martedì 30 agosto 2011

al mio dio defunto

ecco, voglio frustarti.
picchiarti, e vedere il sangue che scende a rivoli lenti dalle tue spalle.
ecco, le botte.. di lividi a forma delle mie nocche voglio abbellirti.
ti vesto di macchie violacee.
ecco.. perché non lo chiedere. prendi le botte.
ho sognato una volta di picchiare.
avevo ben cura che i colpi non andassero a vanvera.
un colpo ben saldo sul ventre. proprio lì dove ti spezza il fiato.
e poi, piegato, sulla nuca t'avrei preso.
forte, e senza pietà.

non è sadismo.
è perfezione.
nella punizione.

è questo sfinirmi.
è questo lenire con frasi fioche buttate per caso.
è questo alleggerire le pene con altri macigni.
è l'inesistenza di quello che s'è costruito.
un palazzo etereo.
le stanze dell'anima contengono solo piaceri spariti.
che contengono frasi che sono morte con l'alito che l'ha generate.
e le buone intenzioni, si sono suicidate, lanciate da quelle fineste effimere.
splash... come nel lago ghiacciato delle defunte fantasie.

credevo tu fossi un salvatore,
e invece sei una delusione.

sabato 27 agosto 2011

bolle

blub...
scende in questo plastico scendere.
scende in questo finto essere...
il corpo che annega.. in messaggi splendidamente impacchettati,
e questo cadere v'è dolce..
vi piace?
assaporate.
ingoiate questo liquido amniotico nuovo.
liquido amniotico che era catodico un tempo.
ora è digitale,
è plasma.
è come il sangue.
e non vi svegliate...
e dormite ancora,
e ingoiate questo dolce nettare di menzogne.
la realtà vi passa a fianco, in ogni passo,
camminate, per le strade,
camminate, e guardate.
siete distanti.
siete lontani,
non riesco più ad odiarvi,
non riesco più a rinnegarvi.
mi fate pena.
una pena smisurata,
e sprofondo sul mio letto,
studio modi per disintegrare il mio io,
per darvi qualcosa di più della mia dannazione,
agevolare le azioni verso l'esterno.
esternare le azioni senza conflitto.
libero,
io libero.
voi?

mercoledì 24 agosto 2011

condensa

la condensa dei miei pensieri gocciola, e scende sugli accessori elettrici che mi tengono in vita. e plic, plic, plic, goccia a venire, goccia a scendere, si ossidano, e piano piano la strumentazione va in corto. la condensa crea un vapore, gocciolando sulle parti roventi del mio io, e quel vapore, sale, e si contiene in me, e gonfia la mia mente di aria senza scopo. la condensa dei miei pensieri, crea rivoli di melma ingiallita che cola sulle pareti del mio involucro interno e si deposita, creando polluzione, creando spazzatura mentale. la redenzione, per purificarmi da queste tossine, per la condensa di questi pensieri superflui, diventa necessaria, la redenzione, la salvezza, queste parole bibbliche. allora uso illuminazione, risveglio, e pure sono parole che qualcuno ha pronunciato. la dottrina, e il flusso dei miei pensieri va alla deriva, la dottrina è un'imposizione, come la tecnica, la scienza e l'accademia. ogni essere vivente ha sei porte, le sei porte dei sensi, gusto, tatto, vista, olfatto, udito e pensiero, e queste porte aperte in ogni direzione possono allargare l'uomo alla percezione dell'essere, della realtà. la condensa dei miei pensieri ha bisogno che io spalanchi queste sei porte, che la burrasca del continuo divenire soffi atraverso me, asciugando senza sosta la condensa che cola, che gracchia sugli ingranaggi, che plic, plic, plic, genera quel ticchettio confusionario; ad asciugare il pensiero fino alla totale assenza di stagnazione. al pensiero corrisponde l'azione, un pensiero che non si concretizza in azione è pappa mentale, è melma dell'immaginario, è fine a se stesso ed è la matrice della nostra dannazione.

lunedì 22 agosto 2011

ferus

io sto nell'aria, nell'acqua e nel vento,
il mutamento m'è casa e convento,
vago su terre di gioia e tormento,
nel panorama nessun turbamento.

questa sorella che io chiamo terra,
m'avvolge in prese di mani cordiali,
lesto e fugace un gesto m'affanna,
mi riconduce tra i miei animali,

che anche loro io chiamo fratelli
e lascio sopita ogni dannazione,
pure con l'anima fatta a brandelli

scassata e divelta da un'illusione,
il lupo urla alla luna distante,
zanne fameliche e cuore latrante.

come il fiume

forte, e leggero,
con vuoti di corrente
con rapide scoscese,
con fredda forza,
con impetuosa massa,
con piacere,
con gelo,
con voglia di gridare,
spezza il torpore di un mattino cominciato male.

e lungo il fiume sulle sue rive mi accartoccio,
ritrovo pace,
spirito inquieto del lupo,
si abbevera distante,
dal rumore della folla,
dal rumore del dubbio,
dal rumore del caffè.

non c'è momento
in cui non smetta
di cercare l'armonia
nella natura
nella natura
nella natura.

e senza odio è il cuore mio,
non ce la fa,
anche se un impeto
scuote il lupo,
sto lupo assorda se stesso,
e inonda il suo mondo di silenzio.

giovedì 18 agosto 2011

come il ruscello

aaah, ma se voi aveste il posto mio,
che non è quello mio,
la fareste la revolutiòn?

fareste baldorie da cannoni?
esplodereste forse come umili ciccioni?
o sareste pecoroni, pecoroni?

carponi, che a prenderlo di dietro assai vi piace!
alè alè alè, e voi godete come ciuchi,
boni a portà massi dal fiume al campanile!

ma voi al posto mio che fareste?
m'envento na parola e ve dico: morireste!
chi è che de voi brama libertà?

invece sta in ufficio a bestemmià de gusto!
e senza mai capì che a ribellasse non è il modo giusto!
alzà, fà voce grossa e poi niente, restà seduti.

a braccia conserte ve voglio da vede!
tutti in cortile, tutti in cortile,
abbattete il sistema co le braccia conserte e le bocche cucite.

lo chiamano sciopero, è un vostro diritto.
se su quattrocento lo fanno in dieci,
ovvio che nessuno ce sente.

se su quattrocento semo altrettanti fratelli,
je conviene, sennò chi li sente i clienti?
se chiama sciopero, e non ha mai fatto male a nessuno,

solo ai padroni. che in quanto a ferite so boni a falle a noi
lavoratori! ferite profonde, scavate nel corpo,
ma co chi parlo? co un branco de morti!

nun ve rendete conto che hanno già vinto?
v'hanno comprato coi pannolini, la bigiotteria,
le auto, la stampa, l'informazione, e manco a dirlo,

la televisione! che peggio della religione v'ha placato le menti!
comprate comprate e sarete contenti!
comprate e comprateve un po' de compassione,

provate a compravve l'amore, l'aria, i sorrisi, la tolleranza,
n'do se comprano ste cazzate qui? dall'elettrauto?
se comprano al centro commerciale?

n'do se comprano la clemenza, la pace e la pazienza?
se comprano dentro la testa d'un uomo sorridente,
se trovano nella foglia, nel sasso e nel ruscello.

e altro che a fa finta de niente, quando tutta sta gente,
avrà consumato ogni bene, e de sto pianeta ce resteranno
soltanto le sue pene, i suoi disastri, i suoi vomiti fumanti,

e i suoi sconquassi, che aprono le crepe nel terreno, che
affamano la gente, che danno all'umano l'idea che non è niente,
che non può comandare, che non può ricreare,

un mondo già perfetto, a forma d'animale!

mercoledì 17 agosto 2011

delle storie di ordinaria follia

- un uomo ama una donna. la donna ama l'uomo. si sposano. muoiono.

- una donna ama un uomo. l'uomo non ama la donna. la donna si ammazza. l'uomo scopre la cosa e si impicca. (questa era allegra)

- due uomini amano la stessa donna. la donna se è furba, li ama entrambi. altrimenti s'ammazza.

- due donne amano un uomo. l'uomo se è furbo le ama entrambe, altrimenti ci saranno tre cadaveri.

- un uomo ama un uomo che ama un uomo, che ama un uomo, che ama un uomo, che ama un uomo, che ama un uomo che ama una donna. una strage!

- un uomo ama una donna che lo ama ma non è sicura. l'uomo sarà dannato e forse un giorno si ammazzerà, ma per un'altra donna.

- una donna ama un uomo che la ama ma che è titubante. la donna piangerà amare lacrime di sofferenza e la farà pagare a tutti quelli che verranno dopo.

- una donna ama un uomo. e viceversa. scopano tantissimo, poi si innamorano di altri, e continueranno a scopare tantissimo, speriamo che questi facciano tantissimi figli.

martedì 16 agosto 2011

anvedi te che luna..

A sciojele ste brije n'sò sicuro,
me piacerebbe da pijamme er largo,
fuggì repente più che d'un siluro,
annà in un posto dò nun c'è letargo.

M'aggiro pè st'ormai città dannata,
che d'eterno je so' rimasti i sassi,
e standome co' l'anima beata
metto 'n fila i piedi e ne faccio passi.

Così te vivo Roma, te vivo sì!
Annà pè strada a incontrà er prossimo,
senza stammene da solo, ma co' chi

me 'mbriaca de passione ar Circo Massimo.
Proprio ner giorno in cui la luna è piena,
ch'ar lupo ha torto e dato n'antra pena.

è tornata

è tornata
dannazione...
la dannazione è tornata!
l'avevo messa lì. ed è tornata!
ma forse tanto mejo, che me danno e so creativo...
a noi artisti nun c'è dato de sta bene, se volemo fare bene.

allora mo ve racconto de quando so stato scrittore, musico, poeta, e cantante, e pittore, e scultore, e artista tutto tondo in generale, non attore, ma sparlante, de loquaci verbi assurdi. ve lo racconto che quando nacque sto spirito poeta, sta rivoluzione d'avanguardia era la notte de babbonatale. tutti avevano concluso i loro rituali pagani de cibo ed oggetti, come si confà alla tradizione, e io me misi a scrivere. come facevo per quelle finte amanti trovate in mezzo alla vita mia. je scrivevo lettere struggenti, de n'amore folle e mai contraccambiato, e con gesto sconsiderato le ficcavo in dei cassetti, protetti dall'altrui occhiacci.
e le donne mie non l'hanno mai avuti quei sonetti, quei versi aperti, quelle parole in libertà! haimè me svejai in tarda età a scrive l'emozione e a divulgalla. come se ad aprì er petto ce fose na colpa, e l'anima, a denuncialla, fosse fatto scabroso come la nudità.
e invece dopo quer santo san babbonatale der cazzo, io presi a scrive, de ipocrite parole de disprezzo, verso il mondo e l'essere umano tutto. me misi a scrivere un romanzo breve, che a rileggelo adesso la pelle s'empapera tutta, ma che all'epoca per questa giovane penna era soddisfazione ricca.
mo che me sò imparato a mette ste parole in fila, che obbediscono con disciplina alla mia moina di volerle esteticamente aggraziate, incazzate, imbambolate, le regalo alle persone che mi dicono: "Oh che dono, che fervida immaginazione."
si che io ce metto tutto dentro sto guazzabuglio de fervore. innanzitutto amore! innanzitutto! che poi è quello er motore de tutto sto casino!
l'amore per il mondo e tacci sua pure per l'uomo, che denigro tanto e poi, me meraviglia sempre tanto!
ma qua sto già a divagà...

me misi a regalà poesie, sonetti e parole in libertà, stavorta senza nasconneme, le regalavo con leggerezza, come si regala l'arte in stato d'ebbrezza, li regalavo ed ero felice della faccia della gente, pure se poi alla fine de sordi niente e invece na cariola d'emozioni...
e tutte le ragazza che leggevano sto poeta, s'ammaliavano dello stile e della poetica, s'ammaliavano tanto che ad amarlo il passo è breve, se ammaliavano, ma poi, come le poesie che egli scrive, je concedevano amori veloci come un sonetto. amori corti come carezze, amori sporchi come scopate dissolte nella nebbia de un giorno senza data.
è tornata, è tornata, è tornata dannazione, facciamo processione e portiamo i bimbi in festa.
è tornata, è tornata, proprio quanto se n'è andata, n'antra vorta.
e ha lasciato sto poeta col ricordo della coda de cavallo che sparisce dietro all'urtimo rumore, che è na porta.

venerdì 12 agosto 2011

karma

M'accorgo che cor tempo me maturo,
che nun è 'n fatto strano de sicuro!
Ma quanno guardo chi s'encazza solo,
io pijo e fischio come n'usignolo.

Sì, che c'è certa gente fumantina
che strilla da la sera a la matina!
Io ce lo so che 'r monno è 'na catena,
ma semo attori. "Pronti, annate 'n scena!"

Fratelli miei ce vole 'n po' de carma,
saper usar la fede e l'intelletto,
buttà la rabbia ch'è 'na brutta arma!

Ma senza smette de pija de petto
chi ce mantiene schiavi e pecoroni.
Se legge "carmi", e nun vor dì "cojoni"!

sabato 6 agosto 2011

l'unica donna sincera

non avrei mai creduto accadesse. fermarmi perché mi sorrise. mi sorrise con gli occhi e con la mano. e non mi venne spontaneo chiamarla puttana. aveva degli occhi azzurri di una profondità che spaccava le ossa. e mani delicate e bianche come una nevicata d'aprile. mi sono fermato dieci metri più avanti e marciando all'indietro arrivai da lei. rideva. avevo inchiodato a secco dopo che aveva fatto quel gesto gentile. rideva, perché era divertita. o forse perché mi aveva abbindolato chissà. rideva in ogni modo, di un riso gentile ed affabile, e appena mi fermai accostandomi a lei mi accarezzò il viso senza dolore, e senza ancora pagare.
entra, le dico. senza pattuire, e senza decidere il prezzo del suo tempo. il prezzo, il denaro, i soldi, il commercio del corpo. salì sulla macchina, e mise la testa sopra la spalla mentre guidavo verso non so. arrivati accanto ad una radura mi dice la prima parola, fermati. la sua voce era forte, decisa. e continuava a sorridere. ci sdraiammo su un prato abbracciati. lei mi chiese che cosa vuoi fare. ed io senza saperlo rimasi in silenzio accarezzando i suoi capelli sudati. non parlai neanche un momento. non le parlai affatto. e rimanemmo così per un tempo che non riesco a definire. un tempo che non ha tempo. un tempo che non ha limiti e non ha circostanze.
due esseri umani si incontrano.
due esseri umani si amano.
due esseri umani si perdono.
ad un tratto mi alzai. a guardarla sdraiata ancora sull'erba dove poco prima eravamo abbracciati mi prese un istinto di rabbia. come se tutto a sto mondo fosse sbagliato. come se dopo averlo capito sto mondo, sembrava alla luce del giorno che un uomo e una donna dovessero vivere con le impalcature dell'esistenza senza dar vita a quel magico infuso alchemico che è l'istinto di aversi senza intelletto.
le porsi una mano, e diretti di nuovo all'origine, rimettemmo le cose come l'avevamo lasciate.

bho

cascate.
impalcature.
e nessuna prospettiva.
come è banale questo contenimento coatto di anime.
parole gravi come macigni.
distanze.
e tu che sei sempre più pensierosa...