martedì 27 novembre 2007

Delirium

Tutte le lancette degli orologi erano fuori posto. L’alba era una lama pallida che divideva l’oscura notte appena trascorsa dall’inevitabilità della luce. La maledetta intrusa che dalle persiane disegnava fantasie a righe stile anni sessanta in tutta la camera. Brigitte si alza dal letto e mi dice: “Sei ancora ubriaco!”
“Ancora?” rispondo senza pensare. Sono ancora assorto nel sogno che stavo facendo. Una tavolata immensa di persone che trangugiavano cibo, sporcandosi la faccia di ogni condimento, poi una donna anziana che giaceva sul tavolo imbandito, offriva brandelli della sua carne ruvida e raggrinzita, ai commensali, che con facce da porci grugnivano e si dimenavano in un orgiastico godimento di cannibalismo.
Sono ancora ubriaco.
“Puzzi da vomitare! Vatti a fare una doccia!”
“Perché non mi lasci in pace? E poi che cazzo di nome è Brigitte?” Forse è una stupida con una parrucca bionda platinata che avevo rimorchiato alla festa. Sul pavimento c’erano bicchieri di carta e nella stanza c’era puzza di vomito. “Ma che cazzo è successo stanotte?”
“Se non ti ricordi…”
“Abbiamo scopato?”
“Tre volte!” Come avevo fatto? Con tutto quell’alcol in corpo non pensavo che il mio vecchio billy joe, ce l’avrebbe fatta ad alzarsi dal torpore del gin, o era rum? Forse wodka.
“Tre volte?” Le chiedo assonnato, mentre mi rendo conto che non c’era nessuna vecchia e nessun tavolo imbandito. “Ed è stato bello?”
“A te è piaciuto. Dopo hai pianto come un bambino abbandonato, e mi hai abbracciato tutta la notte.”
“Quando bevo divento romantico.”
“Direi che quando bevi torni bambino. Hai cercato di succhiarmi un capezzolo per ore.”
“E a te piaceva?”
Brigitte mi guarda con aria stralunata, mentre si rimette la parrucca biondo platino. Cerca le sue mutandine. È graziosa: ha i fianchi un po’ larghi, ma non è un difetto. È piuttosto eccitante vedere quella ragazza nuda che barcollante e senza pudore si piega a cercare i suoi indumenti in mezzo a tutto quello schifo. “Certo che mi piaceva, ho un desiderio di maternità da qualche mese.”
Mi alzo dal letto, e subito un senso di nausea mi si aggrappa allo stomaco. Mi giro a cercare la porta del bagno. Sicuro di essermi svegliato nel mio letto, ma invece non sono a casa mia.
“Dove cazzo siamo?”
“A casa mia bello! Non ti ricordi proprio niente? Mi meraviglio come hai potuto guidare fin qui!”
“Guidare? Ma io non ho la macchina! Dove cazzo è il bagno? Devo vomitare!”
“La vedi quella porta? È un corridoio, subito a sinistra c’è il bagno.”
Complicatissimo arrivare fino alla porta. Tutto girava, mi sembrava di essere su una maledetta caravella. Mi sentivo il più stronzo dei Cristoforo Colombo, in rotta per le isole del cesso.
Tutta a tribordo per vomitarmi l’anima!” pensai.
Nel corridoio ci sono altre persone; adesso sento quasi nitidamente una musica di sottofondo. È un ritmo martellante: conosco la canzone: "Blue monday" dei New Order. C’è un tipo che si sta girando una sigaretta all’angolo tra la porta del bagno e il muro. Mi guarda con occhi spenti e mi vomita sui piedi. Io non posso che seguirlo per il disgusto, e gli vomito addosso tutto quello che avevo dentro. Una poltiglia marroncina che puzzava più di una distilleria.
Il tizio sporco e boccheggiante mi guarda con una faccia da martire.
“Scusa bello. Vado a fare una doccia. A dopo.” Entro nel cesso e nella vasca ci sono due tizi che stanno scopando. Lei dorme, forse. Aveva la faccia sul bordo della vasca, ha gli occhi girati all’insù.
“Amico che cazzo stai facendo? Non vedi che quella è mezza morta?”
“Lo so, ma è l’unico modo che avevo per scoparla! Era tutta la sera che mi stava punzecchiando e mentre provavo a baciarla mi scansava, mi diceva che non ero il suo tipo. Alla fine le ho dato il suo ultimo cocktail. Dentro c’ho messo un po’ di gocce che ho trovato nell’armadietto. C’era scritto ansiolitico.” Intanto continuava a sbattersi la tipa dentro la vasca.
“Potresti uscire, devo vomitare!”
“Fai pure, io qui ho quasi finito.”
Mentre mi siedo accanto al cesso, sperando che quel coglione si levasse di torno lo sento che viene clamorosamente. Come se fosse il dannato capodanno della sua vita: dalla sua bocca uscì tutto il baccano dell’anno nuovo. Si avvicina al lavandino e si lava con un po’ di sapone. Poi esce, completamente nudo. Strano che lo notassi, perché ero nudo anche io. Il pavimento del cesso infatti era troppo freddo, mi si erano addormentate le gambe, stavano incrociate intorno al water. Fiotto nel buco l’ultimo rimasuglio dell’alcol ingerito e poi mi guardo allo specchio. Avevo un paio di graffi in faccia, poi mi do una guardata e mi accorgo che ho anche due tagli alle braccia. Ma che cazzo mi avevano fatto? Forse era stata quella troia di Brigitte. Una con un nome così te li può lasciare dei segni inspiegabili addosso. Mi giro e mi accorgo che la tipa scopata era ancora nella vasca, in una posizione che lasciava intendere che era sicuramente priva di sensi, se non andata del tutto. La prendo sotto le braccia e le do due schiaffetti sul viso. Cazzo! Non si era svegliata mentre uno se la stava cavalcando alla grande figuriamoci con due schiaffetti.
Apro la doccia della vasca, gelida. Mi riparo col suo corpo dagli schizzi gelati che mi facevano stringere i muscoli del corpo con uno spasmo di terrore. L’acqua fredda mi terrorizzava. Soffrivo il freddo più di ogni altra cosa. Mentre l’acqua gelida scorreva sul corpo della mezza morta quella ha un fremito. Non vi nascondo il mio piacere nel sentire un corpo nudo che si contorceva nelle mie braccia. L’afferro meglio sotto le ascelle, e le tasto un po’ le tette. Niente male.
La ragazza si riprende un po’, la metto seduta sul water. Mentre cerco di non scivolare sulla poltiglia che ammuffiva sul pavimento la tipa comincia ad accarezzarsi la testa.
Ne approfitto per lavarmi.
Avevo sui piedi ancora un po’ di chiazze di vomito di quel tossico che stava in corridoio. Accennai un sorriso ebete quando pensai che in fin dei conti a me era andata meglio. Avrebbe avuto i capelli maleodoranti per un pezzo!
La tipa sul cesso mugugna qualcosa.
Esco bagnato e sollevato: una buona doccia ci vuole sempre.
Guardo la tipa sorridente che ricambia con occhi spenti, semichiusi.
“Che è successo?” mastica incomprensibilmente.
“Eri morta e io ti ho risorto.”
“Chi sei?”
“Puoi chiamarmi Gesù se vuoi.”
“Che è successo?” Era passata dalla morte apparente alla morte cerebrale. “Tu chi sei?”
“Tesoro, è stata una nottataccia. Vuoi che ti porti di là a dormire?”
“Vuoi un pompino?” Il tizio lì fuori allora non aveva tutti i torti, se una che offre i pompini con questa facilità ti ignora è ovvio che uno poi ci resta male.
“No amore, non credo che sarei in grado di apprezzare, ma grazie per il pensiero.”
“Non c’è di che. Adesso voglio vomitare.”
“Fai pure.” a quanto pare il vomito andava alla grande quella mattina.
Mentre uscivo dal bagno la sentivo smaniare e per un momento capii “grazie Gesù”, ma non ero sicuro se si riferisse me o se stesse imprecando. Senza indagare tornai nella camera.
“Amore sei splendida!” Brigitte era seduta in terra e con le gambe rannicchiate fumava una sigaretta ciccando sul pavimento.
“Anche tu non sei male!”
“Parliamo di stanotte.”
“Non mi dire che sei uno di quelli che la mattina dopo per trovare un pretesto per scopare di nuovo ti chiedono di raccontargli dettagliatamente la nottata trascorsa perché erano troppo ubriachi per ricordarsela? Ti eccita forse?”
“Potrebbe, ma comunque no, non sono uno di quelli. E poi non volevo sapere della scopata che ci siamo fatti, piuttosto volevo sapere dove è cominciato tutto questo. Mi dai una sigaretta?”
Brigitte mi allunga una Lucky Strike.
"Ma come cazzo fai a fumare questo schifo?”
“A me piacciono, e poi non fare troppo lo schizzinoso, le mie amiche potrebbero dire lo stesso di te.”
Touchè…
“Dove arrivano i tuoi ricordi?”
Mi sdraio con la testa appoggiata sulle sue gambe e mentre lei mi accarezza la testa, col fumo che mi va negli occhi. Mi ricordo Che Gingo è entrato in casa con te, due amici e altre persone, e abbiamo cominciato a fumare un po’ di hashish. Poi qualcuno ha aperto qualche bottiglia. Poi mi ricordo di una vecchia che stava sdraiata su un tavolo, e si staccava la pelle di dosso.
“Hai avuto una nottata interessante.”
“E come siamo finiti qui io e te?”
“È stato molto semplice. Ti ho trovato sul mio letto che prendevi a pugni il cuscino, Dio solo sa perchè eri così incazzato. E ho cercato di calmarti, ma tu mi hai praticamente strappato i vestiti di dosso. Sei stato molto bravo.”
“E questi? Sei stata te a tagliarmi le braccia?”
“Me lo hai chiesto te, mi hai detto che se non facevo uscire un po’ di alcol dal tuo corpo non ti si drizzava, e non potevi scoparmi decentemente.”
“Ho detto così?”
“In quel momento ho deciso che avremmo fatto faville, mi hai fatto ridere, e bagnare allo stesso tempo!”
“Cazzo, se fossi così brillante anche da lucido avrei la fila fuori dalla porta.” Mi alzo di scatto dalle sue gambe e la guardo, mentre si fa tranquilla un tiro profondo. “E te mi hai tagliato le braccia lo stesso?”
“È stato divertente. Te godevi come un pazzo mentre passavo la lametta.”
Rimango davvero estasiato, con la bocca aperta. Forse non era solo alcol quello che avevo preso.
“Sei sicura che non abbia assunto nessuna droga?”
“Bhè, c’era qualcuno con un po’ di MDMA, ma non so se anche tu l’hai presa, stanotte eravamo tutti un po’ fuori.”
Sento un botto atroce dal corridoio, come uno sparo. Spalanco la porta che da al corridoio e c’era un cazzone con una boccia di spumante che stava aggiungendo danni ai danni. Lo guardo, e lui resta immobile con lo spumante ad altezza pube che ancora getta un po’ di schiuma. Ha una faccia conosciuta, mi sembra di sapere chi sia, mi ricorda solo un gran senso di rabbia e di disagio. Non riseco però a decifrare la sua faccia da imbecille. Gli chiedo: “Hai a che fare con me in qualche modo?”
“Ma tu chi sei?”
“Io sono il signore Dio tuo, non avrai alro Dio al di fuori di me!” gli dico serio allungando una mano sul suo capo. Sghignazzando.
Lui si inginocchia e piangendo mi chiede perdono.
Brigitte passa mi bacia una spalla e mi dice: “Questo è quello che ti ha fatto incazzare ieri sera. Era per lui che davi cazzotti al cuscino.
Lo guardo che piange ai miei piedi, mi abbasso leggermente e gli accarezzo la testa. “Ti perdono figliolo, ora vai, prendi le tue cose e scendi in strada a pascolare il tuo gregge.”
Quello si alza mi abbraccia e poi sparisce fuori dalla porta.
Raggiungo Brigitte in cucina, sta già armeggiando con un fornello, per preparare del caffè presumo. Un bel caffè dopo quella nottata ci vuole proprio.
“Hai mai messo un po’ Hashish nella polvere di caffè quando prepari la macchinetta? È una cosa sublime. E poi ti fa tantissimo!”
Un caffè era proprio quello che ci voleva!


(Natural Dementia doc)

#RK#

mercoledì 21 novembre 2007

apriamo gli occhi

L'intero sistema in cui viviamo, ci inculca che noi siamo senza potere, che siamo deboli, che la società è cattiva e il crimine dilaga e così via: è una gigantesca bugia! Siamo pieni di potere, belli e straordinari. Non c'è nessuna ragione per cui non possiamo comprendere dove veramente siamo e dove stiamo andando. Non c'è nessuna vera ragione per la quale a un individuo comune non possano essere conferiti pieni poteri. Noi siamo esseri incredibilmente potenti! Vediamo tutto nella prospettiva di non andare bene come siamo, così come siamo fatti. Giochiamo un gioco sbagliato, perchè il gioco è scoprire quello che già siamo. Nella nostra cultura siamo stati abituati a far emergere le differenze individuali. Abbiamo costantemente il bisogno di individuare: il più brillante, il più stupido, il più vecchio, il più giovane, il più ricco, il più povero e così via. Facciamo tutte queste distinzioni dimensionali, inseriamo gli induvidui in categorie e li trattiamo in quel modo. Così vediamo gli altri come separati da noi stessi, nella maniera in cui essi sono stati separati. Uno degli aspetti più stupefacenti dell'esperienza è trovarsi con un'altra persona ed improvvisamente accorgersi di tutte quelle cose in cui loro ti rassomigliano e non quelle per le quali sono diversi da te, e provare l'esperienza del fatto che l'essenza di ciò che è in te, è l'essenza di ciò che è in me, una unica essenza!
Si deve comprendere che non c'è l'altro, ma c'è una cosa sola.
Le vecchie invocazioni alla razza, al sesso, all'estremismo religioso, sino al rabbioso fervore nazionalistico, stanno iniziando a non funzionare più. Una nuova consapevolezza si sta sviluppando che vede la terra come un singolo organismo e che riconosce che un organismo in guerra con se stesso, è un organismo in rovina.

"Quando il potere dell'amore supererà l'amore del potere il mondo conoscerà la pace!"
- Jimi Hendrix -

Apriamo gli occhi!

da "ZEITGEIST"

venerdì 9 novembre 2007

Il tiro mancino della vita.

Io mi sveglio, ogni mattina e penso, che c'è qualcosa per cui continuare a vivere. Qualcosa che davvero non mi stancherà mai, qualcosa che davvero, non mi toglierà mai la voglia di dire: "Anche oggi, faticosamente (in occidente si fa per dire) metterò un piede davanti all'altro e con passi piccoli o lunghi arriverò un po' più avanti."
Ogni mattina mi sveglio e comincio a credere che c'è uno scopo, un motivo. Non sto più tanto a chiedermi qual'è, preferisco darci dentro, e scoprirlo mentre lo sto già perseguendo. Arriva un momento in cui, volente o nolente, tra risate e pianti, gioie e dolori, e gli inevitabili dualismi, con cui ho riempito questo (ormai deserto da commenti) blog, capisci quello che sei, ed è inutile che scegli quello che fare, perchè qualsiasi cosa farai la farai per te! La farai portando qualcosa di te in quello che intraprenderai, e tanto vale essere una buona persona in un posto umile, che una persona arida in un posto importante.
E' dura, chi lo mette in dubbio, ma è bello. E' la fregatura (come dice mia nonna) della vita!
Ed è l'amore, che provo incontrastato per tutto quello che ho intorno, che mi fa vivere sereno con tutte le energie che mi circondano. Immerso in qualcosa di cosmico che gira, si completa e si esplica in un uniforme "tutto" di cui tutti facciamo parte, e di cui siamo essenza reciproca.
Passione ed azione istintiva: calma zen.


P.S. (non lo faccio mai) Volevo salutare chi assiduamente legge il blog, e me ne parla! E pure chi no me ne parla ci mancherebbe...
Grazie a tutti.
#RK#

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Tra spire di fumo, m'appare nebbioso.
Creo da solo il mio doloroso
incessate calare nell'ombra.

Mi volto e mi vedo nell'ambra,
come un insetto antico,
come un arazzo datato.

Tra luci soffuse io sento il tuo corpo.
Lo indago, ne scopro ogni vuoto.
Lo colmo di premure.

Lo sento dentro che passa.
Il tempo di altri sorrisi,
cocenti passioni e sconfitte.

Come essenza di brace riluce nel buio.

#RK#

venerdì 2 novembre 2007

La voja de partì

C'era un signore con cappelo, e un altro con la sigaretta, e due coppiette una a destra e l'altra a sinistra, che tripudio de bacetti!
C'era una che coreva, una che parlava col commesso del check-in... IMBARCO!
Ce stava la gente coi carelli, co le valige, co li zainetti e le borsette. Ce stava la polizia! EEEE, coi cani antidroga, e ce stava un poro cristo che ho visto se magnava un panino tutto solo. Quanta tristezza da viaggiatore solitario. Come n'piccione!
Ce stava un pizzardone che m'ha detto: "Tolga quella macchina!" Come te sbaji?
Ce stavano persone che manco te guardano in faccia, c'erano du tizi che camminavano vicini e manco se parlavano! Due giovani carini se baciavano, lei partiva e lui restava, quante lacrime, quanta fatica, quanta strana disumana tristezza. Eppure quanta comprensione.
Quanta mancanza, quanta voglia de provà le stesse cose!
Ce stavano un sacco de persone, però ce trovi sempre i soliti all'aeroporto, coi trolley e le barbette fatte, mica come alla stazione che te capita pure de sta a parlà mezz'ora co un barbone che tanto er treno prima che ariva.... Te ne fai una ragione, non te capita mica de sta a còre come un disperato perchè hai imboccato er gate sbajato!
Oggi me ne vado alla stazione. Cor fischio dei treni e l'odore puzzone de rotaie e gente a spasso. Che me piace, non ce posso fa niente, è l'odore classico de la gente, che vive, cammina se sfascia ritorna parte, se incammina, viaggia, more, perchè partire è un po' morire, partire è un po' tornare e andare, è un po' ammalasse e un po' guarire! Col treno te riacchiappi le distanze, te gusti i tempi, te riprendi quella lenta dondolante, appesa immagine della terra che te score sotto i piedi!
Ma mica pe essere retrogradi, il treno mica pò arivà in america non lo poi pija, e la nave se sa... dondola troppo.
Allora prendo il pullman, anzi no me ne vado n'bicicletta, NO, me ne vado a piedi, magari un po' de fretta, me metto a còre. Pe arriva bho, chissà dove! è questo il viaggio no? partire e arrivare, ma quanto tempo deve passare tra le due estremità? Una vita, un eternità? perchè poi quanno arrivi ce sta che dici: "ce so arrivato io co le sole e i tacchi mia! ce so arrivato io DA SOLO! è inutile che te incacchi, io ce so arrivato e te no, stai ancora a pedalà!"
E pedala caro, PEDALA! pure in salita! Hai da vede com'è dura, quando se sbraga la soletta. Quando rimani scarzo! Quanno 'n c'hai na lira manco pe na biretta! Quanno 'n c'hai n'cazzo de nessuno che te chiede: "Come va?" E come annamo... sempre ar solito sempre de fretta! S'affannamo pe arrivà, s'affannamo pe tornà. Ma pe resta che famo? Che famo quando c'è bisogno de stacce? Quando c'è bisogno magari solo a dire: "Che te serve? C'hai bisogno?" No grazie!! preferisco sta da solo, non me cercate, c'ho da fare. C'ho da lavorare! "Ma si nun lavori e se lo fai lo fai pe finta? Ma chi voi cojonà, daje annamo, vieni, fatte na biretta, e non ce pensi più."
Eeeeh, come sarebbe più facile la salita, se quanno te se sfonna la soletta, c'hai vicino uno che te dice: "Annamo in due, senza fretta, te do na mano io, se c'hai bisogno, me fermo pure, senz'affanno, non c'ho mica l'aereo che me parte, t'aspetto, e non te chiede il perchè lo faccio, tu statte zitto e ripija fiato, io t'aspetto, perchè te amo, e non me ne frega un cazzo se arrivamo dopo! Tutt'alpiù se divertimo, se famo du risate, senza sta a conta l'ore passate pe st'incidente che c'è capitato! Aho, ma che vorresti la vita sempre perfetta! Annamo in due, non ce sta fretta te l'ho detto! Anzi, viè n'po' qua che te do la mano, se ne stamo vicni e s'abbracciamo, senza sta a pensà a quanto ce mettiamo. Te l'ho detto te amo, e il posto mio è qua, io nun c'ho bisogno de arrivà."
E così ce se incammina verso la meta, ce se fa strada verso la destinazione. Senza problemi de frontiere, de leggi e de imbroji de qualsiasi dimensione. Ce se fa forza, così, a core a core.
Ma quanno stai da solo. Aho, chi t'aspetta? Stai lì a chiedete se era il caso de partì prima, perchè mo, sei sicuro che stai ad arrivà in ritardo. Allora prendi l'aereo, così pure se c'hai fretta, stai sicuro che arrivi in orario!
Allora mettetece le ali no? Mettetece i razzi ar culo, così da soli ariveremo pure sulla luna! Perchè da soli ariveremo dappertutto! Senza avè bisogno de riparà la sola! Mettetece le rotelle, li pattini incorporati, fate l'omo missile e l'omo aliante, che appena stacca dall'ufficio se lancia dal balcone e plana verso casa sulla tavola imbandita e l'amica preferita, la televisione! Insegnatece a volà senza cherosene, sbatteremo le braccia più veloce de un piccione. Ce metterete la targhetta e faremo un lungo viaggio, da casa al lavoro e poi ritorno! Fra n'po' c'avremo scarpe da rotaie, macchine volanti, aerei supersonici, e trasporti colossali, spostamenti immani, e malori disumani!
Fateme n'piacere, annate avanti, che io resto un attimo a contemplà la natura. Lo so so lento, ma che volete, mica ve rallento, s'io resto dietro a voi che ve ne frega? No davero, nun ve preoccupate, io je la faccio, senza complimenti. Pure se soffro un po' non me ne dispiaccio, non so mica tutti brutti i patimenti! Sto qui e me guardo intorno quanta bellezza c'ho da scoprire. è un po' pure quello il significato di partire. Vabè non pretendo d'esse capito, ma almeno d'esse rispettato, vabè, se ve faccio pena, almeno compatito, tanto è quello che c'ho dentro io che me preme. A li giudizi vostri je do il posto che conviene: "in fondo a destra", come i cessi nei ristoranti.
Come dite? Arivo tardi? E vabè, non se po avè tutto, io m'accontento, ancora! E m'accontento pure d'arivà dopo, e chi baccaja, come se dice, fa na fatica doppia, perchè prima m'aspetta, e dopo je tocca pure salutamme quanno arivo, perchè me incazzo se dopo che ho rotto la soletta tu manco me vieni a salutà, io lo pretendo! Mica pe rispetto o chissà che, ma per educazione. Che se ce fosse andrebbe mejo a un sacco de persone! Ma che discorso moralista che m'è venuto fori, e m'accorgo che pe fa sta lista de valori, ho perso r'treno, lo sento già che fischia, e io mo che ce penso, la voja de partì, manco ce l'avevo.

#RK#

giovedì 1 novembre 2007

Mai smentirsi - Natural Dementia!

C'è probabilmente un luogo, nella mente, dove tutto perde di senso.
C'è un lato , del mio ego, che non mi piace affatto, mi terrorizza.

Anche la schizofrenia è un alibi.

Ogni difesa è un alibi; un alibi tremendo; un alibi è tremendo.

Fase odio. Forse odio.
Quando torno dallo stato di incoscenza sono sempre triste.

- Le conseguenze di ogni azione sono racchiuse nell'azione stessa - "G. Orwell"

Se programmi la tua esistenza non sarai mai pronto ad affronare gli imprevisti. L'esperienza è tutto nella vita. L'esperienza è la vita.

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Lui dorme con lei, non si toccano, non si baciano, non si sfiorano. dormono con piacere e tranquillità. Esistono.
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- Ciao.
- Stanotte ti sei agitato.
- Mentre dormo non posso controllare il corpo. Scusa.
- Non ti controlli, non scusarti.
- Vuoi qualcosa(?) per colazione?
...silenzio...
- Un succo. E marmellata.
- La marmellata la vuoi sul pane o ti porto un cucchiaino?
- mmm... cucchiaino.

L'oscurità era trafitta da poche luci che filtravano dalle case.
Televisioni dalla colorazione azzurrina, spandevano luci in tutto il mondo. Tutto il mondo è una luce azzurra, tutto il mondo passa per il video, tutto il mondo è luce... (FALSA)


Novembre è arrivato.

(natural dementia D.O.C.)
#RK#