martedì 21 novembre 2006

LA GRANDE LOTTA - Microracconto di passione e dolore -

L'intonaco bianco della casa emanava il classico odore pungente delle case riverniciate da poco. Il mio letto era solo un cumulo svogliato e sintomo di un disordine che oltre ad essere evidente alla vista albergava in me. Pigrizia.
Lo stereo era acceso ed un CD di ottima musica girava, girava, girava...
Io ero perso in me. Seduto in terra. Una sigaretta accesa, una delle tante della giornata, mi pendeva dalle labbra. Mentre con la chitarra cercavo di seguire le note che provenivano dalle casse, suonavo elettrico.
Il pavimento era polveroso e qua e là c'era dello sporco che non notavo. Non mi è mai piaciuto vivere nel lerciume, forse perchè non ci ho mai vissuto. A casa mia era sempre tutto in ordine. "Siamo quello dove nasciamo", pensai, mentre un arpeggio mi teneva impegnate le dita. Nessuno, più dei musicisti, e mi ci inserivo anche io, capisce la natura effimera del tutto. Uno scultore o un architetto una cosa del genere non la potrebbero concepire.
Fuori c'era aria di pioggia. Perchè in pieno Novembre mi ostinassi a vivere in quella casa non lo sapevo. Era umida, cadeva a pezzi. C'erano sì e no dieci mobili, e le tubature della cucina lambivano le loro ultime sofferenze nella ruggine. Dal mare veniva sempre un'aria fredda e salmastra. Rovinava le corde della mia Stratocaster, i circuiti dello stereo, tubature e cervello.
Nel frigorifero qualcosa di scaduto aspettava di essere gettato.
Lo specchio era mio nemico, la barba lunga.
Troppa poca carta a disposizione per scrivere i miei pensieri.
Un accordo spiegava le cose meglio di dieci pagine scritte fitte. Non era vero, non lo credevo, ma mi piaceva pensare che fosse così, allora mi crogiolo in un Do settima, per il mio stato di lotta statica, di io contro di me.
Alcuni giorni prima vidi un cane con tre zampe ceh zompettava allegramente. La sua lotta l'aveva vinta. Intorno a me, quando cado nella vita sociale, mi rendo conto di essere così marcito dentro, che desidero che quella lotta che mi logora all'interno io la perda.
Trascinarsi giorno dopo giorno, e stancarsi al primo round.
L'amore sarebbe tornato, prima o poi. Forse quel vegetare umido avrebbe avuto una sua utilità, per me e per qualcun altro. Ora in un'aria di irrisoria inquietudine ero statico. Ferme le mie gambe, fermo il mio andare, verso qualche meta utile a costruire il mio io. Mentre quelle quattro mura formavano il mio ovunque, e quei quattro accordi fotografavano il mio sempre.
Poca carta per scrivere i miei pensieri, poco tempo per separarli dalle viscere tormentate della disperazione.
Fumavo, e pensavo al declino del mio oggi, sapendo che così facendo non ci sarebbe stato alcun domani.
Già vedevo i titoli sul giornale:
"Giovane suicida si strangola con il MI della sua chitarra
elettrica. Si cercano indizi nell'ambito del
rock satanico. Il giovane al momento
del suicidio ascoltava un disco di musica demoniaca."
Ascoltavo, ovviamente, del rock celestiale, per le mie elìtarie e competenti orecchie.
Dopo la tragica notizia, l'ennesimo gossip avrebbe sepolto ogni perplessità e avrebbe riportato le menti dei telespettatori ad una tranquilla serenità "made in U.S.A."
Pensavo che se avessi voluto suicidarmi, avrei lasciato la finestra aperta. Così i vicini ci avrebbero messo più tempo ad accorgersi dell'odore di morte. Ci penso, stono, e rido.
Mi piaceva essere disgustosamente cinico, mi rimetteva il sorrivo sulle labbra, e pensando al mio futuro suicidio mi lascio cadere in un tiro profondo e ad un assolo graffiante. Il paradiso e l'inferno a volte sono nello stesso luogo in cui non ci troviamo.
Avevo ormai affondato i miei pensieri nel tabacco e nella musica, non mi restava che decidermi a fare qualcosa di edificante per me e per il resto del mondo.
FINE

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Pic...solo applausi.
Ti sento troppo quando scrivi così.
Migliori di giorno in giorno...

Anonimo ha detto...

Complimenti Ricky, veramente ben scritto! Però come al solito il personaggio è troppo estremista e trovo difficoltà ad immedesimarmi in lui e a capire da dove nascono i suoi pensieri e le sue sensazioni, anche se tu sei stato bravissimo a descriverle,... forse perchè un architetto non può capire la natura effimera delle cose come un musicista!:-) Inoltre ti ammiro molto per la tua capacità di linguaggio! Continua così!

Fra ha detto...

Grande!
E' veramente straordinaria... rende un sacco l'idea di quando sei solo, coi pensieri che si mischiano, a volte si ripetono, e la musica è la tua sola compagna...
Spero che nuove esperienze sulla tua strada ti portino a descrivere emozioni più positive ed esaltanti! (anche se lo so che ci godi a fare il sadico!! Altro che cinico!)
Solo da imparare dal MAESTRO!

Anonimo ha detto...

Nel sottolineare lo splendore di ogni parola scitta inseguita dalle altre, noto un cinismo meno pessimistico del solito e più costruttivo, come se si fosse sviluppata in te una forza nuova...
Accidenti, pare proprio che qualcuno arriverà lontano prima o poi!
I miei ossequi a una grande mente.

Anonimo ha detto...

Ci sono persone che riescono ad esprimere in una manciata di parole una quantità di universi emotivi talmente vasti che altri non riescono neanche solo ad immaginare con una vita intera.
Una di queste persone si chiama Riccardo, ed è un mio Amico.