sabato 7 dicembre 2013

il vecchio Joe Ventù

senilità.
dimenticamento di come si fa.
o come si sa?
come farà?
sapere che le certezze come i capelli cadono.
non accettarlo.

avanguardia o baluardo?
forestiero e roccaforte del mio niente,
spregiudico perdente la mia fine,
e stanco volgo al termine, portandomi le rime
nella tomba.

sottoforma di sformata boria,
zoppico attraente della compassione altrui
le camere anguste della mia prigione.

ed al cielo non volgo pià lo sguardo,
se non per la tempesta,
e degli affari altrui ormai mi incuriosisco,
con disperata supplica che disgrazia avvenga,
per poter parlarne ancora e ancora,
con malevola incombenza.

senilità,
nemica acerrima di novità,
astuccio comodo di astio e collera,
l'ingrato giudica e male tollera.
vestito della sua bieca ignoranza,
da solo danza, che se la canta e se la suona
la sua sapienza fatta di niente,
di pregiudizi mai verificati,
e sempre ingoiati.
come i porci, s'ingolla tutto, e quel che mastica poi digerisce,
anche la merda, anche le scheggie.

senilità,
ti prende in pieno e ti porterà,
dove van tutti con banalità.
che questa fine appartiene a tutti,
le membra morte e i loro lutti.

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