giovedì 22 marzo 2007

Ma chiamarla tristezza è generico

Qualcosa mi spinge a chiuderrmi. Qualcosa di scuro e negativo, anche nei momenti più felici, io schivo la bellezza, e mi chiudo nel mio bozzolo nero.
Io la chiamo tristezza, ma non è così... è qualcosa di più profondo di più denso, qualcosa che come viscida colla si attacca alle tempie e mi offusca visione e pensieri.
Vorrei annegare in un mare caldo di liquido denso... Poter respirare sott'acqua e vivere in una città sommersa. Vorrei vedere gente muta che sa solo accarezzare.
Mi piacerebbe vivere in un bosco abitato solo da uomini felici. Andrei volentieri in un luogo dove non ci sono nè aerei ne palazzi. Quante notti ho sognato di perdere tutto e ritornare un pezzo della natura dal quale son stato estirpato.
Mi voglio liberare, da questa gabbia bellissima di inutilità che ho addosso... Libero, potessi schiudermi, potessi liberarmi. Eppure questo senso oppressivo di staticità mi ferma, mi accalca sul pavimento e mi inibisce dal prendere il volo. Vorrei solo amare visceralmente e senza complicazioni, vorrei un amore normale, naturale, fatto di sensazioni e di attenzioni. Eppure questo senso di repulsione verso l'usuale, il normale, mi fa trovare albergato in me un conflitto che non supererò mai fino a quando non capirò le divergenze della mia mente.
Preferirei subire una ferita, bruciante, scomoda, piuttosto che soffrire con l'anima.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggendo ciò che scrivi, vivo con te le tue sensazioni,i tuoi sogni,i tuoi perchè!!
Il mondo che hai dentro è talmente profondo chè è normale averne a volte paura,ma devi sapere che sei più felice e fortunato te,che conosci la tristezza e guardi oltre rispetto a chi non riesce a provarla!

Anonimo ha detto...

Great work.