giovedì 23 giugno 2011

l'altro altro

se ne sta accostato alla mia porta e mi fissa.
"manco uno specchio ti sei messo in camera... e quell'orologio, è fermo da quanto?"
"da quanto basta..." rispondo perplesso, che cazzo gliene frega del mio orologio.
"ste lenzuola... fanno schifo!"
"non le ho più cambiate, sai, da quella notte. quella notte che..."
"sì, lo so, quella notte "che lei". è tipico inventare scuse del cazzo come queste per ostentare la tua pigrizia."
"non sono scuse. lo sai mi piace pensare che sia così"
"ti piace pensare che la tua pazzia ti renda unico."
se ne stava lì, sulla porta a dire la verità, e mi sentivo scomodo tra quelle parole.
dissi con fuga nel corpo: "devo mangiare qualcosa. no faccio un caffè"
"stai lì, stai fermo" disse lui "non ti muovere, prima ti faccio una foto"

vado a farmi un panino. lo ritrovo sdraiato sul letto a leggere il mio diario.
"ma davvero scrivi tutto quello che ti passa per la testa?"
"non tutto, quasi"
"sono cazzate lo sai, questa cosa della signora sulla metropolitana poi è un capolavoro del porno"
"è stato un bel momento di ispirazione..."
"dopo ti ci sei ammazzato di seghe!"
"no. per le seghe fantastico, non immagino mai gente che ho conosciuto"
"sei spudorato e bugiardo!"
mi gurdava con quegli occhi saccenti, mi scrutava dentro e volevo che se ne andasse. avevo comprato delle tele, e poi del pane fresco e del formaggio, volevo mangiare, e stapparmi una bottiglia di vino, volevo restare da solo. dipingere senza pensare. volevo stare solo, in silenzio.
"non è vero che sei un artista... non si capace di fare niente"
lo guardai fisso con gli occhi pieni di rancore: "tu hai problemi. tu non capisci, e non ammetti l'altrui libertà"
"ma ti senti come parli, sei aulico e ridicolo! prendimi a schiaffi. fai di me ciò che va fatto. ammazzami di botte. oppure hai paura che se mi coplisci io ti potrei colpire più forte, dopo? irrimediabilmente più forte?"
l'istinto era quello di saltargli al collo, ma non volevo ferirlo a mani nude, non volevo colpirlo, volevo trafiggerlo con una lama. volevo tagliargli la carne.
"dici di essere un uomo libero, poi guarda che faccia da perdente. non alzi un dito per migliorare il mondo. non hai la più minima cura di te stesso, e professi dottrine che non persegui. sei la pantomima di un rivoluzionario"
avrei potuto lasciarlo parlare. avrei potuto ascoltarlo, ma no. la libertà di parole non è un bene che va concesso a tutti. non è vero. la parola non è democratica. l'idea non è democratica.
"lo so a che cosa stai pensando, lo so a che rivolgi le tue idiozie, sono tutte quelle congetture sulla democrazia, e la parola, e la libertà. se tu fossi un uomo libero te ne accorgeresti che pecchi solo di presunzione"
la finestra aperta. ad entrare solo caldo e rumore di grilli, le auto che sfrecciavano e la puzza di asfalto fresco dai lavori sotto il palazzo. era marcio questo mondo. puzzava così tanto che aveva ragione lui. non ero un rivoluzionario. non ero un poeta, non ero niente, fino a che lui con le sue parole avrebbe vinto.
"io so pure cosa ti sogni. ti sogni le logge massoniche e i potenti e le manifestazioni, nemici indistruttibili e ti sogni la tua impotenza di fronte al mondo, la tua totale mancanza di fiducia in te mi fa vomitare! è per colpa di persone come te che questo mondo puzza di merda! alza la voce per una volta! dì la tua!"
"tu muori. se io dico la mia. tu muori se rivendico la mia sofferenza a chi di dovere"
"anziché scomodare l'amore e infliggere il tuo cazzo a quelle povere donne. che faresti di tanto diverso da un morto stile anni '50?"
"tu muori"
gli cadde il diario di mano. mi guardò sorridendo e mi disse amichevole: "uccidimi"

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