in quell'istante un grido spezzò ogni cosa. un grido esplose da chissà dove per chissà dove. le vetrate della stazione del dubbio si polverizzarono in centinaia di pulviscoli colorati, le travi di sostegno si ruppero, e tutto crollò irrimediabilmente. mi ricordo i nostri occhi, in quel fragore violento non si distolsero per un momento. tutti i treni e le carrozze e le navi e gli aerei verso la terra delle certezze erano salpati, e tu ed io, lì fermi a guardarci, senza emettere un suono. incastrati alla stazione del dubbio...
sabato 5 marzo 2011
grida e rumori di ferraglie alla stazione del dubbio
ero seduto alla stazione del dubbio, c'erano navi e carrozze e treni supersonici che partivano verso il paese delle certezze. io non avevo ancora il biglietto. una signora con gli occhi di vetro mi chiese una mano per il suo bagaglio, leggerissimo. aveva un cappello di seta ed era vestita tutta di nero. mi ricordavo di aver visto una donna con il volto da anatra, in uno dei miei viaggi, la donna anatra era simpatica, e mi regalò un paio di guanti di velluto. era la donna con gli occhi di vetro stavolta che mi regalò un indumento, un paio di calze di lana. avevo trovato una panchina in ferro battuto, freddissima al primo impatto, con quel freddo che faceva tutto era ghiacciato. alla stazione del dubbio tutto è congelato, e difficilmente si scalda. solo i più tenaci riescono a non produrre più vapore dalla bocca. passò un bambino con le rotelle, lui non aveva bisogno del biglietto, aveva avuto la brillante idea di mettersi dietro ad un treno e sfruttare le sue rotelle sui binari per viaggiare veloce verso la certezza. era un ragazzo scaltro, avrebbe fatto strada. io invece, senza biglietto e senza meta, stringevo la mia sciarpa al collo e mi immaginavo da quale porta sarebbe arrivata. non avevo voglia di partire senza vederla un un'ultima volta, non avrei mai voluto prendere il veicolo verso la certezza senza pensare di poterlo dividere con lei. ma lei non arrivava. c'era un gatto che miagolava forte, ed aveva ai piedi delle catene nere di metallo sottile, faceva un incessante rumore di ferraglia, e continuava a miagolare. i passanti gli buttavano pezzi di cibo, ma lui restava magro, con la faccia sconsolata, e dimenava la mandibola come se gli fosse rimasto qualcosa nella gola. Mi avvicinai per aiutarlo, ma quello mi soffia e mi graffia la mano. copiosamente il sangue scende, istintivamente porto la mano alla bocca. mi sento toccare una spalla, mi giro ed è lei, che mi chiede: "è dolce?"
venerdì 4 marzo 2011
veleno
veleno...
scende nella gola, si fa spazio...
veleno...
brucia molto quando arriva alla bocca dello stomaco...
veleno...
ha invaso i miei polmoni, e ora resta lì a bruciare...
il silenzio...
mi renderà pazzo...
l'assenza di altre voci...
il silenzio...
c'era una volta un uomo buono, che d'un tratto divenne cattivo.
c'era una volta un uomo cattivo, che tutto d'un tratto divenne buono.
si incontrarono e si uccisero, ognuno difendendo la bandiera che aveva appena impugnato rinnegando l'altra.
c'erano una volta due uomini, uno buono e uno cattivo, che lottarono uno per il bene e l'altro per il male. uno era corrotto e uno era redento, ma nessuno dei due morì contento.
mercoledì 2 marzo 2011
luce distante
sei una luce che non m'acceca,
una luce distante che illumina,
eppure inonda ogni cosa.
al tuo passaggio le cose normali,
diventano folli e geniali,
le innalzi ad un vero valore.
tu prendi al collo, fai soffocare,
e rendi mentirti impossibile,
parlarti è sempre, ragionare.
banale è parola che non t'appartiene,
e a starti vicino, a ridere forte di cose sceme,
mi sento leggero, mi sento bene.
all'amore dimenticato
son multiplo.
io parlo di sangue di fango e d'amore.
m'aggrappo sovente, all'inconsistente.
avanzo d'un passo, m'incazzo!
assai spesso divento depresso.
faccio due passi e non sono lo stesso,
rimando a domani poi resto perplesso,
mi muovo tre passi e sento la fretta,
non passa mai il tempo, ma che disdetta!
poi lucido torno alla carne!
passo la notte a scrivere forte,
per cercare rime intelligenti,
o dare un senso a frasi dementi,
che hanno perso ragione d'esistere.
sbilenco poi gioco coi suoni,
mi piace suonare la vita.
mi piace quel suono di tuono e di pioggia
che prima uuuurlaaaaaa e poi tin-tintinna.
il sapore di certe carezze ha il dolce
miraggio di cose non dette e mai
esplicitate, in sguardi che mi erano
amici da tempo dimenticati.
in confidenze leali ho perduto le mani
e mi sono negato alla carne sapendo
di non meritarla, di darle più tempo,
che dopodomani saprei guadagnarla.
all'amore dimenticato,
all'amore a me ritornato,
all'amore che avevo pensato,
con dolore l'ho rinnovato.
perché amare è ricordo di sangue,
la mente impegnata a rincorrersi e basta,
mi porta a pensare sempre alla stessa
inconcludente agonia di cui langue.
la soglia del definitivo mi occlude.
prendo la parte di me più rude,
e reagisco!
la rabbia non è una nemica,
è lo stato di grazia per ogni rialzata!
un poco dolente e titubante,
affondi il fendente.
un po' rinfrancato e colpevole,
ti senti rinato.
cariati-di
sporco, lurido, DENTE.
non ti hanno lavato.
ti han trascurato.
sei stato male abusato
da uno spazzolino usato.
sotto di te la gengiva sparisce.
si stacca.
cade a brandelli la bocca.
la mandibola scende, si sloga da un lato,
con un rumore sordo... si sfila...
resti a guardarti allo specchio
mentre sbilenco ti pende un occhio.
d'orrore si ammanta la faccia.
cade un orecchio. CAPELLI!
come se piovesse.
di cute seccata brandelli...
come tormenta di neve si sfrangia la pelle.
si secca, s'appoggia, discende.
...BUDELLA...
il fegato cade in terra con sordo rumore di schiaffo bagnato.
a seguire... le viscere...
le dita ossute, ritirate, portate sul corpo a tastarlo.
regna sovrana l'incredulità.
adesso hai paura eh?
si staccano via poltiglie di carne marcita.
fa schifo questa tua vita!
la vita de sto manichino... MESCHINO!
che ha scelto di impietosirsi fino alla denuncia di sé.
auto-condannato alla morte,
non vive, e lascia che il corpo lo fotta,
ed il cervello un po' liquefatto
gronda giù per le gambe.
ti sei pisciato addosso i pensieri...
se provi solo a parlare,
ti scoppia l'esofago!
che schifo, la tua parola!
la parola a sproposito detta e ri-mangata,
per cacarla più tardi.
il dente cariato per terra si sfalda,
diventa poltiglia giallastra e si squaglia
sul pavimento il corpo di pappa si spacca.
ah ah, sei rimasto una chiazza!
dissetarsi
mi nutro.
l'aria è il mio carburante.
e non la rivendono i benzinai,
non cresce il prezzo dell'aria.
(per ora)
dipingo.
a tempo indeterminato.
la pioggia mi abbevera, scorre.
scende leggera sul viso
depura il mio oggi
dai veleni di ieri.
l'artista produce di più
se sanguina forte.
di laceranti ferite, una vita.
di traboccanti calici rossi
s'abbevera la creazione.
l'esperienza ci trova esasperati.
sviliti sin quanto piegati.
e proprio quando tocchiamo
col naso sporco di fango
la terra bassa, nella palude
rialziamo la testa.
rialzate la testa!
rialzate le mani,
aperte sul sole,
bevete umani!
raggiungete le sponde più alte della vostra esistenza!
bevetevi il sole,
bevete la pioggia.
nutritevi d'aria a pieni polmoni!
la pace dell'anima arriva!
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