lunedì 16 febbraio 2009

Filastrocca delle 3:00

Sotto il ramo di un gran pino
se ne stava un uomo basso.
Sol distratto da un bambino
alto, unto, rozzo e grasso.
Lui giocava col pallone,
spaventando tutti quanti:
cani, papere e persone.
"Va trattato con i guanti!"
disse l'uomo basso e fiero,
"Stupirò tutti gli astanti,
quanto gli sorriderò sincero!"
Ma il pupone disgraziato,
di sorrisi era straniero,
dopo averlo ricambiato
poi gli fece un occhio nero.
"Maledetto bamboccione!
Se ti prendo ti salasso!
Pensi di recarmi pena,
col tuo fare da gradasso?"
Pum! Un calcio ben piazzato
nel di dietro del ciccione.
Che rimbalzo sul pedone!
Si trovò disorientato!
"Così impari monellaccio!"
Disse l'uomo un poco basso,
e ridendo sotto il baffo,
se ne andò via di gran passo.

RK

martedì 10 febbraio 2009

aldilà della forma oggettiva

Sento come un desiderio di settorialità. Un inscatolamento degli eventi.
Più riconducibile ad una tendenza generalizzata di duopolizzare gli avvenimenti.
L'oggettivazione di sistemi soggettivi.
Come può un'istituzione, formalizzare i comportamenti soggettivi degli individui?
Si ricade nella spirale del giusto, e del suo contrario, dettati sostanzialmente da una cultura popolare, delineata da millenni di storia. La nostra cultura oggettiva è la risultante di centinaia di scelte. Un continuo effetto farfalla, che ha portato dal caso della "notte dei tempi", ad un sistema complesso di cui sconosciamo le origini, e del quale ignoriamo la sua equazione.
La creazione ha migliaia di teorie, nessuna provata, e la scienza, per quanto possa guardarsi indietro, non può ancora misurare gli eventi passati con la precisione con cui osserva i fenomeni contemporanei.

Esco dal cinema, e i rumori che vengono da fuori, mi sembrano un indescrivibile tutto. Dei tamburi dalla piazza, delle grida della gente, gli schiamazzi le risa, l'effetto doppler dei motorini, tutto mi sembra fuso in un unico rumore; così gli odori, si mischiano in un'unica essenza, asfalto, cani, vino, persone, sigarette, piscio, acqua. Così la vista, mi torna utile solo come organo di percezione. Non distinguo con profondità ciò che mi si para innanzi, ma un quadro, un olio su tela dalle impercettibili sfumature. Esco dal cinema, e la mia mente è incapace di stare con la realtà. di ricominciare a vivermi.
Ho visto Valzer con Bashir, e ho pianto, di un pianto incontrollabile, di un pianto fatto di rabbia, di dolore. Un piano che ho provato solo a certi funerali, quel pianto che sa di espressione univoca e genuina del sentimento che si prova. Non ho saputo nè voluto controllarlo, in quella sala, sguarnita di spettatori, mi sono lasciato andare ad un evidente singhiozzo, noncurante. Era la mia reazione libera, e accantonando il pudore, mi sono sentito libero di esprimere la mia rabbia, e il mio dolore, con il pianto.

Si dice, che la vita continua, e lo fa, e lo fanno, perchè nel momento in cui uscivo dal mio dolore, vedevo intorno, per le vie di S.Lorenzo, il piacere e la gioia di questa vita; ma la vita si dovrebbe fermare e non basta un minuto di silenzio. "La vita continua" è un motto autodifensivo che ci aiuta a dimenticare. Un dolce laudano, che ci rassegna al fatto che quando qualcosa si spezza, c'è sempre qualcos'altro che non arresta il suo corso. Eppure, anche se ci trovo delle valide motivazioni, non ci sono riuscito, a far continuare la vita, in quell'istante, mentre il mio privato era diventato pubblico, quando il mio singhiozzo aveva investito la sala cinematografica, la mia vita ha smesso di proseguire e si è fermata lì, a pensare, a soffrire, a provare una nausea, che va oltre il mezzo cinema, che cerca dentro di me per trovare le ragioni dell'uomo. Le basi dell'odio, le basi della disumana umanità.

E' nella forma oggettiva delle cose, che si sviluppa l'idea di conflitto. L'idea di diversità, di identità ambigue. Nell'era del post-modernismo, quando ogni parte del tutto è frammentaria, quando le forme espressive sono molteplici e accessibili in maniera sbalorditiva, l'oggettivazione della realtà perde completamente di senso.
L'umanità ha bisogno di una nuova rivoluzione culturale, immergersi nella tolleranza, e accettare la molteplicità delle forme umane.
Così la relazione tra le parti diverrà pacifica.

Natural Dementia
RK

venerdì 6 febbraio 2009

l'umanità tra essere e avere - una formica, non si chiede cosa ci sia dopo la morte.

io credo nell'uomo. lo stimo. l'uomo è bellissimo. le sue capacità sono infinitamente più grandi di quelle che possiamo percepire, e infinitamente più nobili di tutte quelle che ci vengono proposte. io ho fiducia. ho ancora fiducia in quei piccoli gesti che ogni giorno vedo compiere, da me stesso, e da chi mi circonda.
perchè noi siamo ciò che vogliamo. ed è inutile lasciarsi andare ad inibizioni psicologiche, o a false gabbie sociali, nelle quali ognuno di noi si sente schiavo solo perchè ne fa parte. lo vedo, in questa strana era, votata ad una corsa impazzita verso il consumo e verso il benessere, vedo che l'uomo può ancora prendere le redini della sua essenza e dirigersi verso una fonte primordiale di ragione, di natura, di istinto. perchè l'uomo è intelligente, e insieme all'istinto applica la razionalità. e questo dualismo non deve essere terreno di scontro o di conflitto, ma di crescita, di sprone, per identificarci in un cammino migliore, una direzione unitaria e non speculativa delle nostre capacità.
lo vedo, in ogni istanza dei comportamenti umani, che alla base, la sopravvivenza ci porta a credere nella nostra vita. nei momenti critici, l'uomo ancora ha timore per se stesso, e perde di vista la smania verso l'avere statico di oggetti inutili. perchè è in quei momenti, in cui facciamo capo ai nostri sentimenti primordiali e ci rendiamo conto che essere, è più profondamente soddisfacente che avere.
la nostra società si sta spaccando, o si è spaccata, in due pezzi eguali e discordi. la massa che vuole essere, e quella che vuole avere. l'umanità si è ridotta a due ausiliari. tra chi ambisce a scandagliare all'interno, e chi invece sente la propulsione verso l'alto.
io lo vedo nelle facce stanche della costrizione allo schiavismo, in cambio di denaro. il denaro che muove ogni cosa, il denaro che non fa altro che alimentare se stesso. il sistema economico che ci sorregge, che mi permette di scrivere queste cose e che permette a voi di leggerle, costituisce in realtà la base della sua stessa fine. esso stesso è stato concepito nel modo più bieco e innaturale che ci sia. la regola della domanda e dell'offerta. quando l'uomo dovrebbe avere la capacità di autosoddisfarsi, come ogni creatura vivente deve essere capace a sopravvivere tramite i propri mezzi. l'uomo ha abbandonato questa condizione secoli fa. si è subordinato a delle logiche di proprietà e di appartenenza che si sono dissolte nella società contemporanea. questo post-modernismo che noi vivamo, questa accozzaglia, questo patchwork sociale, metaculturale, e autoreferenziale, si sta adagiando lentamente sulle sue gambe. e mi piacerebbe essere vivo quando tutto questo collasserà, ma probabilmente sarò solamente un altro dei tanti che ne patiranno il suo disfacimento. uno di quella fetta "dell'essere" che senza armi soccomberà, avendo curato solo la sua parte spirituale. uno di quelli che non produce. uno di quelli che non fa i percorsi delineati. e uno di quelli che di fronte alla logica del profitto, è andato a cercare il motivo dell'esistenza umana, e che probabilmente, o come tutti sperano, troverà solo dopo morto. una battaglia illogica e imbarazzante. per uno che usa la macchina, che guarda la tv, che va al cinema, al ristorante, che beve nei pub, che gioca ai videogames, che mette benzina, che inquina, uno che fuma sigarette, che spreca, che non fa la raccolta differenziata, uno che non lavora, che non guadagna. uno che non ha rispetto neanche del proprio corpo, che lo lascia disfarsi, che lo abbandona. come questa esistenza sta abbandonando la sua naturalità. io vedo l'umanità e la vedo come un parassita. un germe avido di risorse, che una volta che ha terminato di carbonizzare un elemento, passa immediatamente al prossimo, da mercificare, impacchettare, vendere e buttare. nell'operato di quest'uomo non c'è equilibrio, non c'è natura. in queste corporazioni a delinquere che sovrastano il nostro mondo, vedo un'atavica appartenenza ad un branco, ad una tribù. grazie alle armi della tecnologia, l'essere umano ha riacquistato la sua combattività, e vuole soggiogare il resto dei più deboli alla logica di profitto, a scapito della sua essenza. l'illusione di poter prevalere sulla natura, la presunzione di poter controllare gli eventi, e gli elementi, lo rendono folle. che si aproprio la peculiarità dell'uomo - l'intelletto - la sua rovina. che il paradigmatico "cogito ergo sum" sia invece un falso? dal "penso quindi sono", al "penso quindi voglio", ambisco. l'ambizione. questa qualità odierna. questo cancro, questa malattia.
probabilmente le mie parole sono veicolate da un certo odio verso una certa impostazione della vita, e ovviamente il mio generalizzare tralascia le infinite sfumature, che la natura enormemente eterogenea dell'uomo, non mi permette di fare. ma il mio disagio, la mia discordia con il sistema precostituito, la mia ripugnanza verso ogni forma di potere, la mia impossibilità di provare un qualsiasi sentimento di appartenenza a questo sistema, non la voglio attribuire ad una patologia psicologica di tipo maniacale. perchè il diverso deve necessariamente adeguarsi? quando la mia libertà di individuo mi permette di scegliere! e chi crede di poter decidere, chi crede di avere il potere, chi si arroga la possibilità di poter solo immaginare cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, deve ricordarsi che su questo pianeta, noi siamo ospiti, e non padroni.


Rk

martedì 3 febbraio 2009

smania connettiva

torno a casa e accendo il pc
  • myspace
  • facebook
  • msn
  • badoo
  • meetic
  • netlog
bastano questi?

ho trascurato il blog
per questa smania di connettività
questa voglia di stare sempre connesso
col mondo con tutti
la smania

non esco più
non vivo più
mi mangio le unghie
apro bottiglie
rollo sigarette
vedo tv
il divano
la poltrona
il cesso e la cucina

- - - - - - - - - - - - - rinsavito - - - - - - - - - - - - - - - -

realtà mi manchi
realtà ti rotolerei dentro fino a vivere davvero
ma ho il terrore
di varcare l'uscio
ho il terrore
di vivere

rinasco.
apro la porta, esco
vivo
mio cielo, sei blu, anche se piove
e tu
mi dai sorrisi
e io
respiro l'aria che lasciano per me
nuvole ibizzarrite
in balia di venti nuovi che ammazzano il mio balcone
che scompigliano e sradicano
eventi che cambiate i connotati al mio mondo
smontate il mio quartiere
portatelo più a sud
e rimonatelo alla rinfusa
sarò felice così
con la casa smontata e rimontata più in là.

è questo quel che c'è dentro.

Natural Dementia
RK