout

un rumore di sirena
(è)
un rumore di sistema
sistema operativo che va in crash.

sistema costituito.
potere costituito.
dolore costruito.
punti e virgole.,.,., perchè?

strutture.
infrastrutture.
impalcature.

non leggo,
non studio,
non produco,
non lavoro,
faccio altro:
vado in crash.

torno tardi e quando nelle strade buie sento un minimo rumore,
mi racconta,
dove viene.
le persone che io incrocio nell'andare senza meta dei miei giorni,
le racconto,
mi sorprendono.
le storie che mi vengono spontanee e deliranti nei miei post,
mi raccontano,
sono false.

io millanto
me bugiardo
finto artista
forse vuoto.

tutto questo è impalcatura
costruzione sopra niente
delirio incessante d'esibirmi

"la realtà per come appare
è mera convenzione
impalcatura sensoriale
di banale relazione"

(l'ha già detto schopenhauer)

- natural dementia -
RK

mercoledì 14 maggio 2008

notturno

da solo trovai la mia strada,
e da quel giorno tutto cambiò.
psicosi o nevrosi d'esser aiutato,
da solo le ali ho spiegato.

ADESSO VOLO!

venerdì 9 maggio 2008

dondolante pallido blues

mi serve un attimo.
dottore, dammi un acido.

datemi un attimo cazzo!
non ci sto capendo molto...

mi serve un medico.
ho lo stomaco cabrio.

mi serve un attimo, un medico, un acido.
oppure oggi faccio una strage!

ho voglia di dormire fino a ieri.
per non svegliarmi un giorno ancora
col tuo maledetto "no!".
baby. (beibeee)

oh baby... (oou beibeeee)

mi serve un acido.
per allenare lo spirito.

mi serve un medico.
altrimenti adesso vomito.

datemi un pallido stanco blues
e non vi chiederò più....
....NIENTE!

ho voglia di svegliarmi ancora accanto a te-
baby. (beibeeee)

ma questa stanza puzza ormai di ricordi.
nel letto vuoto sono restati i rimorsi.

necessito un acido.
per riappacificare lo stimolo.

io voglio un prestito.
d'amore e baci, poi tiettelo!

mi serve un medico.
e vaffanculo il resto.

ou ieeeeea.


RK - Natural\music\Dementia

giovedì 8 maggio 2008

A C do

micro trascend.
per pelli sensibili.
nuova formula.
ancora più delicato.
con xilitolo.
scegli il meglio.
sapore vero.
guarda papà, un pollo!

guardami sono il più bello,
toccami sono la più sexy,
leccami sono il più buono,
comprami sono quello che ti serve.

SODDISFERO' TUTTI I TUOI BISOGNI, (è vero! io lo farò!)
sono il PRODOTTO! (quello di cui hai bisogno più dell'aria, dell'acqua e dei diritti civili)
mia madre, la PUBBLICITA',
mi accompagna strillando: prendi mio figlio, prendi mio figlio, prendi mio figlio...
COMPRA MIO FIGLIO LUI TI SODDISFERA'
TI PIACERA'
TI AMERA'
TI RIEMPIRA'
TI FARA' GODERE

NON AVRAI NESSUN ALTRO PRODOTTO AL DI FUORI DI ME!

Natural - rebel - Dementia
#RK#

mercoledì 7 maggio 2008

solo dolore

- perchè non mi parli?
- ormai non ho più niente da dirti.
- prima mi raccontavi tutto di te. mi tenevi ore a parlare. e poi che significa "ormai".
- evidentemente, come tutto, sei diventata l'ennesima manifestazione di qualcosa che non riesco più a tollerare.
- tu sei rimasto un ragazzino di quindici anni. non accetti le obiezioni.
- il problema è che tutto l'amore che avrei potuto darti. è diventato solo odio. proprio ora che ero arrivato ad un millimetro dal capire.
- tu non hai amore, tu hai bisogno di sentirti inebriato, e fingi di amare.
- è come una droga.
- e tu sei la mia droga evidentemente.
- non renderti ridicolo.
- tutto quello che avevo...
- avresti potuto darlo senza pretese, quello è amare.
- io non so se tu sei cattiva, oppure se sono io che non ho capito assolutamente niente dalla vita.
- probabilmente sono vere entrambe.
- sono uno stupido.
- non cominciare a commiserarti! oh basta mi hai stufato!
- ecco vedi, prima mi illudi e poi mi fai sentire usato e inutile. ti odio!

questo è amore!

Natural dementia... mica tanto... ordinaria follia..
RK

lunedì 5 maggio 2008

dopo tante chiacchiere..

un po' di sani fatti accaduti.
giovedì 1 maggio.. concerto a s.giovanni... giri in giro per roma, e porca eva i baustelle che mi cantano celentano con irene grandi... non voglio discriminare... forse un po' si!
encomiabili i soliti animali da palco subsonica, e un po' sottotono afterhours, che però hanno fatto zompare un bel po' di gente!
sabato 3 maggio, per le strade di roma, scortati dal gentile corpo di polizia dello stato, ha avuto luogo la celeberrima Million Marijuana March. uno spettacolo di musica, gente e colori.
persone balerecce che sfilavano senza timori; un susseguirsi di carri che sparavano musica in ogni dove. affaccianti abitatori di case e alberghi alcuni sbigottiti altri sbandieranti feliciotti di vederci passare, chi storceva il naso che cantava marley con noi.
domenica 4 maggio, nel parco degli aquedotti, giochereccio, rilassante, piacevole, solare...
in questi giorni si sono scontrate realtà differenti della mia vita, per la prima volta ho fatto incontrare le varie sfaccettature del mio essere, atraverso le persone che conosco, il risultato è stato interessante...
ora sta accadendo un fatto... sono in biblioteca a lavorare, e il kebab malefico di ieri sera mi grida vendetta in corpo!
solo felafel d'ora in poi...

sabato 3 maggio 2008

strade

"vorrei scrivere qualcosa di serio e sensato per descrivere tutta l'ansia e l'angoscia e l'inquietudine, ma non me va proprio de stà a perde tempo con la tristezza.
de che dovrei essere depresso? sono ggiovane e aitante, le donne cadono ai miei piedi, ho amici parenti e tanti gguai, tante ggioie, tante ffelicità, eppure... sarà quell'alone di insoddisfazione che investe ogni uomo... a me m'investe e poi mette la retro. poi la prima, e poi la retro, così, tanto per essere sicuri.
incredibile come riesca sempre a cercare di capire da dove arrivano i comportamenti degli altri, del mondo! e poi quando si tratta di me... non faccio mai uno sguardo all'indietro. cos'è? supidità? presunzione? cecità? mancanza di obiettività?
COS'E'? accidenti!"
il tavolo da cucina era pieno di coltelli lunghi e affilati.
in salotto regnava scompiglio e disrodine.
polvere, un po' dappertutto.
nel frigo qualche cosa di commestibile, ma niente di soddisfacente.
l'amaro in bocca, poco/troppo sonno...
tante, troppe, promesse da mantenere. promesse che in fin dei conti, non erano per niente interessanti da portare a termine.
"mi do questo finesettimana per imparare a focalizzare di nuovo. per rimettere a fuoco le immagini, per tornare a vedere i colori.
dannate tossine, vi siete impossessate di me. comincio a capire, comincio a credere che non sia tutto inutile. non ho più bisogno di voi, non posso, non voglio averne più bisogno."
il sole era alto, stranamente stonato con il contesto. quel clima primaverile, non era in sintonia con l'umore. avrebbe dovuto piovere a dirotto. piovere come non mai. si sarebbero dovuti alzare gli alberi, sradicare da terra e frustarsi contro qualche bel balcone adornato di piane e tanto altro.
i fulmini avrebbero dovuto striare il cielo senza sosta, e la pioggia copiosa avrebbe dovuto scrosciare infangando strade e canali.
c'era il sole, tutto friggeva al cinguettio del caldo giorno, mentre se lo sentiva addosso come un vestito stretto. quella maledettissima bella giornata!
"marzo è già passato, giunge maggio, e giugno si avvicina. questo cilcico riciclo del tempo mi fa sussultare. è ciclico il moto, è ciclico il tempo, è ciclica la storia, gli eventi. avrei voglia di attimi di pace e di sana introspezione."
distante il suono di una campana giungeva. stonava, con tutto.
stonava, stonava, stonava.
acqua, luce, il mio corpo lamentoso, un libro mai finito, tabacco, cianfrusaglie, fogli pieni di appunti, musica nella testa, mal di pancia, sapore d'amaro in bocca.
mal di testa.
fine di un sogno, l'ennesimo, arrendersi al fatto che tutto prima o poi quadrerà. "andrà tutto bene!" continuava a ripetersi, continuavano a ripeterglielo tutti. "una persona come te..." chi è una persona come me? sicura che tutti la stimino, senza un briciolo di amore per se stessa? che persona è una persona come me? una persona senza stima...
autoanalisi, ne ho bisogno.
autoanalisi.
auto - analisi.
ho ricevuto una mail di una persona importante, in un giorno qualsiasi. ne sono stato felice. mi sono svegliato tornando da un sogno tremendo. ne sono terrorizzato. devo arrendermi all'emotività che vince sempre su di me? il controllo, cos'è? è necessario? per chi e per cosa?

- SEI FUORI CONTROLLO
- HAI TROPPI SBALZI D'UMORE
- SEI LUNATICO
- DOVRESTI ESSERE PIU' STRONZO
- NON CI PIACCIONO QUELLI A BRIGLIA SCIOLTA
- NON SA STARE COI PIEDI PER TERRA
- SEI TROPPO BUONO
- COMINCIA A PRENDERTI LE TUE RESPONSABILITA'
- DEVI SCENDERE A COMPROMESSI
- SI APPLICA MA POTREBBE FARE DI PIU'
- SEI UN SOVVERSIVO!
- SEI UNA DELUSIONE...
- NON SEI LA PERSONA GIUSTA...
- HAI SEMPRE LA TESTA FRA LE NUVOLE

(gridando) E ALLORA????
(più pacato e rilassato) io la testa fra le nuvole ce la lascio. almeno lì riesco a respirare...
io me ne sto per la mia strada...

#RK# Natural Dementia

lunedì 28 aprile 2008

camminare... metablog

ho perso un pensiero, disperso, si è illuminato per un minuto, poi è svanito...
io cammino in sterminate valli vuote, di pensieri incolti...

qualcosa che parlava di me e di te, o di me e degli altri. diceva più o meno che non vorrei mai stare in una situazione, senza che io sia predisposto, ad accettarla. questo complica moltissime cose, perchè effettivamente, ci sono delle circostanze in cui non vorremmo essere, ma almeno la metà delle volte, ci capitiamo senza neanche accorgercene. senza neanche volerolo, senza nemmeno cercarlo. "non vorrei mai stare con voi se non ho nulla da dirvi" nasconde qualcosa che non mi piace. per questo esiste un posto dove posso parlarvi esattamente appena posso dirvi qualcosa. quando sono nel culmine dei miei pensieri, quando lo voglio condividere con il mio intorno preferito.
avevo un pensiero stasera, ammantato di bealtes, personaggi stravaganti che mi capitano nella vita, amici, pensieri, domande, strade che si percorrono centinaia di volte, bagliori notturni perduti a cercare un perchè alle strane pieghe dei nostri racconti, delle fantasie. capire se lì c'è un momento chiave, una formazione, una creazione. se lì, dalla fecondazione del pensiero con la fantasia, nasce qaualcosa, se ha vita propria, se esiste in un mondo, nel quale non è dato entrare nella sfera del percettibile. quello è la lettera, quello è il testo. è pura immaginazione consequenziale data dal susseguirsi di simboli e significati, e non è niente di più che una sequela di immagini inesistenti, frutto della mente.

ho perso un pensiero, disperso, si è illuminato per un minuto, poi è svanito...
io cammino in sterminate valli vuote, di pensieri incolti...

Natural Dementia
#RK#

giovedì 24 aprile 2008

nuovi antidoti per sisifo

si sta in cerca come a fiutare sempre un nuovo odore, un odore familiare, qualche odore nel quale ci si possa rispecchiare, abbandonarsi. sono in cerca di un antidoto alla rabbia, che mi sale nella gola ad amareggiarmi. caffè amaro sul comodino. ritmi amorfi nel cervello, martellante incessante voglia di non pensare. i giorni scorrono sempre più affolati di cose da fare per abolire la meditazione, la razionalizzazione. la paura non abbandona mai questi tempi. tempi di omicidi, di indifferenza, di morte e di cieli neri che sanno di un futuro che tarderà ad arrivare radioso. è l'indirizzo di questo mondo? il dubbio principale che mi pongo quando resto basito da quello che vedo. sarà una forma di paranoia, di depressione generale, sarà una maledizione? un rito diabolico, una punizione divina, o forse sarà il "mal de siecl"? o come dannazione si scrive? in francese le uniche parole che conosco sono: bonjour, bonsoir, madame et monsieur, mademoiselle, Truffaut, Godard e Chabrol! Jean Paul Belmondo, e oui, je souis Catherine DeNeuve. poi qualche altra, tipo "princesse"...
scopro che più i tempi si fanno nefasti, più tendo a trascurare. trascuro tutto ciò che sa farmi stare bene, ciò che mi equilibria. sempre a scapito di piccole consuetudini tendo a scegliere la grande felicità (e comincio a dubitare che esista), sbilanciandomi verso un sempre ignoto salto in avanti. cado sempre a faccia a terra, non fossero metafore queste, sarei sfigurato... non fossero metafore, smetterei di picchiare la faccia...
il caffè faceva schifo, davvero schifo. era amaro. come certe sensazioni che ti risalgono dalla pancia alla gola, e poi riscendono nell'anima, e la sporcano, facendomi sentire ogni giorno sempre più arrabbiato, sfiduciato, contagiato, da questo maledetto dolore generale, che ci terrorizza tutti. la paura di perdere la mia unicità è tanta, la paura di non reggere, di constatare che il mio posto l'ha già preso qualcun altro. mentre io faccio la fila insieme a tanti, che disperatamente non sanno davvero cosa vogliono. non vi nascondo che vedo tutto andare alla deriva, tutto inutile, ma mi piace lo stesso. in questo effimero portare avanti la pietra su per la scarpata.

elio docet:
la tristezza vien vissuta come un valore negativo
mentre invece va vissuta come un valore positivo
non commettete l'errore di denigrare la tristezza

in questi tempi in cui sembra che si debba essere tutti felici e soddisfatti, in quest'epoca sintetica, finta, fatta di finti sorrisi, di ipocrisie malsane, di atteggiamenti deplorevoli...

la questione è che i miliardi fanno passare la tristezza

non si dovrebbe essere felici per quello che si ha...
quando tutto questo collasserà, io stapperò la bottiglia di "moet e chandon" che tengo sotto il letto, a prendere polvere insieme ai puzzle di mia sorella.


volete sapere la verità?
è che me so rotto er cazzo!

mercoledì 23 aprile 2008

saturo cerco di sublimare

la rabbia, è un'ottima compagna.
ma fa male.
la rabbia copre la tristezza.
ma è dolore.
meditare di più.
pensare di più.
illudersi meno,
che fuori, il bello
c'è solo se riusciamo a vederlo.

martedì 22 aprile 2008

4 passi al freddo

Irruppe nella casa con fragore. Puntò la pistola in faccia alla donna accovacciata in un angolo buio della casa e le impose: "donna, dimmi dov'è tuo figlio!" mentre lo chiedeva sapeva che avrebbe dovuto spararle. Una donna disperata non tradisce il proprio figlio.
"devi dirmi dov'è tuo figlio. deve pagare." la donna dondolava e piangeva in un angolo. piangeva e lo guardava con due occhi imbalsamati, che hanno poco da dire e niente più da guardare. dopo aver visto l'orrore, ne erano rimasti accecati, ne erano rimasti abbagliati, tanto che dopo quello, non avrebbero mai più smesso di essere sbarrati e fissi nel vuoto.
"è di sopra?" le chiese indicando con la pistola le scale. la donna piangeva e dondolava. era un triste soprammobile in un angolo. qualcosa che qualcuno aveva dimenticato di curare, un fiore in un vaso che vive ancora solo perchè ogni tanto ci piove dentro.
"non ti voglio fare male donna. dimmi dove si nasconde!" a che serviva più ormai quell'ammasso di carne? quella carne che ormai faceva da contorno ad un'anima senza più niente da amare, niente più che disperazione impacchettata in un ormai inutile involucro organico.
che fare? la donna poteva anche fingere, gli era già capitato di vedere donne in quello stato che quando ti giravi tiravano fuori il kalašnikov da sotto la veste nera e consunta. ne aveva viste tante ridotte così per poi vederle esplodere in una rabbia incontrollabile. che fare con quell'ammasso inutile di carne? per lui era già morta. le sparò un colpo in fronte, sperando di non averla fatta troppo soffrire. si sentì sporco e meschino come un ratto che morde un bambino candido e puro, dentro casa sua, sfondando la porta, aveva strappato l'ultimo soffio di luce in quella donna.
era la guerra, e non si fanno domande quando si preme il grilletto, non ti fai troppe domande quando tutto intorno a te è distrutto e inutile.
salì le scale, con circospezione, il revolver caldo, vicino alle labbra, avvertiva il calore e la puzza di sparo nell'aria. quella puzza che durante gli scontri per le strade, ti si infilava nel naso e non ti faceva più respirare. dovevi trattenere a stento il vomito tra le emissioni dei cadaveri in giro e quello delle polveri di guerra. la guerra puzza. la gente in guerra puzza come animali. e non c'è niente di strano in tutto questo.
le scale portavano ad un corridoio buio e malandato. forse aveva sbagliato casa, aveva ammazzato una donna innocente. una in più una in meno, non avrebbe fatto la differenza. che stronzata la guerra. mentre camminava lento nel corridoio, attento a non far scricchiolare le assi marce del pavimento, pensava che tutto quel gioco era un'assurdità. Si entrava nelle case, si sparava alle persone, gli si strappava con la forza quello che nessuno aveva ancora capito.
una porta si aprì di schianto.
sentì forte e chiaro il rumore del naso che si rompeva, il sapore metallico di sangue che esplodeva nella gola e scendeva come olio caldo giù nell'esofago. aveva già sentito quel sapore. erano le esperienze di una vita difficile. sapevi che sapore aveva il sangue, e lo riconoscevi subito.
la porta si aprì di schianto e lo colpì forte sul viso. per un attimo tutto si annebbiò. vide una figura che usciva dalla porta e gli si piantava davanti. era sicuramente armato. una fucilata di quello che probabilmente era un fucile a canne mozze artigianale, gli portò via l'uso della mano che teneva la pistola. forse gli portò via la mano, del tutto.
che schifo la guerra, pensò. me ne sto per andare col sapore del sangue in gola, con un braccio mutilato così velocemente da non capirne neanche il dolore, e coi sensi di colpa, per aver ammazzato una vecchia che della sua vita a veva fatto un gomitolo di disperazione. indistricabile come quel problema che aveva generato quella guerra. era così indistricabile?
continuano a tirare i fili, e quando non riescono a dipanare il bandolo della matassa, tagliano i fili della vita, come parche armate di fucili, di bombe, di coltelli, di razzi, di armi d'ogni genere.
se ne andava così, sopra le assi marce di quella baracca, non avrebbe dovuto sparare alla vecchia, sicuramente di sopra avevano sentito lo sparo. doveva dire una cosa a sua moglie, avrebbe dovuto dirgliela l'ultima volta che la vide. doveva portare un carico importante al comando, doveva fare un mucchio di cose, ma non si ricordava più niente. doveva trovare un tizio. ma a quanto pare il tizio aveva trovato lui.
su quelle assi marce il suo corpo sussultò per l'ultima volta, un'altra raggera di pallettoni d'acciaio esplose dal fucile di quella sagoma nera che svettava nel buio come un giudizio divino. e poi un dolore così forte che il corpo ne era immobilizzato, il calore dei suoi liquidi che se ne scendeva sul corpo, ovunque, e poi un dolce freddo, ipnotico e cullante. poi, niente che la mia fantasia possa raccontare... di sicuro, di lui, non c'è più traccia qui.

domenica 20 aprile 2008

troppi numeri falsano la verità

Rileggo il blog...
lo rileggo e lo rileggo, per capire se c'è una continuità, se c'è qualcosa che non va, per capire gli stili, i momenti, le intenzioni. L'andamento, per studiarne le funzioni. e qualcosa è cambiato da ste parti!
Noto che è privo di commenti, da un po' di tempo a questa parte, perchè i miei post diventano folli, malsani, graffianti, e lasciano senza parole! Preferisco mille silenzi, a mille frasi di circostanza.
Conto quante "lei" si sono susseguite in questi anni, sono troppe. E mai abbastanza, per fare un po' di humor.

Un bambino cattivo con la sua fionda, rompe i vetri del mio cervello.

Stasera sono uscito da teatro, dopo aver rappresentato con successo lo spettacolo al quale lavoro da tempo, appaio per tre volte nei titoli di coda.
ieri l'altro mi hanno pubblicato il libro online.
Da qualche tempo ho conosciuto tanta gente, e ho mandato in porto nuovi progetti.
La mia vita gira.
Gira bene, e gira meglio e peggio, ovvio... la mia vita è una!
Faccio ciò che voglio, mi prendo degli impegni, mi assumo dei piaceri.
Coltivo con amore, ogni cosa che intraprendo.

Solo una cosa, manca perchè tutto sia perfetto.
tutte quelle lei di cui scrivo senza sosta
non si sono mai palesate.
solitudine, questo è il mio male.
toglie il piacere,
toglie la voglia,
toglie la gioia.

sopratutto dopo aver creduto (finalmente) di averla trovata...
e invece io ritrovo te... solitudine

p.s. mettete a palla RK RADIO!

riflessioni sul libero arbitrio

è vero che una vita intera porta alla saggezza?
è vero che una vita affannata porta all'esperienza?
cos'è però che ci fa capire cosa siamo, e ci fa leggere dentro?
la riflessione o l'azione? (filosofia)
la riflessione sulla nostra azione? (religione)
il confronto delle esperienze?
aver riuscito in quello che si voleva, eppure esserne insoddisfatti.
sempre.
malattia, depressione, scontento generale, perfezionismo, patologie comportamentali?
dov'è giustizia, dov'è la scelta, se bianco e nero si equivalgono?
se male e bene allo stesso modo mi attirano?
chi non s'accontenta soffre.
la scelta, è l'unica forma di libertà che possediamo.
il maledetto libero arbitrio.
e di stare nel mezzo, non ne ho voglia.

domenica 13 aprile 2008

troppo sale nell'acqua - tossine

Cof cof. colpi di tosse cof cof
mille tossine ballerine mi amplificano la tosse.
tossine della tosse.
tossaccia, tossica e tracimante tossicità.
La mia febbre è un'agonia.
lo chiamo, lo bramo, lo cerco. la panacea per tutti i mali.

tosse tosse, cof cof, tossine a non finire.
nel thè, nel caffè,
nel tabacco, e thc.
grappa, vino, birra, rum.
la tequila!
TEQUILA! ballo samba e stralunando, sol scrivendo io rinasco.
sol scrivendo io rinasco!
ballo samba e rock 'n roll.

tosse tosse, cof, cof,
non è sintomo d'infetto,
è tosse complicata,
dalle zampe di un insetto nella gola
pare generata.
fa cof cof, ed è un conato,
avvisaglia di un malore
che io tengo dentro al - cof -
è un conato, da fastidio.
mi disgusta.
ANSIA ANSIA MALEDETTA!!!
IO TI ODIO PIU' DI ME!

Cof Cof COF COF COF!
la tristezza non è più di questa mente,
RABBIA RABBIA!!
si scatena solo rabbia, e un po' di malinconia.
amica mia,
amica mia.

tu sei sola amica mia, che rimani al mio cospetto
solo tu la compagnia, di una lacrima nel letto,
tu sei ormai l'amore mio, malinconia.
Alla luna che romantica visione: COF COF!
Come un lupo auuuuuu auuuuuuu
a lei dedico il mio urlo desolato nella notte... auuuuuuuu

nemmen dormire nel mio letto più vorrei,
steso in strada, a soffire per davvero resterei.
che se piove non mi importa. NON MI IMPORTA!
sol scrivendo io rinasco, eppur se dentro piango,
il sorriso non mi tolgo! non gli do questo tributo!

Mi ricordo: son guerriero! e lo sono per davvero.
le ferite ormai ci sono, cicatrici a non finire,
la tristezza che passò, ora è un vanto d'esperienza,
mai più piango, perchè lì non c'è il rimedio.

Vi ho sfinito, ma sorrido.
disperato, per davvero, come solo io so fare
io sorrido.
per mai più cambiare.

troppo sale in questo mare.
io muoio sempre un po' quando assumo le tossine.
le tossine fan cof cof... anche se son piccine...
mi diverto hihihi! ridacchio.
sol scrivendo io ritorno quel che mai mi stanca,
sol scrivendo io disciolgo questo male.
e scrivendo e pubblicando, dividendo queste pene,
io sto meglio. lo racconto a voi lettori,
non per farmi consolare, ma perchè l'arte mia è fatta
di segmenti di tristezza che mi strappan via dal corpo
la mia sola abilità.
Di giocar con le parole, io ho questa presunzione,
di saper come sfiorare, ogni corda di passione.

di veder mondi creati solo dalla mia ragione,
che confesso da un po' d'anni
sembra andata ormai in pensione.
io ci gioco, e ci rigioco, fino a quando on mi stanco.
cambio stile, ma rimango, fedele a quell'amica mia.
cara, semplice, bastarda, sola mia malinconia.

ma ridacchio!

COF COF COF!