domenica 23 dicembre 2007

Una foglia è verde in primavera.
Gode dell'estate, poi, d'autunno secca, muore.
D'inverno resta chiusa in se stessa,
aspettando di germogliare nuovamente.
C'è una stagione per ogni momento,
c'è un ciclo per ogni movimento.
Coincidono preludio ed epilogo.
L'eterno mutare delle cose,
richiede un ordine superiore.
Ciclicamente an'chesso cambia.

mercoledì 19 dicembre 2007

- Mi dicesti: "Non ho mai assaggiato la birra scura."
Il fumo uccide, sui pacchetti di mezzo mondo.
Coesisto con l'altro me, esce fuori di tanto in tanto e uccide...
Ci sono due correnti, esatte, uguali e contrapposte, descrivono un momento rotatorio e discontinuo, nella sfera di ciò che riesco a percepire, fraintendimenti, interferenze, percezioni momentanee di attimi che non saranno.
- Mi chiedesti: "D'inverno, non faceva così freddo, quando ero a Mosca!"
Il vento che bussa alla mia porta. Il ricordo di memorie che spariscono in un soffio.
Ricci di fumo densi archeggiano danzanti nell'oblio nudo del buio della stanza.
Spiccioli i miei pensieri sbandano, ancheggiano e sfiorano il livido confine dell'ambiguità.
- Ti risposi: "Non dirò mai più ti amo, mai più in vita mia."
Scottano i desideri dentro, se non escono, bruciano e ledono, straziano, cuociono la carne. Dolgono ferite interne vivide, segni di intenzioni mai placate, di seti mai bagnate, di lenzuola intatte, che nei sogni poi divengon stropicciate.
Luci di Natale, freddo invernale, disagio sociale.
Alibi di massa, quest'amore impacchettato. Un respiro ritrovato, a pretesto, in questo macero contesto di urbana ipocrisia.
- Ti chiesi sempre: "Resta con me, mi fa paura il tuo fuggire, mi rende schiavo di un'attesa senza fine."
Cenere sbriciolata, lucido illuminato, giallo acido. Luci complicate, drappi colorati di pensieri figurati a macerare nell'immaginazione.
Ciò che è reale è pura immaginazione.
Ciò che è reale è frutto di una percezione.
Ciò che è reale è una mera convenzione.


(Natural Dementia)
#RK#

sabato 8 dicembre 2007

Bentornato alle mie rive

Solo sul porto.
Foschia densa.
Nave che mi liberi dove sei?
Sono naufrago di questa terra deserta.
Vedo le navi all'orizzonte.
Nessuna che attracca al mio porto.
E' un porto buio, senza faro.
Senza luce.
Un veliero nero procede lento.
Il suo Jolly Roger parla chiaro:
Pirati!
Venite al mio porto,
portatemi via,
fatemi giungere a Tortuga,
e fatemi trovare un amico e una bottiglia,
che mi dica:
bentornato alle mie rive, compagno di una vita.
Lo saluterò con un inchino,
gli offrirò da bere,
brinderemo alla salute e alla sventura.
Leveremo il boccale argenteo,
alla luce di una luna sempre accesa.
Leveremo i nostri sospiri,
le nostre cicatrici parleranno senza idioma.
Mi guarderò in un libro antico,
prima di assopire il mio dolore,
sognandoti ancor tra le mie braccia.
Addio mio porto,
torno alle mie rive.

#RK#

martedì 27 novembre 2007

Delirium

Tutte le lancette degli orologi erano fuori posto. L’alba era una lama pallida che divideva l’oscura notte appena trascorsa dall’inevitabilità della luce. La maledetta intrusa che dalle persiane disegnava fantasie a righe stile anni sessanta in tutta la camera. Brigitte si alza dal letto e mi dice: “Sei ancora ubriaco!”
“Ancora?” rispondo senza pensare. Sono ancora assorto nel sogno che stavo facendo. Una tavolata immensa di persone che trangugiavano cibo, sporcandosi la faccia di ogni condimento, poi una donna anziana che giaceva sul tavolo imbandito, offriva brandelli della sua carne ruvida e raggrinzita, ai commensali, che con facce da porci grugnivano e si dimenavano in un orgiastico godimento di cannibalismo.
Sono ancora ubriaco.
“Puzzi da vomitare! Vatti a fare una doccia!”
“Perché non mi lasci in pace? E poi che cazzo di nome è Brigitte?” Forse è una stupida con una parrucca bionda platinata che avevo rimorchiato alla festa. Sul pavimento c’erano bicchieri di carta e nella stanza c’era puzza di vomito. “Ma che cazzo è successo stanotte?”
“Se non ti ricordi…”
“Abbiamo scopato?”
“Tre volte!” Come avevo fatto? Con tutto quell’alcol in corpo non pensavo che il mio vecchio billy joe, ce l’avrebbe fatta ad alzarsi dal torpore del gin, o era rum? Forse wodka.
“Tre volte?” Le chiedo assonnato, mentre mi rendo conto che non c’era nessuna vecchia e nessun tavolo imbandito. “Ed è stato bello?”
“A te è piaciuto. Dopo hai pianto come un bambino abbandonato, e mi hai abbracciato tutta la notte.”
“Quando bevo divento romantico.”
“Direi che quando bevi torni bambino. Hai cercato di succhiarmi un capezzolo per ore.”
“E a te piaceva?”
Brigitte mi guarda con aria stralunata, mentre si rimette la parrucca biondo platino. Cerca le sue mutandine. È graziosa: ha i fianchi un po’ larghi, ma non è un difetto. È piuttosto eccitante vedere quella ragazza nuda che barcollante e senza pudore si piega a cercare i suoi indumenti in mezzo a tutto quello schifo. “Certo che mi piaceva, ho un desiderio di maternità da qualche mese.”
Mi alzo dal letto, e subito un senso di nausea mi si aggrappa allo stomaco. Mi giro a cercare la porta del bagno. Sicuro di essermi svegliato nel mio letto, ma invece non sono a casa mia.
“Dove cazzo siamo?”
“A casa mia bello! Non ti ricordi proprio niente? Mi meraviglio come hai potuto guidare fin qui!”
“Guidare? Ma io non ho la macchina! Dove cazzo è il bagno? Devo vomitare!”
“La vedi quella porta? È un corridoio, subito a sinistra c’è il bagno.”
Complicatissimo arrivare fino alla porta. Tutto girava, mi sembrava di essere su una maledetta caravella. Mi sentivo il più stronzo dei Cristoforo Colombo, in rotta per le isole del cesso.
Tutta a tribordo per vomitarmi l’anima!” pensai.
Nel corridoio ci sono altre persone; adesso sento quasi nitidamente una musica di sottofondo. È un ritmo martellante: conosco la canzone: "Blue monday" dei New Order. C’è un tipo che si sta girando una sigaretta all’angolo tra la porta del bagno e il muro. Mi guarda con occhi spenti e mi vomita sui piedi. Io non posso che seguirlo per il disgusto, e gli vomito addosso tutto quello che avevo dentro. Una poltiglia marroncina che puzzava più di una distilleria.
Il tizio sporco e boccheggiante mi guarda con una faccia da martire.
“Scusa bello. Vado a fare una doccia. A dopo.” Entro nel cesso e nella vasca ci sono due tizi che stanno scopando. Lei dorme, forse. Aveva la faccia sul bordo della vasca, ha gli occhi girati all’insù.
“Amico che cazzo stai facendo? Non vedi che quella è mezza morta?”
“Lo so, ma è l’unico modo che avevo per scoparla! Era tutta la sera che mi stava punzecchiando e mentre provavo a baciarla mi scansava, mi diceva che non ero il suo tipo. Alla fine le ho dato il suo ultimo cocktail. Dentro c’ho messo un po’ di gocce che ho trovato nell’armadietto. C’era scritto ansiolitico.” Intanto continuava a sbattersi la tipa dentro la vasca.
“Potresti uscire, devo vomitare!”
“Fai pure, io qui ho quasi finito.”
Mentre mi siedo accanto al cesso, sperando che quel coglione si levasse di torno lo sento che viene clamorosamente. Come se fosse il dannato capodanno della sua vita: dalla sua bocca uscì tutto il baccano dell’anno nuovo. Si avvicina al lavandino e si lava con un po’ di sapone. Poi esce, completamente nudo. Strano che lo notassi, perché ero nudo anche io. Il pavimento del cesso infatti era troppo freddo, mi si erano addormentate le gambe, stavano incrociate intorno al water. Fiotto nel buco l’ultimo rimasuglio dell’alcol ingerito e poi mi guardo allo specchio. Avevo un paio di graffi in faccia, poi mi do una guardata e mi accorgo che ho anche due tagli alle braccia. Ma che cazzo mi avevano fatto? Forse era stata quella troia di Brigitte. Una con un nome così te li può lasciare dei segni inspiegabili addosso. Mi giro e mi accorgo che la tipa scopata era ancora nella vasca, in una posizione che lasciava intendere che era sicuramente priva di sensi, se non andata del tutto. La prendo sotto le braccia e le do due schiaffetti sul viso. Cazzo! Non si era svegliata mentre uno se la stava cavalcando alla grande figuriamoci con due schiaffetti.
Apro la doccia della vasca, gelida. Mi riparo col suo corpo dagli schizzi gelati che mi facevano stringere i muscoli del corpo con uno spasmo di terrore. L’acqua fredda mi terrorizzava. Soffrivo il freddo più di ogni altra cosa. Mentre l’acqua gelida scorreva sul corpo della mezza morta quella ha un fremito. Non vi nascondo il mio piacere nel sentire un corpo nudo che si contorceva nelle mie braccia. L’afferro meglio sotto le ascelle, e le tasto un po’ le tette. Niente male.
La ragazza si riprende un po’, la metto seduta sul water. Mentre cerco di non scivolare sulla poltiglia che ammuffiva sul pavimento la tipa comincia ad accarezzarsi la testa.
Ne approfitto per lavarmi.
Avevo sui piedi ancora un po’ di chiazze di vomito di quel tossico che stava in corridoio. Accennai un sorriso ebete quando pensai che in fin dei conti a me era andata meglio. Avrebbe avuto i capelli maleodoranti per un pezzo!
La tipa sul cesso mugugna qualcosa.
Esco bagnato e sollevato: una buona doccia ci vuole sempre.
Guardo la tipa sorridente che ricambia con occhi spenti, semichiusi.
“Che è successo?” mastica incomprensibilmente.
“Eri morta e io ti ho risorto.”
“Chi sei?”
“Puoi chiamarmi Gesù se vuoi.”
“Che è successo?” Era passata dalla morte apparente alla morte cerebrale. “Tu chi sei?”
“Tesoro, è stata una nottataccia. Vuoi che ti porti di là a dormire?”
“Vuoi un pompino?” Il tizio lì fuori allora non aveva tutti i torti, se una che offre i pompini con questa facilità ti ignora è ovvio che uno poi ci resta male.
“No amore, non credo che sarei in grado di apprezzare, ma grazie per il pensiero.”
“Non c’è di che. Adesso voglio vomitare.”
“Fai pure.” a quanto pare il vomito andava alla grande quella mattina.
Mentre uscivo dal bagno la sentivo smaniare e per un momento capii “grazie Gesù”, ma non ero sicuro se si riferisse me o se stesse imprecando. Senza indagare tornai nella camera.
“Amore sei splendida!” Brigitte era seduta in terra e con le gambe rannicchiate fumava una sigaretta ciccando sul pavimento.
“Anche tu non sei male!”
“Parliamo di stanotte.”
“Non mi dire che sei uno di quelli che la mattina dopo per trovare un pretesto per scopare di nuovo ti chiedono di raccontargli dettagliatamente la nottata trascorsa perché erano troppo ubriachi per ricordarsela? Ti eccita forse?”
“Potrebbe, ma comunque no, non sono uno di quelli. E poi non volevo sapere della scopata che ci siamo fatti, piuttosto volevo sapere dove è cominciato tutto questo. Mi dai una sigaretta?”
Brigitte mi allunga una Lucky Strike.
"Ma come cazzo fai a fumare questo schifo?”
“A me piacciono, e poi non fare troppo lo schizzinoso, le mie amiche potrebbero dire lo stesso di te.”
Touchè…
“Dove arrivano i tuoi ricordi?”
Mi sdraio con la testa appoggiata sulle sue gambe e mentre lei mi accarezza la testa, col fumo che mi va negli occhi. Mi ricordo Che Gingo è entrato in casa con te, due amici e altre persone, e abbiamo cominciato a fumare un po’ di hashish. Poi qualcuno ha aperto qualche bottiglia. Poi mi ricordo di una vecchia che stava sdraiata su un tavolo, e si staccava la pelle di dosso.
“Hai avuto una nottata interessante.”
“E come siamo finiti qui io e te?”
“È stato molto semplice. Ti ho trovato sul mio letto che prendevi a pugni il cuscino, Dio solo sa perchè eri così incazzato. E ho cercato di calmarti, ma tu mi hai praticamente strappato i vestiti di dosso. Sei stato molto bravo.”
“E questi? Sei stata te a tagliarmi le braccia?”
“Me lo hai chiesto te, mi hai detto che se non facevo uscire un po’ di alcol dal tuo corpo non ti si drizzava, e non potevi scoparmi decentemente.”
“Ho detto così?”
“In quel momento ho deciso che avremmo fatto faville, mi hai fatto ridere, e bagnare allo stesso tempo!”
“Cazzo, se fossi così brillante anche da lucido avrei la fila fuori dalla porta.” Mi alzo di scatto dalle sue gambe e la guardo, mentre si fa tranquilla un tiro profondo. “E te mi hai tagliato le braccia lo stesso?”
“È stato divertente. Te godevi come un pazzo mentre passavo la lametta.”
Rimango davvero estasiato, con la bocca aperta. Forse non era solo alcol quello che avevo preso.
“Sei sicura che non abbia assunto nessuna droga?”
“Bhè, c’era qualcuno con un po’ di MDMA, ma non so se anche tu l’hai presa, stanotte eravamo tutti un po’ fuori.”
Sento un botto atroce dal corridoio, come uno sparo. Spalanco la porta che da al corridoio e c’era un cazzone con una boccia di spumante che stava aggiungendo danni ai danni. Lo guardo, e lui resta immobile con lo spumante ad altezza pube che ancora getta un po’ di schiuma. Ha una faccia conosciuta, mi sembra di sapere chi sia, mi ricorda solo un gran senso di rabbia e di disagio. Non riseco però a decifrare la sua faccia da imbecille. Gli chiedo: “Hai a che fare con me in qualche modo?”
“Ma tu chi sei?”
“Io sono il signore Dio tuo, non avrai alro Dio al di fuori di me!” gli dico serio allungando una mano sul suo capo. Sghignazzando.
Lui si inginocchia e piangendo mi chiede perdono.
Brigitte passa mi bacia una spalla e mi dice: “Questo è quello che ti ha fatto incazzare ieri sera. Era per lui che davi cazzotti al cuscino.
Lo guardo che piange ai miei piedi, mi abbasso leggermente e gli accarezzo la testa. “Ti perdono figliolo, ora vai, prendi le tue cose e scendi in strada a pascolare il tuo gregge.”
Quello si alza mi abbraccia e poi sparisce fuori dalla porta.
Raggiungo Brigitte in cucina, sta già armeggiando con un fornello, per preparare del caffè presumo. Un bel caffè dopo quella nottata ci vuole proprio.
“Hai mai messo un po’ Hashish nella polvere di caffè quando prepari la macchinetta? È una cosa sublime. E poi ti fa tantissimo!”
Un caffè era proprio quello che ci voleva!


(Natural Dementia doc)

#RK#

mercoledì 21 novembre 2007

apriamo gli occhi

L'intero sistema in cui viviamo, ci inculca che noi siamo senza potere, che siamo deboli, che la società è cattiva e il crimine dilaga e così via: è una gigantesca bugia! Siamo pieni di potere, belli e straordinari. Non c'è nessuna ragione per cui non possiamo comprendere dove veramente siamo e dove stiamo andando. Non c'è nessuna vera ragione per la quale a un individuo comune non possano essere conferiti pieni poteri. Noi siamo esseri incredibilmente potenti! Vediamo tutto nella prospettiva di non andare bene come siamo, così come siamo fatti. Giochiamo un gioco sbagliato, perchè il gioco è scoprire quello che già siamo. Nella nostra cultura siamo stati abituati a far emergere le differenze individuali. Abbiamo costantemente il bisogno di individuare: il più brillante, il più stupido, il più vecchio, il più giovane, il più ricco, il più povero e così via. Facciamo tutte queste distinzioni dimensionali, inseriamo gli induvidui in categorie e li trattiamo in quel modo. Così vediamo gli altri come separati da noi stessi, nella maniera in cui essi sono stati separati. Uno degli aspetti più stupefacenti dell'esperienza è trovarsi con un'altra persona ed improvvisamente accorgersi di tutte quelle cose in cui loro ti rassomigliano e non quelle per le quali sono diversi da te, e provare l'esperienza del fatto che l'essenza di ciò che è in te, è l'essenza di ciò che è in me, una unica essenza!
Si deve comprendere che non c'è l'altro, ma c'è una cosa sola.
Le vecchie invocazioni alla razza, al sesso, all'estremismo religioso, sino al rabbioso fervore nazionalistico, stanno iniziando a non funzionare più. Una nuova consapevolezza si sta sviluppando che vede la terra come un singolo organismo e che riconosce che un organismo in guerra con se stesso, è un organismo in rovina.

"Quando il potere dell'amore supererà l'amore del potere il mondo conoscerà la pace!"
- Jimi Hendrix -

Apriamo gli occhi!

da "ZEITGEIST"

venerdì 9 novembre 2007

Il tiro mancino della vita.

Io mi sveglio, ogni mattina e penso, che c'è qualcosa per cui continuare a vivere. Qualcosa che davvero non mi stancherà mai, qualcosa che davvero, non mi toglierà mai la voglia di dire: "Anche oggi, faticosamente (in occidente si fa per dire) metterò un piede davanti all'altro e con passi piccoli o lunghi arriverò un po' più avanti."
Ogni mattina mi sveglio e comincio a credere che c'è uno scopo, un motivo. Non sto più tanto a chiedermi qual'è, preferisco darci dentro, e scoprirlo mentre lo sto già perseguendo. Arriva un momento in cui, volente o nolente, tra risate e pianti, gioie e dolori, e gli inevitabili dualismi, con cui ho riempito questo (ormai deserto da commenti) blog, capisci quello che sei, ed è inutile che scegli quello che fare, perchè qualsiasi cosa farai la farai per te! La farai portando qualcosa di te in quello che intraprenderai, e tanto vale essere una buona persona in un posto umile, che una persona arida in un posto importante.
E' dura, chi lo mette in dubbio, ma è bello. E' la fregatura (come dice mia nonna) della vita!
Ed è l'amore, che provo incontrastato per tutto quello che ho intorno, che mi fa vivere sereno con tutte le energie che mi circondano. Immerso in qualcosa di cosmico che gira, si completa e si esplica in un uniforme "tutto" di cui tutti facciamo parte, e di cui siamo essenza reciproca.
Passione ed azione istintiva: calma zen.


P.S. (non lo faccio mai) Volevo salutare chi assiduamente legge il blog, e me ne parla! E pure chi no me ne parla ci mancherebbe...
Grazie a tutti.
#RK#

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Tra spire di fumo, m'appare nebbioso.
Creo da solo il mio doloroso
incessate calare nell'ombra.

Mi volto e mi vedo nell'ambra,
come un insetto antico,
come un arazzo datato.

Tra luci soffuse io sento il tuo corpo.
Lo indago, ne scopro ogni vuoto.
Lo colmo di premure.

Lo sento dentro che passa.
Il tempo di altri sorrisi,
cocenti passioni e sconfitte.

Come essenza di brace riluce nel buio.

#RK#

venerdì 2 novembre 2007

La voja de partì

C'era un signore con cappelo, e un altro con la sigaretta, e due coppiette una a destra e l'altra a sinistra, che tripudio de bacetti!
C'era una che coreva, una che parlava col commesso del check-in... IMBARCO!
Ce stava la gente coi carelli, co le valige, co li zainetti e le borsette. Ce stava la polizia! EEEE, coi cani antidroga, e ce stava un poro cristo che ho visto se magnava un panino tutto solo. Quanta tristezza da viaggiatore solitario. Come n'piccione!
Ce stava un pizzardone che m'ha detto: "Tolga quella macchina!" Come te sbaji?
Ce stavano persone che manco te guardano in faccia, c'erano du tizi che camminavano vicini e manco se parlavano! Due giovani carini se baciavano, lei partiva e lui restava, quante lacrime, quanta fatica, quanta strana disumana tristezza. Eppure quanta comprensione.
Quanta mancanza, quanta voglia de provà le stesse cose!
Ce stavano un sacco de persone, però ce trovi sempre i soliti all'aeroporto, coi trolley e le barbette fatte, mica come alla stazione che te capita pure de sta a parlà mezz'ora co un barbone che tanto er treno prima che ariva.... Te ne fai una ragione, non te capita mica de sta a còre come un disperato perchè hai imboccato er gate sbajato!
Oggi me ne vado alla stazione. Cor fischio dei treni e l'odore puzzone de rotaie e gente a spasso. Che me piace, non ce posso fa niente, è l'odore classico de la gente, che vive, cammina se sfascia ritorna parte, se incammina, viaggia, more, perchè partire è un po' morire, partire è un po' tornare e andare, è un po' ammalasse e un po' guarire! Col treno te riacchiappi le distanze, te gusti i tempi, te riprendi quella lenta dondolante, appesa immagine della terra che te score sotto i piedi!
Ma mica pe essere retrogradi, il treno mica pò arivà in america non lo poi pija, e la nave se sa... dondola troppo.
Allora prendo il pullman, anzi no me ne vado n'bicicletta, NO, me ne vado a piedi, magari un po' de fretta, me metto a còre. Pe arriva bho, chissà dove! è questo il viaggio no? partire e arrivare, ma quanto tempo deve passare tra le due estremità? Una vita, un eternità? perchè poi quanno arrivi ce sta che dici: "ce so arrivato io co le sole e i tacchi mia! ce so arrivato io DA SOLO! è inutile che te incacchi, io ce so arrivato e te no, stai ancora a pedalà!"
E pedala caro, PEDALA! pure in salita! Hai da vede com'è dura, quando se sbraga la soletta. Quando rimani scarzo! Quanno 'n c'hai na lira manco pe na biretta! Quanno 'n c'hai n'cazzo de nessuno che te chiede: "Come va?" E come annamo... sempre ar solito sempre de fretta! S'affannamo pe arrivà, s'affannamo pe tornà. Ma pe resta che famo? Che famo quando c'è bisogno de stacce? Quando c'è bisogno magari solo a dire: "Che te serve? C'hai bisogno?" No grazie!! preferisco sta da solo, non me cercate, c'ho da fare. C'ho da lavorare! "Ma si nun lavori e se lo fai lo fai pe finta? Ma chi voi cojonà, daje annamo, vieni, fatte na biretta, e non ce pensi più."
Eeeeh, come sarebbe più facile la salita, se quanno te se sfonna la soletta, c'hai vicino uno che te dice: "Annamo in due, senza fretta, te do na mano io, se c'hai bisogno, me fermo pure, senz'affanno, non c'ho mica l'aereo che me parte, t'aspetto, e non te chiede il perchè lo faccio, tu statte zitto e ripija fiato, io t'aspetto, perchè te amo, e non me ne frega un cazzo se arrivamo dopo! Tutt'alpiù se divertimo, se famo du risate, senza sta a conta l'ore passate pe st'incidente che c'è capitato! Aho, ma che vorresti la vita sempre perfetta! Annamo in due, non ce sta fretta te l'ho detto! Anzi, viè n'po' qua che te do la mano, se ne stamo vicni e s'abbracciamo, senza sta a pensà a quanto ce mettiamo. Te l'ho detto te amo, e il posto mio è qua, io nun c'ho bisogno de arrivà."
E così ce se incammina verso la meta, ce se fa strada verso la destinazione. Senza problemi de frontiere, de leggi e de imbroji de qualsiasi dimensione. Ce se fa forza, così, a core a core.
Ma quanno stai da solo. Aho, chi t'aspetta? Stai lì a chiedete se era il caso de partì prima, perchè mo, sei sicuro che stai ad arrivà in ritardo. Allora prendi l'aereo, così pure se c'hai fretta, stai sicuro che arrivi in orario!
Allora mettetece le ali no? Mettetece i razzi ar culo, così da soli ariveremo pure sulla luna! Perchè da soli ariveremo dappertutto! Senza avè bisogno de riparà la sola! Mettetece le rotelle, li pattini incorporati, fate l'omo missile e l'omo aliante, che appena stacca dall'ufficio se lancia dal balcone e plana verso casa sulla tavola imbandita e l'amica preferita, la televisione! Insegnatece a volà senza cherosene, sbatteremo le braccia più veloce de un piccione. Ce metterete la targhetta e faremo un lungo viaggio, da casa al lavoro e poi ritorno! Fra n'po' c'avremo scarpe da rotaie, macchine volanti, aerei supersonici, e trasporti colossali, spostamenti immani, e malori disumani!
Fateme n'piacere, annate avanti, che io resto un attimo a contemplà la natura. Lo so so lento, ma che volete, mica ve rallento, s'io resto dietro a voi che ve ne frega? No davero, nun ve preoccupate, io je la faccio, senza complimenti. Pure se soffro un po' non me ne dispiaccio, non so mica tutti brutti i patimenti! Sto qui e me guardo intorno quanta bellezza c'ho da scoprire. è un po' pure quello il significato di partire. Vabè non pretendo d'esse capito, ma almeno d'esse rispettato, vabè, se ve faccio pena, almeno compatito, tanto è quello che c'ho dentro io che me preme. A li giudizi vostri je do il posto che conviene: "in fondo a destra", come i cessi nei ristoranti.
Come dite? Arivo tardi? E vabè, non se po avè tutto, io m'accontento, ancora! E m'accontento pure d'arivà dopo, e chi baccaja, come se dice, fa na fatica doppia, perchè prima m'aspetta, e dopo je tocca pure salutamme quanno arivo, perchè me incazzo se dopo che ho rotto la soletta tu manco me vieni a salutà, io lo pretendo! Mica pe rispetto o chissà che, ma per educazione. Che se ce fosse andrebbe mejo a un sacco de persone! Ma che discorso moralista che m'è venuto fori, e m'accorgo che pe fa sta lista de valori, ho perso r'treno, lo sento già che fischia, e io mo che ce penso, la voja de partì, manco ce l'avevo.

#RK#

giovedì 1 novembre 2007

Mai smentirsi - Natural Dementia!

C'è probabilmente un luogo, nella mente, dove tutto perde di senso.
C'è un lato , del mio ego, che non mi piace affatto, mi terrorizza.

Anche la schizofrenia è un alibi.

Ogni difesa è un alibi; un alibi tremendo; un alibi è tremendo.

Fase odio. Forse odio.
Quando torno dallo stato di incoscenza sono sempre triste.

- Le conseguenze di ogni azione sono racchiuse nell'azione stessa - "G. Orwell"

Se programmi la tua esistenza non sarai mai pronto ad affronare gli imprevisti. L'esperienza è tutto nella vita. L'esperienza è la vita.

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Lui dorme con lei, non si toccano, non si baciano, non si sfiorano. dormono con piacere e tranquillità. Esistono.
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- Ciao.
- Stanotte ti sei agitato.
- Mentre dormo non posso controllare il corpo. Scusa.
- Non ti controlli, non scusarti.
- Vuoi qualcosa(?) per colazione?
...silenzio...
- Un succo. E marmellata.
- La marmellata la vuoi sul pane o ti porto un cucchiaino?
- mmm... cucchiaino.

L'oscurità era trafitta da poche luci che filtravano dalle case.
Televisioni dalla colorazione azzurrina, spandevano luci in tutto il mondo. Tutto il mondo è una luce azzurra, tutto il mondo passa per il video, tutto il mondo è luce... (FALSA)


Novembre è arrivato.

(natural dementia D.O.C.)
#RK#

martedì 23 ottobre 2007

...lei...

sorride, mi fa domande.
intelligente, capricciosa come solo una donna sa fare.
adorabile maledetta.
lei è un sogno, è un incubo, ma una dannata dolce persecuzione.
indecisa come tutte, ferma e determinata.
le note di ogni canzone stanno bene col suo corpo,
e tutte le note che suono ne vengono ispirate,
le parole che scrivo ne vengono colorate,
i pensieri che faccio ne vengono conquistati.
adoro il modo che ha di fare
è lei che mi fa sognare, titubare, pensare, fremere,
sorridere, digiunare, arrossire, imbarazzare, emozionare.
è semplicemente, specialmente lei.

Tramontana - Perielio - Altrove

Eccole, quelle giornate di autunno, che ti chiedi come mai fa questo freddo? Fino a ieri ho girato in pantaloncini per casa, adesso dormo con la felpa e i calzini!?
La mattina è sempre più luminosa, eppure il freddo entra dentro, e se ti fermi un attimo a guardare il sole - che in finale si può guardare, basta on fissarlo per ore - lo vedi che è una stella, che sta lì, dove tante altre giacciono sotto la sua luce impertinente. In questo periodo la terra è più vicina al sole, si sposta nello spazio ad una velocità enorme (29.800 metri al secondo). Intorno a noi ci sono formazioni planetarie e galattiche immense. Incalcolabili distanze, misteri ancora da capire e da individuare. Ogni volta che ci penso amplifico i piccoli significati delle vite quotidiani, ma successivamente perdono di importanza (sempre la bilancia del dualismo senza uscita! Bipensiero direbbe Orwell).
Tutto perde d'importanza. Come la storia ci insegna niente è destinato ad avere un equilibrio e mantenersi intatto nel tempo. Tutto è destinato a mutare, fino a quando non si creeranno nuovi equilibri, e nuovi squilibri. Credo fortemente che la fine non è per niente vicina, anzi, sono sempre più convinto che quest'umanità che già vuole chiamarsi "moderna", e già si allarma per la sua imminente estinzione, è ancora agli albori, alle sue prime armi, le poche centinaia di migliaia di anni dell'uomo sono una scheggia minima nella storia delle mutazioni costituitesi in centinaia di milioni di anni nel cosmo, dove senza saperlo (non ancora) possono essersi succedute infinite forme di vita, e infinite epoche.
Non mi stancherò mai di accostare il buio all'eternità, e la luce ad uno stato transitorio che passa quando il sole ci volta la faccia, per occuparsi di altro. Nello spazio siderale tutto ci appare assolutamente illuminato e assolutamente buio. E chissà come sarà tra mille anni, o come è stato centomila anni fa, altrove.

lunedì 8 ottobre 2007

gioie incontrastate e dolori inconsolabili

potevo anche chiamarli: vette e dirupi; glorie e sconfitte; giornate di sole e notti senza stelle; idillio e condanna; positivi e negativi; uguali e opposti. fatto sta che il concetto di Alto e Basso, di In e Out, di Buono-Male, Giusto-Sbagliato, c'è, c'è stato e ci sarà.
ho quasi il timore di essermi infilato in una cosa che per ora mi sta dando tanta gioia incontrastabile, perchè credo fortissimamente che sia la cosa giusta! che sia la mia vetta, il mio Alto, la mia onda da cavalcare... eppure, i segnali che stanno arrivando non sono in sintonia coi sentimenti. Allora cosa? perseverare? insistere? continuare a menare capocciate su una porta che (si sa, lo so) non si aprirà mai a me? si, Insistere! Continuare! Mai arrendersi!
eddaje così
#RK#

giovedì 4 ottobre 2007

Please please please, let me get what i want

Good times for a change
See, the luck I've had
Can make a good man
Turn bad

So please please please
Let me, let me, let me
Let me get what I want
This time

Haven't had a dream in a long time
See, the life I've had
Can make a good man bad

So for once in my life
Let me get what I want
Lord knows, it would be the first time
Lord knows, it would be the first time

- The Smiths -

mercoledì 3 ottobre 2007

IMMAGINI VIOLENTE MAI APPARTENUTE

Tenevo la luce spenta, mentre di fronte a me, la sua finestra era illuminata. Era distesa sul letto, lo sapevo, vedevo le sue spalle nell’angolo destro della camera. Leggeva un libro, la luce soffusa che le illuminava i capelli neri. Di tanto in tanto si aggiustava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Adorabile. Ogni volta che mi acquattavo dietro la persiana a spiarla mi sentivo in colpa come un nazista. Lo so che rubavo la sua privacy, che violavo la sua intimità, ma non lo facevo con cattiveria, il mio unico scopo era quello di godere della sua magnifica bellezza. Per me era come spiare un Picasso, un Van Gogh: era inconcepibile che tanta bellezza dovesse rimanere segregata tra quattro mura, ad allietare solo chi aveva la fortuna di averla vicino. Il telefono squilla. Si alza, ha un pigiama grande, non è neanche volgare. Quante ne ho viste, (nei film e nelle cassette pornografiche) che dormono senza la biancheria, oppure che portano strani vestitini, anche quando vanno ad aprire all’idraulico. Lei era casta e pura, meravilgiosamente bambina, nel suo essere una donna. Si mette a ridere, mentre parla, gioca con il filo del telefono. Ride e gironzola per la camera. È sicuramente qualcuno a cui vuole molto bene, oppure che la fa stare particolarmente bene. È il suo ragazzo – pensai – è quell’usurpatore che ha imbrigliato la sua bellezza per farne una fruizione personale. Magari è uno di quegli imbecilli che le dicono di non mettersi la gonna, oppure di non truccarsi. Certo che lei è molto meglio struccata, conserva una naturalezza più genuina. Non è volgare come tante che vedo in giro. Tante, troppe donne che si imbellettano senza motivo, per far risaltare qualcosa che ormai non è più. La bellezza data dalla giovinezza è un valore troppo effimero per basarci una vita. A me fanno un po’ pena quelle persone che si vedono crescere le rughe e poi si ritrovano incantati di fronte ad uno scaffale di una profumeria per scegliere la migliore crema anti-rughe, che previene l’invecchiamento della pelle, che ringiovanisce, oppure che fa sparire, con un delizioso effetto lifting, il doppio mento. Mi veniva da ridere.
Entra sua madre in camera. Lei istintivamente poggia la cornetta al petto, lo tiene nascosto, tra i seni, quel gesto di mettersi istintivamente al proprio grembo qualcosa che non si vuole dividere con nessuno, qualcosa da conservare e da difendere, persino da quella che non è un’intrusa, la sua dolce mamma, che a me sembra una donna molto simpatica, ma che invece lei detesta. Appena entra in camera – infatti – lei si irrigidisce, e diventa un pezzo di ghiaccio, si terrorizza, si guarda intorno, come se stesse facendo qualcosa di immorale, come se la sua esistenza si tenesse in bilico su un reato colto in flagrante, un peccato latente che anche se non sussiste, aleggia nella sua vita, una colpevolezza quasi cattolica di essere incautamente venuta al mondo. Si ritrae e dice delle cose, evidentemente irritata. La madre va via, e lei scoppia a piangere al telefono, singhiozza e dopo pochissimo attacca il telefono, lo guarda. Lo guarda con una faccia pietosa che sembra dire: “Neanche te? Neanche te riesci a capire il motivo delle mie lacrime?” Che molto probabilmente il motivo delle sue lacrime non lo conosce neanche lei. Si sdraia sul letto. Vedo le sue spalle che sussultano, in inequivocabili singhiozzi di pianto. Spegne la luce, e come ogni volta, mi sento distrattamente triste, come se avessi visto qualcosa di tremendo, che potrei, volendo, migliorare, ma effettivamente, le distanze che si creano tra situazioni tanto vicine spazialmente, ma lontane anni luce per quanto riguarda la loro percezione, inibiscono ogni intervento, ogni modulazione, ogni influenza. Mi metto a dormire, un po’ reo, un po’ divertito.
“Questo voyerismo è meglio del cinematografo” pensai.

#RK#

mercoledì 26 settembre 2007

Tratto dall'opera teatrale: "Porcile" di Pier Paolo Pasolini

-fine del III episodio-

[...] Ma la Germania di Bonn, accidenti,
non è mica la Germania di Hitler!
La tenerezza e la durezza vi sono mescolate.
Si fabbricano lane, formaggi, birra e bottoni
(quella dei cannoni è un'industria d'esportazione).
Del resto poi, si sa, anche Hitler era un po' femmina,
ma, com'è noto, era una femmina assassina: la nostra
tradizione è dunque decisamente migliorata.
Io sono madre, sì, ma affettuosa. E dunque?
La madre assassina, lei, ha avuto figli obbidienti
con gli occhi azzurri pieni di tanto disperato amore!
Mentre io, io, madre affettuosa, ho questo figlio
che non è né ubbidiente né disubbidiente?

- Pier Paolo Pasolini - Porcile -

martedì 25 settembre 2007

Stati transitori

A volte, mentre vivi compiaciuto le cose della tua vita, distrattamente incappi in un cassetto, in un foglio, in una lettera, in qualcosa che tieni nei tuoi nascondigli e che hai custodito da tanto tempo. La noti, la leggi, la riguardi. Passi un dito su una foto, come una carezza, rileggi parole che ti hanno fatto emozionare, rivivi sorrisi e lacrime passate. E lo fai con la testa di adesso, lo fai con una consapevolezza diversa, e ti rendi conto di quanto il tempo, davvero, cambi le cose. Guardo un letto sfatto, che non è più il mio: ho portato vestiti sempre diversi, mi accorgo, quante maschere ho dovuto sfilarmi, fino a riuscire a sentire l'aria fredda della verità sulla pelle del viso. Il tutto viene da una serata passata a bere vino con un amico ritrovato, a sorridere di cose belle e brutte, al piacere di pensare a qualcuno. Viene da una notte, spesa a parlare di cose non banali, con una ragazza interessante, e capire che è quello che voglio da un confronto con le persone. Viene da un piacere, morbido, in famiglia, di una quiete dondolante, che alla fine, non fa soffrire nessuno. La felicità è uno stato transitorio, ma la vera forza sta nel capire che anche la tristezza lo è.

#RK#

sabato 15 settembre 2007

artifici artificiali

ci sono sentimenti contrastanti, continui, nelle dualità nascoste nel profodno di noi stessi. quella parte recondita di noi, che crediamo di conoscere, eppure è sempre lì a sorprenderti. la dualità, l'esistenza continua di due flussi uguali e contrari di pulsioni, alterazioni, voglie, desideri. un momento sei lì a volere una cosa, e dopo sei cosciente, che nonostante tutto, vuoi anche il suo contrario. indecisione? titubanze? insicurezze? è reale, ciò che tocchiamo, o è l'eterna illusione... niente è normale, perchè niente è come sembra, poichè niente è reale, è tutto il risultato di un artificio sensoriale, strane forme familiari ci circondano, eppure, solo i sentimenti ci accomunano, perchè vengono da impulsi primitivi. l'astrazione dei pensieri nelle forme più tribali, la manifestazione di elementi universali, la materializzazione dei nostri desideri, scissa da ciò che è materiale. scolpire il tutto in un'eterna vibrazione senza scopo nè collocazione. l'ubicazione di noi stessi, ci è ignota, se cerchiamo di collocarci nello spazio che ci circonda. non siamo, non sostiamo, perchè effettivamente, non esistiamo. se non in forma di noi stessi. i nostri sentimenti non si toccano, i nostri pensieri non pesano, se non nei nostri animi e nelle nostre gioie e sofferenze. servirebbe un'altra unità di misura, per l'intensità e il peso del pensiero. calcoliamo distanze astronomiche, masse inimmagginabili, eppure non sappiamo dare una forma a ciò che ci fa sorridere, o a ciò che ci fa cadere una lacrima. è tutto un artificio.

venerdì 7 settembre 2007

Notturno stradale

Dopo un giro infinito per le vie del mio quartiere, a cercare un maledettissimo buco dove parcheggiare la macchina, lo trovai. Non scesi subito dall’auto, aspettai che la canzone che stavano passando alla radio finisse, così riposi tutto nello zaino, e scesi, constatando che l’estate ci aveva lasciato, non era più tempo di stare con la maglietta, bisognava cominciare ad indossare qualcosa di più pesante. Avevo una felpa nello zaino, ma non la presi, preferii subire il gelo di quella notte sulla pelle. Appena chiusa la macchina feci pochi passi, del piccolo tragitto che mi avrebbe portato a casa, e pensai che in quella notte limpida, rischiarata da tre quarti di luna ci sarebbe stata bene la compagnia di una sigaretta, così presi il tabacco e le cartine che avevo in tasca e in dieci passi la girai, la leccai per bene, e l’accesi. Decisi di camminare con passi lenti, ed assaporarmi in fondo il freddo di quella notte così gradevole. Le strade erano deserte – d’altronde erano le quattro di notte, o di mattina? – senza fretta mi guardavo intorno. Le vie della mia zona; uno ci cresce per anni, ma ciò che ci circonda non lo osserviamo, è solo la scena montata alle spalle della nostra vita. Un muro, pieno di crepe e di manifesti sovrapposti, oltre alla fugace occhiata che merita quando gli si passa di fronte, non potrà pretendere di più. Eppure, sopra una spessa coltre di vecchie affissioni, vidi un necrologio: moriva nel lontano luglio, un uomo di cinquantaquattro anni – troppo presto per morire pensai – e tra il cordoglio dei parenti e degli amici, in fondo a destra, come i cessi nei locali pubblici, c’erano l’indirizzo e il numero di telefono delle pompe funebri che l’aveva stampato. Non so perché, ma l’età del defunto, e la tristezza che quel pezzo di carta mi avrebbe dovuto trasmettere svanirono, per far posto ad uno sconcerto ed una rabbia sottili, quasi inevitabili e invincibili. Camminai ancora un po’, la sigaretta era quasi agli sgoccioli, ed ad una fontana mi fermai per bere dell’acqua freschissima. La sigaretta divenne mozzicone, l'aria fresca mi destava ad ogni passo. Ancora dieci passi, pensai, e poi sarò un po' più vicino alla meta. Ancora dieci passi.

martedì 4 settembre 2007

Maphia Phone

“Pronto?”
"Ciao, sono io, come andiamo?”
“Tutto bene.”
“La facisti quella cosa?”
“Quale cosa?”
“La cosa di quel pacco.”
“Certo, ma ebbi un po’ di grane con la macchina.”
“La macchina? E che tipo di grane ti ha dato?”
“T'arricordi che la portammo dal meccanico per quel guasto?”
“Sì, m'arricordo.”
“Ebbene, dopo du simanate, s'arrippresenta lo stesso problema.”
“Cose 'e pazzi. Ma la cosa non ti ha creato troppi problemi vero?”
“No, la macchina è stata un problema marginale. Quello che mi ha dato più fastidio è stato 'u portieri, che non voleva farmi trasiri nell’edificio.”
“Sì, ma poi trasisti?”
“Ma certo che sono entrato.”
“E come fici?”
“Ma che minchia mi chiedi? Col solito metodo.”
“E qual è il solito metodo?”
“Non t'arricordi il solito metodo?”
“No signore, 'un m'arricordo va bene! Che vuoi fare adesso mi vuoi processare?”
“Ma che minchia vai dicendo nessuno ti vuole processare.”
“Allora si può sapere qual è questo strafottutissimo "solito metodo"?”
“Quello che s'inventò Sonny, per trasiri in casa di Mike “giacchetta”! Adesso te l'arricordi il metodo?”
“Ma certo che m'arricordo, non sono mica rincoglionito. E poi sei riuscito a portare u' pacchettu?”
“Sicuro! Ma prima ci fu problema.”
“Ma mi avevi detto che l’unico problema te lo aveva dato 'u portieri.”
“Ma allora vedi che non ascolti! Ti ho detto che 'u portieri mi ha dato fastidio, ma col metodo di Sonny me la sono cavata e non poteva essere un problema.”
“Scusa, ragione hai, non ho prestato bastevole attenzione.”
“Va bene, non ti scusare, è che sono ancora un po’ nirbusu.”
“E 'u problema quale fu?”
“'U problema veru fu trasiri dintra l’appartamento d'u tiziu.”
“Quale tizio?”
“Ma mi stai pidjandu p'u culu?”
“No, no... serio sono!”
“Tu mi telefoni per sapere se il pacco è stato recapitato al tizio, e poi mi chiedi chi è il tizio?”
“Voglio solo sapere se hai fatto il lavoro come si deve.”
“Il tizio è la persona che decisimu l’altru jorno, quando stavamo a giocare a poker da chi sai tu.”
“Perfetto, volevo solo sapere se avevi afferrato. E 'u problema che mi dicivi?”
“Ci stavo arrivando, ma se tu mi riempi di domande minchiuse ogni secondo non finisco più di raccontarti.”
“Continua pure, e chi t'iinterrompe...”
“'U problema fu Joy “panzetta” di fronte alla porta con un cannone calibro quarantaquattro.”
“E tu che hai fatto?”
“Gli ho mandato un mazzo di rose e ci ho ballato il tip tap.”
“Ma che minchia dici?”
“Ma che minchia dici tu, arrusu fetusu che non si autro! Gli ho sparato, che minchia ti credi che dovevo fare?”
“Bono facisti! Hey, mi fici arridere con la storia del tippe tappe.”
“Fai bono a ridere, ridere fa bene, sapessi quanto arrideva Joy quando gli ho messo la pistola sotto la panza. È morto dalle risate!”
“E dopo che l’ammazzasti?”
“Lì le cose si complicarono, perché ho dovuto nascondere il corpo.”
“E dove minchia lo mittisti?”
“Ci stava un armadio a muro.”
“E allora?”
“E allora ce l’ho messo dentro! Ma che sei scimunito? Se ti dico che ho un corpo da far sparire e che ho trovato un armadio a muro che credi che intendo?”
“Che ci mettisti 'u corpu dintra all’armadio a muro, ma mi credi così rincoglionito?”
“No, è che mi fai incazzare con le tue domande della minchia.”
“Prosegui.”
“Dopo che ho nascosto il corpo, trasì nella cammara, e appena entro che ti vedo?”
“Che vedi?”
“Vedo che 'u tiziu non era solo.”
“E con chi michia era?”
“Era con una fimmina. Una picciotta mora trentina che faceva girare la testa.”
“Minchia e che stavano facendo?”
“Facivanu 'na brisculata co' panelle e mezzo litru 'e vino. Ma che minchia di domande mi fai, fottendo stavano!”
“Fottevano?”
“Sì, fottevano, lo sai che vuol dire o ti devo spiegare pure questo?”
“No, non me lo devi spiegare.”
“E allora trasì, li ho fatti mettere seduti sul letto, e ho dato il pacchetto al tizio. Lui ha detto un sacco di minchiate sulla famigghia e sull’onore, e dopo che ha finito li ho accoppati tutti e due.”
“Li accoppasti?”
“Sì, tutti e due!”
“Tutti e due?”
“Minchia sì, tutti e due!”
“Minchia, bravo!”
“Grazie! Tu invece che mi dici? Tutto bene?”
“Certo che va tutto bene!”
“Stasira ci vediamo da chi sai tu?”
“No stasira devo fare una cosa.”
“E che minchia devi fare?”
“Ma come che devo fare, devo fare "quella cosa" che decidemmo quella "certa sira" da quella "certa pirsona"…”

giovedì 30 agosto 2007

A casa dell'ingegnere

Il sole.
Gli alberi e la montagna.
Un profumo e un silenzio che vengono solo da un lago.

Sapori e odori antichi. Genuini. E' nella semplicità di questo popolo che esiste la loro forza. Antichi rituali, dai quali il mio spirito metropolitano si distacca. E' privo di legami. Privo di quei meccanismi, nei quali mi perdo e mi affascino, ma che non mi appartengono.
Il patriarcato, il maternalismo puro. Diffondono nell'aria qualcosa di antico e stantio. Nonostante ciò, mi incuriosisce.
Rivela una natura incontaminata da un progrsso che porta dei grandi vantaggi, ma che in sua assenza lascia vivi dei meccanismi che andrebbero preservati.
Dei fiori ancora nascono in questo giardino rogoglioso e trascurato, e di tanto in tanto avverto queste radici, sotto quello strato di asfalto che ormai intorpidisce e consolida le mie membra.

Resto però immobile di fronte ad un silenzio, una quiete che mi vengono da definire "innaturali" ma che invece sono l'esatto opposto. Nella loro semplicità c'è un rispetto innato della loro terra. Un amore per il territorio che si vede di rado in una città, e capisco quanto il contatto con la natura mi manchi profondamente.

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Nel tuo sorriso vedo un sole che splende vivo e fresco. E' vero, è libero da contaminazioni, è un fulmine che squarcia tutte le relazioni false che ho vissuto in una giungla di palazzi e aerei e auto.
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Ronzano le mosche, nel loro habitat. Scoiattoli che si arrampicano lesti senza conoscere un male che ha sradicato i propri simili altrove.
Sono io che mi sento un intruso qui. Con i miei vestiti e i miei accessori.
Il muschio si arrampica su un muro, tra le pieghe del suo intonaco, a rimprendersi uno spazio strappatogli senza chiedere. L'umanità di questa gente che convive con tutto questo, mi fa perdere ogni voglia distruttiva.
Mai come ora so che l'uomo portatore del "suo progresso" è un cancro distruttore di ciò che lo ha generato. Un'anomalia.
L'umanità ha perso quel legame sacro e indissolubile che ha col suo pianeta. Si è dimenticato di portare in se quella riconoscenza che è dovuta all'ambiente in cui si è evoluto. Come disconoscere un genitore.
Un giorno la natura a gran voce reclamerà tutto ciò. Il pianeta si riapproprierà di se stesso, distruggendo ciò che è anomalo in un malsano ricordo.
L'umanità ha perso. Troppa gente è schiava di questa prigione di diamanti.

Quanta assuefazione, quanta stupida omologazione. Quanti falsi valori e inutili profitti spingono l'uomo ad appropriarsi indebitamente di qualcosa che non può reclamare?

Confido in questo silenzio, in questo fruscio d'alberi generato dal vento, in questo sole caldo che illumina i miei pensieri neri e i miei malumori, di fronte ad un pessimismo che mi spinge a credere nella mia fortuna di uomo ancora in grado di scegliere. Ma la mia libertà non sarà quella di mio figlio, e suo figlio forse non sarà libero abbastanza per prolungare la mia progenie.

Il silenzio è interrotto da rumori di veicoli, un po' come la mia "parte nera" ha oscurato l'idillio che avevo creato. Rumore di motori, che stonano col sottofondo estivo di un giorno straordinario, che mi spinge a scrivere in libertà ciò che la mia mente partorisce liberamente.
Le ambizioni, il futuro, sublimano nella punta di uno spillo, diventano un tutt'uno indissolubile, e mi sento vivo.

venerdì 10 agosto 2007

Notti...

La notte è un contenitore di pensieri,
riflessioni, quel mutare costante di punti di vista,
versioni di persone, che non navresti mai immaginato.
Spunti per scrivere, per imparare, per immaginare canzoni.
Divertimenti e chiusure in spazi angusti,
Laceranti agonie e deliranti costatazioni.
La notte, è assenza di veglia, è strana
è malsana, è gioviale.
La notte è un viale senza luci, che si fa percorrere.
La notte è un'amica sincera e una stronza compagna che ti devia.
I pensieri, in quell'ora in cui il sole mi manca,
sono diversi, sono più forti, si fanno sentire non solo nella testa
ma anche nella pancia.
Quelle notti in cui non sai che dire,
e quelle invece in cui non andresti mai a dormire...
Ci sono notti in cui non vorresti mai finire di essere come sei,
notti invece in cui sparire sarebbe indicato per te e per chi ti ha intorno.
Oh splendida notte, che talvolta mi regali la luna.
Che mi fa stare a naso in su anche se è una certezza.
Notti calde, notti fredde.
Notti solitarie e notti complici dentro una macchina o tra le lenzuola.
Notte dolce per un bacio o per un addio.
Notti maledette, per un bacio o per un addio.
Mi fermo, come sempre a contemplarti, notte subdola, che mi fai ricordare
tutte le altre notti passate, in cui avevo qualcosa che ora non c'è.
Notte meravigliosa, che mi fai scoprire mille sfaccettature di una vita che di striscio mi prende,
e mi porta via con se senza coscienza.
Buonanotte notte, aspettando domani, per un giorno che finirà come sempre,
con la certezza che prima o poi inghiottirai anche quello.
Notte giovane, notte romantica, notte scaltra, notte scema.
Quante ne ho passate a cercare qualcosa che non è arrivato,
quante ne ho vissute accettando qualcosa che non speravo.
Quante notti a ridere di niente
quante notti a piangere di tutto.
Abbracciato ad un cuscino, avvolto in una coperta.
Notte che mi porti il sogno, dove riesco ad essere me stesso,
a immaginare mondi che non ho,
a vivere vite che non so.
Notte bella, notte che mi abbracci,
che assomigli ad un rito da soddisfare.
Notte, ancora una volta mi trovi qui a farmi ispirare da te.
Nera, scura, ma non ho timore di te,
che è la vita che mi fa paura.
Stupidamente mi rifugio in te, notte triste.
E rido. Perchè domani, sarò di nuovo me.

lunedì 6 agosto 2007

Romano inKazzato

Però, me pare che
a vedè ce semo nati
tutti capaci.
Allora nun me spiego
li poracci e l'incapaci.
Li sordati e quelli che se
coprono de stracci.

Così, er dubbio me sale
a sto cervello.
Che a vedè nun semo boni
e manco quello de sapè
guardà, c'avemo come
dono.

Vivemo ner frastuono
de li culi de bottija
e de paillettes.
Po essere perchè ce stanno
a insegnà che la vita
è n'antra.

E chi je lo ricconta
a mi nonno zappatore,
che bonanima s'è rotto er culo
pe famme vive come n'signore?

Je bastava annà a rubbà,
come ce insegna
chi ce sta a governà.

giovedì 2 agosto 2007

Onde

Ti vedo. Cullarti nel vento,
sopita in un fruscio di foglie,
ed un mare sonoro
che sconcerta i miei pensieri.
D'alba è fatto il tuo sorriso.
Sapore di un gusto da scoprire.
Vorrei nei tuoi capelli
affondar le mie dita.
Vorrei dei tuoi fianchi
il tocco su di me.
Ancora una notte d'estate
a fantasticare l'amore.
Ancora di notte mi trovo
a non saper cosa fare.
Ti guardo, sorrido e vorrei
dirti che t'amo.
D'un amor senza senso,
un sentimento senza fondamento.
Mi sciolgo nelle illusioni,
e so che non posso più dare
adito a speranze, che cambiano
come cambiano le onde del mare.
Senz'amor non si vive,
ma questo amore non è.

Dualismi

Tutto si muove, tutto oscilla (tra dolore e noia?) e io non so se sto fermo o se inconsapevolmente anche io oscillo in questo strano mare fatto di rapporti, decisioni, persone, scelte, amori, passioni.Tutto oscilla e orbita intorno a due fuochi che sono l'essenza delle cose, l'intrinseca dualità di ogni fenomeno. E' ovvio che l'uno non prescinda dall'altro e viceversa, quindi noi li conosciamo, li sperimentiamo (a volte no) ma comunque effettuiamo una scelta, giusta o sbagliata che sia, ci schieriamo. Io oscillo, perchè nell'arco di poco tempo (anche minuti, cari miei) i due aspetti delle cose che mi circondano, che spesso si trovano agli antipodi, mi sembrano coerenti, giusti, e non so dare contro nè al bianco nè al nero.

sabato 21 luglio 2007

Metropolitano

Striscio sotto la siepe
Della tolleranza.
Sono di questa città
L’ennesima istanza
Di abitante della necropoli
Metropolitana.
Eppure questa gabbia
Di negozi e di cemento non
Può fermarmi dell’alzare
Gli occhi al firmamento; e
Ricordarmi quando mi ero
Perso, che cittadino ero sì,
ma dell’universo.
E allora penso ai popoli,
alle classi ed alle guerre,
che innanzi a quell’immenso
sono livide lanterne a
spegnersi destinate.
Come può, un manipolo di
Microbi, poter interferire
Con l’eterno.
Mi guardo torno, torno,
sono incredulo e stupito.
Dal nulla abbiamo creato
Altro nulla, per aver sempre
Di meno.
Mentre fuori,
quell’eterno è eterno per davvero

lunedì 16 luglio 2007

Rikk VS. Vita: 1 - 0

Stasera concertone di Franco Battiato...
Ottima compagnia, ottima gente trovata sul luogo!
Francone è sempre Francone...
Ad inizio concerto urlo potente un: DAJE FRANCO! che mi carica, comincio prima a cantare, poi a urlare a squarciagola le canzoni che DAVVERO SIGNIFICANO QUALCOSA PER ME! Le canto e mi sento vivo, mi sento descritto in parole e musica sublimi. Poi però non ho più voce, ma andare ad un concerto e ritrovarsi alla fine, ancora con la voce, non ha senso... perdere la voce ad un concerto è come tornare a casa col trofeo!
A metà serata, quando il buon Franco rispolvera le vecchie glorie, tutti indistintamente dal settore al quale erano assegnati, fanno una corsa verso il palco, e lì sotto, dove c'erano i posti a sedere per i"VIPS" si è riversata una folla di ragazzi assetati di note sparate per bene. Ovviamente io correvo sotto il palco con loro. E si saltò, e si rise, e si ballò e si cantò..
Il tutto ambientato nella località di Vulci, sotto un cielo di stelle meravigliose, una serata tersa, che mi ha fatto sentire vivo...
Musiche eccellenti, come al solito arrangiamenti impeccabili e tutta l'orchestra + una band rock + un addetto ai suoni digitali + le "the Mab" con le loro tre chitarre davvero ROCK!!! (Una di loro aveva una Gibson SG che ha fatto saltare i capelli ai vecchietti in prima fila!) + il pianista + l'immancabile Manlio Sgalambro che come al solito mi fa pensare... oltre a farmi fare due risate. Poi la presenza scenica di Franco Battiato, che conduce tutti con le sue evoluzioni e mimiche un po' scoordinate e anacronistiche, ma che costituiscono il fascino indiscutibile della sua eclettica persona.


I fantasmi di ieri si diradano, i momenti brutti si superano, grazie agli amici (come al solito), e grazie al fatto che stavolta, PER LA PRIMA VOLTA, non mi sono fatto fermare. Ho continuato a picchiare duro, fino a quando non HO VINTO IO!

grazie a tutti...

lunedì 9 luglio 2007

- FONDAMENTI DEL BUDDHISMO ZEN -
È l'atto puro, l'azione diretta che lo Zen predilige, assieme a tutti quei modi di rapportarsi all'esperienza senza troppi vincoli culturali e dunque all'intuizione. Degna di nota è la particolare concezione del vuoto, che si distacca totalmente dal nichilismo occidentale. Se per l'Occidente infatti esso si presenta per lo più come morte, cessazione, mancanza, privazione e negazione, il "mu", l'indicibile nulla dello Zen, è qualcosa di estremamente dinamico, stato germinale di tutte le cose, condizione di ogni possibilità, contenitore del tutto. Uno dei modi di indicarlo è l'enso, un ideogramma dalla forma circolare che è tra i simboli più significativi dello Zen. Collegate a tale dottrina è possibile trovare numerose pratiche appartenenti a campi eterogenei. Origine e fondamento delle arti e della cultura, lo Zen ispirò la poesia (haiku), la cerimonia del tè (cha no yu o chadō), l'arte di disporre i fiori (ikebana), l'arte della calligrafia (shodō), la pittura (zen-ga), il teatro (), l'arte culinaria (zen-ryōri, shojin ryōri, fucha ryōri) ed è alla base delle arti marziali (es. aikido, karate, judo), dell'arte della spada (kendo) e del tiro con l'arco (kyudo).
Obiettivo dello Zen è pervenire al satori, l'illuminazione che porta a un più alto livello di coscienza. Satori e vuoto sono due concetti complementari che si sostengono l'un l'altro, e proprio dalla concezione zen del vuoto è possibile capire la differenza tra il Nirvana della tradizione buddhista e il satori. Se il primo si presenta infatti fondamentalmente come rinuncia al mondo e distacco da esso, proprio come nell'ascetica noluntas di Arthur Schopenhauer, il satori si propone una partecipazione attiva e consapevole al mondo e non una fuga da esso.
Lo Zen preferisce l'attività alla speculazione intellettuale e si distingue dalle altre scuole buddhiste per aver reso essenziale e centrale la cosiddetta pratica nel raggiungimento del satori. Tra le pratiche zen si distingue in modo particolare lo zazen, la meditazione stando seduti. Il termine deriva da "za", seduto e "zen", meditare e indica proprio la meditazione da seduti, su un cuscino detto "zafu", accompagnata da determinate posizioni delle mani e determinati ritmi respiratori, con l'obiettivo di portare la mente a un vuoto produttivo. Un'altra pratica è il kin-hin (let. "marciare in linea retta nel verso della trama di un tessuto"), la meditazione camminando.

lunedì 2 luglio 2007

Magie, destino e "quozi quozi"...

Ci sono momenti in cui le cose girano strane, pare che tutto vada storto, che come giri giri le situazioni sembrano sempre contorte e prive di soluzione...
Alla fine un altro punto di vista serve sempre.
E da questo capisco l'importanza di circondarsi di persone che pensino la vita in maniera diversa dalla nostra. Un altro punto di vista, non è mai da prendere sottogamba. Viene da un'altra vita vissuta, ed è importante.
Magari per alcuni (o molti) che leggono questa sembrerà un'ovvietà... ma per me è un grande traguardo, perchè fino a qualche tempo fa tendevo a scansare i punti di vista troppo distanti dal mio. E sbagliavo. Non coglievo quel sottile piacere nel coinvolgersi nei modi di pensare altrui, è un po' capire le vite altrui ed apprezzarle meglio.
Spero un giorno di poter capire molto di più... d'altronde lo scopo della mia vita è proprio "capire"...

martedì 26 giugno 2007

Io ti incontro e mi ricordo di te.
Chi sei tu?
Tu mi uccidi, tu mi fai del bene.
Come avrei potuto sapere che questa città
era fatta per il mio amore?
Come avrei potuto sapere che il tuo corpo si adatta al mio?
Tu mi piaci!
Che avvenimento.
Tu mi piaci!
Che languore all'improvviso, che dolcezza.
Tu non puoi sapere.
Tu mi uccidi, tu mi fai del bene.
Tu mi uccidi, tu mi fai del bene, ho ancora tempo te ne prego.
Divorami.
Deformami fino all'orrore,
Perchè non te?
Perchè non te, in questa città e in questa notte, tanto simile alle altre al punto di rendersi irriconoscibile.
Te ne prego.

Io ti incontro, mi ricordo di te.
Questa città era fatta su misura per l'amore.
Tu sei fatto per il mio corpo.
Chi sei?
Tu mi uccidi.
Avevo fame, fame di infedeltà, d'adulterio, di menzogne e di morte.
Da sempre.
Sapevo che un giorno ci saremmo incontrati, ti attendevo con una pazienza senza limiti, ma calma.
Divorami.
Deformami a tua somiglianza così che nessun altro dopo te non capisca il perchè di tanto
desiderio.
Resteremo soli, amor mio.
La notte non finirà, il giorno non sorgerà più per nessuno, mai.
Mai più.
E' la fine.
Tu mi uccidi, tu mi fai del bene.
Piangeremo la morte del giorno con coscienza e buona volontà,
non avremmo più niente altro da fare, più niente che piangere il giorno che muore.
Passerà del tempo, tempo solamente; e poi un giorno,
un giorno noi non saprenmo più nominare ciò che ci unisce.
Il nome si cancellerà a poco a poco nella nostra memoria,
poi sparirà del tutto.

- tratto da: "HIROSHIMA MON AMOUR" (1959)

Sceneggiatura
Margerite Duras

Regia
Alain Resnais

lunedì 25 giugno 2007

Angelo

Quella fottutissima mattina faceva un caldo che a stento riuscivo a fumare la mia Marlboro. Un mal di testa mi accompagnava dalle cinque di mattina. L'insonnia mi rapiva anche l'unica cosa bella che mi era rimasta.
Avevo sognato di allungare le mie labbra per raggiungere quelle carnose e giovani di una ragazza che mi stava guardando negli occhi. Bellissima, occhi neri e capelli ricci e corvini, uno sguardo dolce e indifeso come quello di una bambina dolcissima; ma poi gli operai che lavorano al palazzo di fronte al mio appartamento, hanno smorzato la passione dal mio inconscio con uno stronzissimo e rumoroso arnese da lavoro, e mi sono ritrovato con le labbra protese nel vuoto a baciare l'ennesima fottutissima donna immaginaria della mia vita.
Faceva un caldo infernale, le lenzuola erano una pozza fastidiosa e puzzolente di sudore. Mi sono alzato e sono rimasto per mezz'ora sotto la pioggia della doccia. Il malditesta mi accompagnava già, pulsava accanto all'occhio destro, continuamente, incessantemente le botte di dolore erano maledettamente costanti. Forse era colpa della mezza bottiglia di whiskey che mi ero scolato la sera prima. Comunque, lasciando perdere gli errori della notte precedente, stamattina avevo un lavoro da fare. Con quel caldo e quel malditesta sarebbe stata una cosa veramente seccante. Detesto lavorare d'estate, tra la calura e il resto, i miei lavori non erano mai puliti.
Apro il mio taccuino, controllo di nuovo quella foto. Un tipo anonimo, sulla trentina, una faccia da bravo ragazzo, come si sia infilato in quel giro malsano di malavitosi era un mistero. Da ventisei anni lavoravo con la feccia della malavita, e non avevo mai visto tante giacche e tante cravatte intorno a colli curati e facce sbarbate come in quegli ultimi anni. Forse stavo diventando troppo vecchio, forse, il mondo stava creando altri ruoli, e io in quel palcoscenico avrei potuto mettermi in platea al massimo a fare la fottuta maschera, o lo sfigato venditore di bibite. Al diavolo, c'erano i distributori automatici ormai. Ma non vi ingannerò, non sono un nostalgico, solo mi sta sul cazzo tutto quello che crea delle barriere tra le persone, se non ci fossero barriere io sarei disoccupato, e questo sarebbe un bene, sia per me che per le mie vittime.
Per quel lavoro mi avevano dato un sacco di soldi. Avrei potuto sistemarmi, e quando dico "sistemarmi" cari miei, potete stare certi che quello sarebbe stato l'ultimo lavoro della mia vita.
Alle dieci e quarantotto il mio uomo lascia l'ufficio, per andare a fare uno spuntino, torna in ufficio alle undici e dieci circa. Alle tredici va a pranzo e alle quattordici rientra, stacca definitivamente alle sedici. Un uomo preciso, quasi sempre sorridente. Stasera, dopo una settimana di pedinamento, lo seguo fino a casa.
Scendo dalla macchina, e mi avvicino a lui, gli chiedo se ha una sigaretta. Quello si gira e mi dice: - Dovrebbe smettere di fumare, potrebbe ucciderla. - Dentro di me rido: "stupido coglione!", lo ringrazio e me ne vado.
Ha una voce tranquilla, mi sorride e mi augura una buona serata. Come odio i sensi di colpa, quelli mi avrebbero rovinato la vita.
Sale su casa, abita al terzo piano, niente ascensore. Ho un mazzo di chiavi del suo appartamento di cui mi sono premunito, non dico come, perchè i segreti del mestiere non vanno mai svelati.
Mi accingo alla porta, sento rumori di piatti. Si sta preparando la cena. Che tristezza morire mentre si mangia, mi ha sempre dato l'idea di qualcosa di sbagliato. Aspetto un'ora, non voglio mandarlo al creatore senza l'ultimo pasto. Cazzo, io vorrei che con me facessero lo stesso. Niente rancore, amico, è solo lavoro, solo una stupida coincidenza, tu sei capitato sui miei binari e io sto per passare a centoottanta all'ora, niente rancore, sei solo un uomo che ha messo i piedi in una faccenda che non gli competeva. E questo lo sapeva.
Apro la porta di casa con l'eleganza di un gatto, mi faccio strada nel piccolo corridoio. Avanzo con in mano la mia preziosa collaboratrice, con il silenziatore ovviamente, non vorrei svegliare tutto il dannato palazzo. Odiavo i lavori col silenziatore, erano puliti, precisi, e il più delle volte riuscivano bene, ma il brivido che da il rumore del colpo era niente in confronto.
E' in salotto di fronte all'ultima partita di campionato. Niente da dire, dopo la cena una bella serata di fronte alla tv non era per niente male, una buona sera per morire penso, alla fine lo stronzetto per avere la coscienza sporca se la godeva la vita.
Questo mi rese le cose un po' più facili. Il senso di colpa sarebbe svanito, celato dal bonifico bancario che avrei ricevuto, mi viene da sorridere.
Mi avvicino piano, lo chiamo per nome, neanche un secondo per spaventarsi e appena si gira gli pianto una pallottola in fronte.
Niente sangue. Ho sempre preferito il piccolo calibro: non sporca e se hai la mano ferma è più efficace di un bazooka.
Lo metto sdraiato sul letto, lo copro con un lenzuolo. Lo so faccio un lavoro di merda, ma non sono uno schifoso che lascia un cadavere piazzato al centro del salone.
Chiamo la polizia e dico che ho sentito degli schiamazzi e delle urla nell'appartamento. Rimetto la pistola nella fondina e faccio per andarmene, quando sento delle chiavi che aprono la porta.
- Amore, sono tornata. -
Chi diavolo era?
Estraggo la pistola di nuovo, quell'imprevisto non ci voleva. E gli imprevisti in questo caso sono solo cadaveri in più del normale. E non mi piaceva mai.
Mi nascondo nel buio.
La ragazza con la voce da usignolo continua a chiamare il defunto ragazzo, che ormai giace chissà dove. Entra in salone, accende la luce e il colpo che sparo non è preciso stavolta, colpa del buio, ma colpa sopratutto del fatto che lei, la ragazza, aveva gli occhi neri, i capelli ricci, corvini, e uno sguardo dolce e indifeso come quello di una bambina. Il colpo arriva secco sul collo, che la fa rantolare un po' nel sangue qualche istante prima di morire.
La polizia arriva, io devo andare, non c'è tempo per un lenzuolo anche per lei. Le chiudo gli occhi, piango, ed esco velocemente.
Non mi sono sporcato, avevo i guanti, non ho lasciato nulla. Passo in rassegna ogni movimento, come ogni volta che capita un imprevisto. Cerco di pensare a tutto, per non pensare che quella creatura meravigliosa mi era venuta in sogno a cercare, a baciarmi. Quella creatura meravigliosa era un angelo venuto per avvertirmi, e io le avevo sparato.
Mi sentivo dannato, e stupido, un fallito meschino e dilaniato dai sensi di colpa. Torno a casa, e mi scolo l'altra mezza bottiglia di whiskey, mi butto sotto la doccia, ci resto mezz'ora e piango ripensando alla serata. Prendo la vecchia compagna di aventure, le svito il silenziatore, la pulisco per bene,la rimonto, le infilo il caricatore e la guardo un attimo nel suo unico occhio. Un occhio nero e lucido profondo come la porta per l'inferno.
Il colpo secco lo sentirono in tutto il palazzo e nel vicinato.
Sentirono tutti il colpo forte e potente della redenzione.

sabato 16 giugno 2007

Rimango a sognare. Ogni notte
sempre a librarmi io torno,
la vita mi assale, m'inghiotte,
ritorno dal sogno ogni giorno.
La luce trafigge da fuori,
mi provoca un lieve frastorno
agli occhi, colori e dolori.


Mi desto da candido limbo
e placido sempre rimango,
come uno stupido bimbo
colto insozzato di fango.
Da dentro una colpa rinasce,
mi chiudo, e spesso compiango
di non esser più in fasce.

martedì 12 giugno 2007

\/I/\ - \//\I

Allora una cosa in stile radiofonico.
Volevo ringraziare Quentin Tarantino per questa serata. Grazie Vecchio pazzo per avermi fatto emozionare, ridere e cacare sotto.
Un grazie sincero a Maria.
Domani si parte per tre "barra" quattro giorni, si va a Siena.
Grazie e Lorenzo per i "DEVO, credo che li ascolterò attentamente, mentre mi studio la discografia dei "FAUST"... Fantastica quanto sconcertante la mostra "Into me\out of me" seguita al M.A.C.RO. Davvero un'esperienza... organica.
Volevo salutare il vecchio Matthew Barney, che credevo un folle, invece si è rivelato un apocalittico genio.
Inoltre qui con noi c'è il signor Darren Aranofsky, il quale in questo afosissimo 11\12 luglio, mi ha accompagnato emozionandomi, facendomi capire che l'arte non è solo arte, l'arte è un'invenzione, un'intenzione, un'emozione. Per questo come ho detto ad una vecchia amica, non esiste arte bella, arte brutta, giusta o sbagliata, esiste l'emozione che l'arte suscita. Suscita disgusto, bhe caro mio, sono cazzi tuoi... quella è arte... (sai la storia delle emozioni???)

Un caloroso ciao a tutti i film che mi aspettano in questo viaggetto in terra toscana, che dovrò studiare accuratamente per l'esame del 27.

Rk chiude.

martedì 5 giugno 2007

Cosa succede?

Come nella canzone di Vasco: "Cosa sucede in città?"
Forse è vero che qualcosa qui non va...
E' anche vero che se qualcosa non va dipende da noi. Il mondo è pieno di possibilità.
Non è vero che sta andando tutto a rotoli.
Tutto andrà sempre per il peggio fino a quando ci saranno persone che staranno ferme a guardare. Io non dico: "Rivoluzione armata"... ma usare la testa...
Fino a poco fa credevo che "curarsi del proprio piccolo, del proprio orticello" non fose abbastanza, che si debba comunque fare grandi cose per dare una scossa alla società. Mi rendo conto invece del fatto che la società non ammette delle scosse troppo violente.
Non per demerito ma per una questione fisiologica.
Come ogni cosa buona ci vuole un impegno duraturo e costante fatto di piccoli impulsi giornalieri. Certo che quando mi faccio la domanda: "Cosa succede?" non riesco però a non fare una critica anche su me stesso.
Se succede qualcosa di sbagliato è perchè: NON SUCCEDE NULLA DI CONTRARIO!
Potrei anche dilungarmi sul fatto che le informazioni indotte che arrivano dai Media non sono mai di natura evolutiva, ma piuttosto di natura implosiva.
Ciò che ci viene detto, riferito, a livello base è un costante necrologio sociale.
E' pure vero che si deve fare i conti con il passato dell'uomo... La televisione, se vogliamo inserirla (a forza) in un contesto evolutivo della società, è ancora un mezzo in via di definizione.
Non ho mai gradito i piccoli lassi di tempo, e l'importanza che si da ad essi.
Non fanno bene ad un'analisi storica. La storia vuole un ampio respiro per trarre delle conclusioni. Diamo troppa importanza a cose che via via nel tempo ne perderanno. La piccola notizia non fa la storia dunque. Anche se vengono abusati i filoni dell'informazione: pedofilia, scandali sanitari, delitti familiari... e potrei fare un lungo elenco.
Questo è ciò che io definisco: "terrorismo informativo".
C'è come una sottile e sotterranea imposizione al terrore. Quest'ansia tipicamente italiana di preoccupazione verso il modno esterno, così provinciale e "paesanotta".
La paura è il mezzo preferito dai giornalisti (scadenti). Come se ogni servizio, o addirittura ogni TG, fosse costruito genialmente come un thriller ricco di emotività. Con vittima, carneficie condannato a priori e giudizi sociali ben impacchettati.

E' un po' la deriva del libero pensiero.

E' il mondo del "plot-pettegolezzo" all'italiana.

Vi chiedo: "Cosa succede in città?"...

lunedì 4 giugno 2007

Illusioni a cielo aperto

Il mare non era mai stato così calmo, nei miei pensieri.
La luce del sole, non era mai stata così nitida, nè la pioggia
era mai stata così dissetante per la mia gola secca.
Era scomparsa la fitta nebbia che dominava fino a ieri.
Un'apocalisse al contrario, credo, il paradiso e l'inferno.

Solo una stupenda illusione.

In una magica visione che tendeva all'eterno, si avvicinò con occhi dolci.
Mi sorrise, stendendo una mano firmò la sua dolcezza sul mio viso.
Un tocco meravilgiosamente candido, come seta orientale, l'anima sfiorò.
Mille colori: dal candore della sua pelle al buio dei suoi capelli.
Una lacrima sola, è il solo modo che ho per ricordare... l'amore.

martedì 22 maggio 2007

Riscoprire\riscoprirsi

Sono le ore 1:49 del 22 maggio 2007.

In questi giorni sono stato letteralmente investito da decine di emozioni diverse. Ho avuto il piacere di rivedere alcune persone che non vedevo più da anni. Un piacere inversamente proporzionale al contesto in cui ci siamo ritrovati purtroppo.
E' successo qualcosa, in questi giorni che aspettavo da quando facevo le scuole medie. Ho ricevuto un abbraccio particolare. Ho ritrovato persone con cui confrontarsi è bello, entusiasmante, piacevole. Sono stato parecchio tempo a chiacchierare profondamente con un amico, e mi accorgo che è tale perchè la confidenza che avevamo lasciato 5 anni fa si è ripresentata intatta e intaccata dal tempo. Ho attraversato con loro, in questi giorni, ore di tristezza, ma anche di risate. Delle risate così vere che non mi ricordavo più da dove stessi venendo, e che cosa avessi fatto in tutto quel tempo che eravamo stati lontani.

Sono fortunatissimo.

martedì 15 maggio 2007

Lo scaffale delle foto

E' stata una notte dura.
L'ho letto negli occhi di Stefano.
Lo vedo nelle lacrime di molti.
Lo sento nel vuoto che mi prende.
Andrea è altrove.
A me il paradiso non mi consola. E credo con una certa dose di amarezza che tutto finisce. Il paradiso è una consolazione. Una consolazione di fronte ad una rabbia enorme. Perchè non era il momento, non è giusto.
Riapro il mobile delle foto, per ritrovarci la sua faccia. Trovo solo una foto di gruppo, e rivedo sorridenti e bambine, le facce che non ho più visto per un pezzo, e che ho rivisto oggi, dopo tanto tempo. Quelle facce mi ricordano chi sono stato, da dove vengo e chi sono. Mi fanno riflettere sulla vita, mi fanno capire dov'è che ho cominciato a fuggire. Mi fanno capire che dietro di noi c'è un cammino che non possiamo rinnegare, anche se lo odiamo profondamente. Perchè fa parte di noi.
In quelle foto siamo tutti sorridenti, al contrario di oggi.
Non ho parole, un incapacità di capire e accettare mi chiude la gola e non mi fa gridare la rabbia che ho in corpo per questo scempio.
Andrea era tra le persone più buone che abbia mai conosciuto, e solo per questo la sua vita non meritava di spezzarsi così.

Ciao Pizzi...

lunedì 7 maggio 2007

Dio e Mariano - La vecchiaia è una brutta bestia...

Un uomo di quasi ottant'anni camminava in un soleggiato pomeriggio d'autunno. Indossava un pull-over rosso, un impermeabile marrone, in tinta con i pantaloni. Aveva un cappello grigio ed un bastone che gli conferivano un'aria elegante e disinvolta.
Erano le sedici.
Il vecchio, che soffriva di artrite deformante, aveva un accenno di gobba e le mani lunghe e ossute. Aveva inoltre un dolore al piede che non lo lasciava mai. Per questo il bastone!
Si mise faticosamente seduto su una panchina, producendo un rumore sofferente, seguito poi da un sospiro di sollievo.
Guardò in cielo.
Il sole era una palla viva che scaldava appena l'aria fresca di ottobbre. Da dietro una nuvola spuntò un uomo che pareva molto più anziano di lui, con le stesse rughe, ma senza lo sguardo di rassegnata sofferenza che aveva lui.
"Salve!" Disse il vecchio affacciandosi dalla nuvola.
L'anziano signore trasecolò sulla panchina e si guardò intorno. Incredulo poi, si indicò, chiedendo senza parlare se si stesse riferendo a lui.
"Si, dico a te!"
"Salve." Fece il vecchio sulla panchina alzando il cappello. "Come va la vita?"
"Eh... come va... si campa. Un acciacco oggi, un dolore domani."
"Ma non rinunci mai alle passeggiate!" In quell'istante il parco pareva un quadro di Renoir. I colori si fondevano in un tutto perfetto.- Mi piace camminare. Non riesco a starmene in casa. Prima passeggiavo sempre con mia moglie.
"Lo so, lo so."
"Ma lei..." Insinuò il vecchietto incredulo.
"Lei è chi credo che lei sia?"
"Dipende. Comunque puoi darmi del tu."
Il vecchio stette un po' perplesso poi disse con un po' di vergogna: "Tu sei DIO?"
Il vecchietto tra le nuvole fece una risata gioviale. "Diciamo che in molti mi chiamano così. C'è chi mi chiama in molti modi, ma alla fine sono sempre io."
"Ma perchè mi parli? Sono morto?"
"No, non sei affatto morto."
"Allora morirò presto?"
"Non ancora."
"E allora perchè?"
"Vedi. A me piace parlare con voi, di tanto in tanto. Alcuni di voi sono meravigliosi, altri invece... Ma tutti i figli sono belli agli occhi di un padre."
"E' vero! Io ho tre figli: una è avvocato, un altro lavora all'estero, e uno invece è ancora a casa. Ma io voglio bene a tutti alla stessa maniera."
"Ti capisco vecchio mio."
"Certo è dura, capire, accettare. Ma che ci vuoi fare."
"Anche io ho alcuni figli che mi hanno un po' deluso, ma io gli darò speranza fino alla fine."
"Senti Dio. Volevo farti una domanda. Posso?"
"Certo. Chiedi quello che vuoi."
"Dopo la morte, che cosa c'è? Tutto quello che ho vissuto, che fine farà?"
"Rimarrà vivo dentro di te."
"E l'inferno e il paradiso?"
"Diciamo che non è tutto così semplice. Posso solo dirti che dopo sarà un po' diverso."
Il vecchietto pensò che come risposta era un po' ovvia. Non era certo una risposta da padreterno:
"Non potresti essere più preciso?"
"No."
"Ma tu quando parli con noi uomini sei sempre così vago?"
"Diciamo che non concedo molto."
"Allora adesso capisco perchè in molti ti chiamano in maniera differente."
"E' probabile che sia così. Ma trovo che sia più giusto non dirvi tutto ora. Prima o poi lo scoprirete da soli. Prendila come una sorpresa."
"Posso chiederti un'altra cosa?"
"Come no!"
"Potrei ascoltare la voce di mia moglie per un istante?"
"Parlaci pure quanto vuoi, io torno fra un po'."
Il vecchio si girò. Accanto a lei c'era una signorina bellissima. Aveva un vestito bianco, stretto sui fianchi. Era l'estate del 1958. Lei portava un cappello di paglia a tesa larga, aveva la faccia sorridente.
"Cecilia!"
"Mariano... amore mio!"
"Che piacere rivederti amore mio. Ma come mai sei così giovane."
Cecilia nascose una risatina con la mano, come faceva sempre.
"Ma che succede?" Le chiese abbracciandola.
" Tu non ti preoccupare. Ogni tanto succede, gli piace fare di queste cose."
"Sei bellissima, come ti porto nei miei ricordi. Ma tu adesso dove stai? Come stai?"
"Mariano mio, non ti posso dire niente. Appena arrivi, ti fanno firmare una cosa, che non ci permette di parlare del posto in cui siamo. Però posso dirti che non ti devi preoccupare."
"E quando toccherà a me?"
"Non ci pensare. Pensa solo che io ti aspetto. Devi avere un po' di pazienza, goditi ancora il mondo che è tanto bello."
"Io sono stanco qui. Non c'è più niente che mi piace. Mi sembra tutto sbagliato. Le cose stanno sottosopra. Mi ricordo quando avevamo vent'anni..."

"Quando avevamo vent'anni, eravamo solo più giovani."

"Io vengo qui a camminare come sempre. Faccio il solito giro, e penso a te."
"Bravo amore mio. Lo sai che ti amo sempre?"
Cecilia svanì.
Mariano guardò in cielo. Era schiarito e terso. Non c'erano più nuvole, non c'era più nessun Dio.
Si alzò sorridente, zoppicando finì la sua passeggiata da solo.

domenica 22 aprile 2007

Elogio all'amicizia

Si torna a Roma, si scazza subito con padre e madre, dopo un viaggio meraviglioso, che non mancherò di inserire sottoforma di diario proprio qui! Ma una costante che si ripete, si aggiorna e migliora sempre di più... Gli amici!

Quel senso di comprensione e protezione, di affidabilità e partecipazione... sono il sale giusto per una vita insipida.

Esempio; VENERDI' 20 APRILE: Si parte alle 18:30 per arrivare a S.Lorenzo per aperitivo, Raccolti Gioffo e Giulio velocemente arriviamo a S.Lollo. Aspettiamo Sobbi e Ciaccina... Buffet saccheggiato con rimbocco del piatto eseguito ben 3 volte, sempre tornando con il piatto STRACOLMO! Due bocce di vino divino... (ho sempre sognato di fare questa assonanza). Si esce dal "locale da paura che con solo 7 euro abbiamo magnato e bevuto una cifra" e ci si dirige a Colosseo, un luogo per amanti avventurosi e sprezzanti delle macchinette fotografiche dei cinesi, il "boudoire" (chissà se si scrive così, io e il francese... mah!!!) di Sobbi... che donna!!! Terrazzo, vino eccellente, vista colosseo, che dopo un po' di cazzeggio mi fa sentire tanto orgoglioso di essere romano... Compagnia perfetta, risate, una cifra di risate.
Ritorno a Roma Sud, raccolta di abbeveraggi vari, racchiusi in casa Pansironi ancora dalla laurea del dottor Marinelli e subito dopo tappa al peano a giocare a pallone anche con Fra e Simon! Infine doppietta devastante con Giulio, finiamo una boccia enorme di limoncello... che ci rende due vegetali...

Detto questo chiudo le trasmissioni...

domenica 1 aprile 2007

Rk chiude le trasmissioni per un po'

Primo post di aprile.
Un po' tardi. Fra 10 ore sarò da Alice per andare a Fiumicino. Lì ci incontreremo con Giulio, Giorgio, Silvia e Flavia.
E' solo l'inizio. Ancora la valigia da fare, non superare i 20 Kg di ingombro, bagaglio a mano leggero. Inmancabile la telecamera! Il proposito è quello di GIRARE GIRARE GIRARE!!!
Cerco di imparare qualche canzone di Vasco, ma non mi entrano in testa.
Venerdì sono stato licenziato.
Probabilmente "lei" non mi sta pensando... e questo è duro da mandar giù.
Devo trovare un modo per portare i Genesis in viaggio con me. Forse riuscirò a superare l'impiccio del lettore Mp3 senza cavetto USB... forse no.
Nuvole all'orizzonte, ho paura di portare in viaggio pure il bagaglio nero di questi giorni, per lasciarlo a Praga però.
Penso a Moz, Laura e Chiara.
Rileggo alcuni post passati e vedo quante maschere si tolgono col passar del tempo. Quanti stati d'animo che poi come sempre e come tutto... finiscono. Che non siano mai cominciati? Che siano un parto dell'immaginazione? Come sempre troppe domande con poche risposte, ma in un commento da qualche parte sta scritto che la vera intelligenza sta nel farsi domande non nel darsi risposte. Quali sono le vostre domande senza risposta? (Un po' marzulliana come domanda...)Quali sono gli interrogativi che vi ponete? Sempre domande...
"Play me my song..."
"Thinking of you..."
Rk chiude le trasmissioni per un po'!
Viaggio, sorrido e penso ai mille possibili risvolti della vita. Inaspettatamente stronza e bellissima.