martedì 15 maggio 2012

consapevolezza

condensa il pensiero,
e livido sul fare della sera,
pare,
violaceo.
non c'è libertà di andarsene da quest'agonia,
non c'è fierezza nell'essere.
e archi nell'anima, dall'andare pesto e morto,
all'andare leggero ed ebbro.

come comete nel passato avete striato,
ed io a rimirarvi ignaro del pericolo.

osservare il cielo ricolmo d'emozioni,
 e stupire ogni volta per un astro nuovo.

poi violenta e rapace una rabbia m'assale,
e furente l'io pervade ogni cosa.
guardami negli occhi e dimmi
qualcosa che non so.

fammi carne, fammi uomo,
fammi natura essenza e viva,
fammi pulsare di sangue,
lì dove tutto marcisce,
lì dove c'è angusto pericolo annidato in desiderio.

grattare il muro,
sentire le unghie cedere alla disperata voglia di
risalire la china.
e nello stomaco, grida di martirio,
come flagelli sacri a ricordarmi
le mia ingloriose pene.

gemiti,
carezze,
sguardi infiniti,
e poi scoprire che di scherno è fatta la tua volontà,
così alla mano così alla bocca.

ingoio fragili pensieri,
sono subdoli,
non sono terreni,
sono di ieri.

impazzisco cercando altrove quella gioia.
mentre il mondo mi inonda di grottesca noia.

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