venerdì 24 febbraio 2012

perepè qua qua fri fri

parole in mutamento, passa il tempo e sono lento,
me ne vado sonnolento verso il letto e son contento.
gioco sempre con la vita, gioco fino a che è finita,
gioco sempre sta partita, che da gioia che è infinita.
aggiusto lesto le sillabe sibilanti che sgusciano,
strusciano, sbiascicano il testo, lo prosciugo con un gesto,
senza affanno e mai molesto io rinciampo dentro al mesto
dondolare dell cose moribonde. le due sponde di quel lago
che protendono a ponente, sono un ago che mi cuce
le tonsille nella gola e mi fa dire proprio niente,
mi rinasce quella voglia, quel timore desolato
d'esser principe financo a dir un re o un soldato,
un tristo condottiero, un bardo un cantante,
un pittore forse ancora, o un poeta dondolante,
una liscia biscia striscia e serpeggia fresca e lunga,
e la mente si disgrega in fraseggi si dilunga senza troppi
senza sensi, con la caccia dei consensi io sto qui a dirvi un po'
tutto e a regalarvi tutto il niente, della pallida, demente,
circostanza del poeta, dell'artista, del creativo,
che se aumenta ancora un poco tutta sta nomenclatura,
si dimentica ben presto che è uno schiavo di natura.
parapà que que gni gni, firulà pre pre, tri tri.
io li amo i suoni scemi, io li adoro: son felici!
è che il lor dir tutto e niente, me li rende tanto amici.

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